
ROMA (POCO) SANTA E (MOLTO) PUTTANA! UN LIBRO RACCONTA I FESTINI E IL MALE INGUARIBILE” DELLA “LUXURIA” IN ETA’ ROMANA – DAGLI SPECCHI DEFORMANTI CON CUI OSTIO QUADRA FODERAVA LE SUE PARETI, COSÌ DA POTER MEGLIO AMMIRARE LE DOTI E LE GESTA AMOROSE DEI SUOI PARTNER DURANTE LE ORGE, A LOLLIA PAOLINA CHE ARRIVA A UN PRANZO VESTITA DI SOLE PERLE E SMERALDI - I FESTINI DI SUO MARITO CALIGOLA, CHE AMAVA ROTOLARSI NELLE MONETE D’ORO COME ZIO PAPERONE E COME CLEOPATRA SORBIVA CON VOLUTTÀ PERLE SCIOLTE NELL’ACETO, IMMORTALATI DA TINTO BRASS IN UN FILM STRACULT… - VIDEO
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Filippomaria Pontani per “il Fatto quotidiano” - Estratti
Non serve aver amato la prima scena di Basic Instinct per percepire la funzione eccitante di superfici riflettenti nell’alcova: un precedente lo offrono gli specchi deformanti con cui un romano di nome Ostio Quadra foderava le sue pareti, così da poter meglio ammirare le doti e le gesta amorose dei suoi partner durante le orge, pervertendo la funzione del vetro dal “conosci te stesso” all’oscena contemplazione del vizio.
luxuria francesca romana berno cover
Ostio è uno degli eroi del libretto che Francesca Romana Berno, latinista sobria e rigorosa, dedica a un termine familiare a chi ricordi la trasgressiva ex-deputata Vladimir, o la serie migliore della maison Dorcel: Luxuria, apprendiamo, si è specializzato in ambito erotico solo in età cristiana, quando Gregorio Magno lo consacra come vizio capitale (emblematica già nel IV secolo la lotta tra Sobrietas e Luxuria nella Psicomachia di Prudenzio, dove la seconda ha al suo servizio Amore, Grazia, Voluttà, Ostentazione).
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Questo desiderio può riguardare il sesso, il cibo, il denaro, ed è spesso legato a una dimensione sociale: da Lucullo a Cleopatra a Trimalcione, i banchetti smisurati con carne di gru o cibi esotici, farciti o colorati fino a renderli irriconoscibili, esulano completamente dalla necessità fisiologica del nutrirsi e servono invece a esibire favolose ricchezze inalberando una vera e propria cultura dello spreco, proprio come le opime mense dei magnati indiani o statunitensi che vengono a sposarsi a Venezia (il povero Elio Tuberone, che accomodava gli ospiti su sobri sgabelli in pelle di capra, ebbe in politica scarsa fortuna).
In una sarcastica satira di Persio Luxuria e Avaritia (Avidità) si contendono un giovane nobile: ma i due vizi andavano spesso a braccetto. Caligola amava rotolarsi nelle monete d’oro come zio Paperone, e come Cleopatra sorbiva con voluttà preziosissime perle sciolte nell’aceto; faceva anche costruire navi tempestate di gemme e dotate di vele cangianti e terme e portici all’interno (le nostre navi da crociera?), mentre dal canto suo Nerone organizzava naumachie in anfiteatro e inaugurava con la Domus Aurea un microcosmo capace di contenere ogni cosa, dalle statue colossali al cielo sul soffitto girevole. Per non parlare della hybris architettonica e geologica (tagliare l’Istmo di Corinto, gettare un ponte di barche tra Baia e Pozzuoli), che non cessa di trovare epigoni, dalle piste da sci in riva al mare ai grattacieli condizionati nel deserto.
Sono proprio Nerone e Caligola a incarnare quella perfetta sovrapposizione tra luxuria e superbia che caratterizza il potere autocratico fuori controllo, e che non arretra dinanzi a nulla: gli incesti con le sorelle, l’uccisione della madre, le condanne a morte per futili motivi eseguite con efferatezza…
Come già per i Greci, che amavano il metron, la misura, e guardavano con sospetto le ricchezze della Lidia o la megalomania del re di Persia, anche per i Romani è l’Oriente il luogo d’origine di mollezze e stravizi – ma paradossalmente proprio l’Oriente greco, i cui valori vigono nella Magna Grecia di Sibari e Capua: è l’ellenofobia della classe dirigente alla Catone il Censore (il “buon tempo antico” in cui i senatori “pascolavano il gregge”) a generare i ripetuti tentativi di porre un freno agli eccessi, per esempio tramite le leggi suntuarie contro il lusso delle donne.
E in questo, la capitale delle tentazioni irresistibili è la città di Baia nei Campi Flegrei con le sue ville sfarzose, le orge di Clodia (la Lesbia di Catullo), le feste che tengono Cinzia lontana da Properzio, i piaceri senza posa di Servilio Vazia, e gli ardimenti che sconvolgono l’ordine delle cose: banchetti sull’acqua, laghi che si fanno terra, piscine riscaldate d’inverno, adulterî senza freno, notti artificialmente illuminate a giorno, nottambuli che dormono all’alba fuggendo la luce della ragione e della virtù...
Il libro di Berno discute con competenza esempi spassosi senza indugiare nei dibattiti storiografici sull’attendibilità di certe fonti (per esempio la “riabilitazione” di Tiberio o Nerone): la prospettiva è quella della filosofia morale, degli scrittori romani che ragionano per exempla, da Sallustio a Tacito. L’autore cruciale è dunque Seneca, il più importante moralista dell’antichità, pronto a discutere e confutare Mecenate per il suo stile effeminato come Ostio Quadra per la sua lascivia ferina: accusato lui stesso di incoerenza per le ricchezze, le intemperanze, il potere di cui godette sotto Nerone, Seneca controbatté in un famoso passo del De vita beata.
Ma i suoi richiami contro la luxuria “male inguaribile” non riescono a scacciare dalla nostra mente Lollia Paolina che arriva a un pranzo vestita di sole perle e smeraldi (un Calvin Klein ante litteram?), né i festini di suo marito immortalati nel Caligola di Tinto Brass.
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Malcolm McDowell in Io Caligola di Tinto Brass
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helen mirren in io caligola di tinto brass
io caligola di tinto brass - locandina
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