LA ROMA DEI GIUSTI - ''FLORENCE FOSTER JENKINS'' NON È UN CAPOLAVORO, MA UNA PERFETTA MACCHINA ACCHIAPPAOSCAR PER MERYL STREEP E UN BUON FILM PER LE SIGNORE QUEST'AUTUNNO - ''GENIUS'' CON COLIN FIRTH, JUDE LAW E NICOLE KIDMAN È UN BUON FILM DI ATTORI, DIRETTO SENZA GRANDI INVENZIONI
Marco Giusti per Dagospia
Festival di Roma. E' arrivata Meryl Streep. In gran forma. Il suo ultimo film, Florence Foster Jenkins, diretto da Stephen Frears e scritto da Nicholas Martin, e' una macchina acchiappaoscar perfetta per l'attrice. Ricchissima, stravagante, pazza per la musica e cantante stonatissima, questa Florence Foster Jenkins, davvero esistita nella New York del secolo scorso, aveva gia' dato vita al riuscito Marguerite di Xavier Giannoli con Catherine Frot, dove la storia era spostata pero' nella Francia dei primi anni '20. Qui Frears ha un grande budget, belle scenografie, le musiche di Alexander Desplat, una sceneggiatura solida e un bel cast.
Accanto alla Streep troviamo un ottimo Hugh Grant come marito piu' giovane e belloccio, pure devoto ma poco fedele, la sua amante e' la bella Rebecca Ferguson, e pronto a proteggere la moglie dal ridicolo della sua voglia di esibirsi in pubblico come cantante. Rispetto al film di Giannoli qua la storia e' piu' giustificata e compatta, la figura del giovane pianista sfigato, Cosme, interpretato da Simon Helberg, e' piuttosto divertente, e anche il personaggio di Florence, malata di sifilide per colpa del primo marito, che definisce "un gatto randagio", ha piu' sfumature.
E Meryl Streep sia nelle stonature che in un solo pezzo "normale", grazie proprio alla sua conoscenza della musica, come ha dimostrato nei suoi film con Robert Altman e Jonathan Demme, ha modo di costruirsi dei grandi numeri di stonature operistiche che colpiscono immediatamente il pubblico e che non sono solo comici . Ma ha anche dei momenti di fragilita' infantile che le permettono di muovere il suo personaggio dal camp al melodramma. La vediamo cosi' muoversi tra un Toscanini sempre in cerca di soldi e i bei nomi della New York anni '20.
Funziona meglio anche il meccanismo che la porta al concerto al Carnegie Hall, presentato come una esibizione per reduci che la vedono come un numero comico e non come un numero di musica moderna come nel film di Giannoli. Ma soprattutto il triangolo con Hugh Grant e il giovane pianista timido di Simon Helberg, che vede la Streep al centro di tutto, offre a Frears la struttura per far ruotare tutto il film in maniera naturale e vivace. Non un capolavoro, certo, ma un buon film per le signore di Prati quest'autunno.
Devo dire che mi ha molto incuriosito anche un altro film un po' parruccone che ho visto al Festival di Roma, Genius, opera prima di Michael Grandage, scritto da John Logan e interpretato da Colin Firth, Jude Law e Nicole Kidman, tutto dedicato alla difficile natura dei geni letterari e alla dura vita dei loro editor. Jude Law e' uno scapigliato, pazzo, egocentrico e geniale Thomas Wolfe, scrittore nella New York del secolo scorso.
Colin Firth, con il cappello sempre in testa, e' Max Perkins, il suo editor che rende leggibili i primi libri dello scrittore e li edita. Ma cura anche altro scrittori geniali, da Francis Scott Fitzgerald, Guy Pearce, a Ernest Hemingway, Dominic West. Ma chi e' il genio? Thomas Wolf che scrive un libro di 5000 pagine illeggibili o Max Perkins che gliele taglia a 300?
In mezzo a tutta questa genialita' maschile troviamo due donne, Nicole Kidman, pazza amante di Wolf, che vede l'editor come il nemico che porta via l'uomo della sua vita, e Laura Linney come la fedele moglie di Max Perkins che vive in campagna e sforna solo figlie femmine.
Buon film di attori, diretto senza grandi invenzioni, si era gia' visto a Berlino parecchi mesi fa e non aveva lasciato un particolare ricordo nella critica. Ma in questo festival molto da Roma Nord, costruito su buoni film in uscita, senza giocare su particolari ricerche e sperimentazioni, fa la sua parte.