IRONIA SELVAGGIA – LA BATTUTA DELLA LUCARELLI SUL TRUCCO DELLA MELONI IN STILE “TROUSSE DEBORAH DELL’85” SCATENA IL PANDEMONIO – “BODYSHAMING”, “CYBERBULLISMO!”, TUONANO I PRETORIANI DELLA DUCETTA DI FRATELLI D’ITALIA – "IL GIORNALE" RICORDA CHE SELVAGGIA DEFINÌ "BATTUTA SCEMA" IL SERVIZIO DI "STRISCIA" SULLA BOTTERI – LA REPLICA DELLA LUCARELLI: “IL PROBLEMA DELLA MELONI NON È IL SUO GLITTER ANNI ‘80, IL PROBLEMA È LA MENTALITÀ ANNI ’20...”
Giuseppe De Lorenzo per ilgiornale.it
Che Giorgia Meloni non attiri le simpatie dei più è ormai cosa nota. Penso lo sappia pure lei, e credo anche se ne sbatta altamente.
La “caciottara”, la pescivendola, la “calva” con eccesso di testosterone. Sono più le volte in cui viene denigrata per come è, o come lo dice, di quelle in cui le contestano ciò che fa o le idee che esprime. Ieri su una pagina social da 1,5 milioni di follower, nel pieno di una crisi politica, Selvaggia Lucarelli le ha dedicato un post. Poche parole. Non per commentare la scelta della leader di FdI di restare sola all’opposizione di Mario Draghi, ma per sottolinearne l’ombretto sfoggiato in stile “trousse Deborah dell’85”.
Confesso subito a Dio Onnipotente che ho molto peccato: per me si può criticare il trucco della Meloni così come la pochette di Conte o le felpe poco istituzionali di Salvini. Non sopporto neppure chi ogni due per tre tira fuori frasi del tipo “se fossi un uomo non lo avresti detto”: fa talmente comodo prendersela col "sessismo machista" che ormai criticare una donna è diventato più pericoloso di fidarsi di Renzi.
Quello che tuttavia sorprende, e a giudicare dai commenti ha colpito anche diversi follower, è la rapidità con cui Selvaggia è passata dal giudicare “sgradevole” il servizio di Striscia la Notizia sui capelli di Giovanna Botteri ad usare lo stesso identico metro contro Meloni. Se venisse eletta in Parlamento potrebbe accodarsi ai Responsabili: le giravolte le vengono discretamente bene.
Ricordate cosa accadde a maggio dell’anno scorso? Striscia sbertucciò Botteri per la capigliatura mostrata in diretta ed esplose un finimondo. Era bodyshaming, dissero in molti, spesso a sproposito. Pure Selvaggia se ne occupò. Spiegò che il servizio di Ricci era sgradevole “perché è evidente” che “a casa ci dovremmo occupare semplicemente" di ciò che uno dice e non di come appare in video. Giusto.
selvaggia lucarelli vs alessandra mussolini a ballando con le stelle 2
Certo Lucarelli difese il diritto di fare battute su chiunque, dalle "amazzoni di Berlusconi" alla "tinta di Cacciari", ma spiegò anche che tutto dipende dai contesti, dal momento, dal ruolo: il "buonsenso" dovrebbe far capire "da soli dove arrivare e dove fermarsi". Quindi la "battuta fessa" sulla Botteri "si poteva fare", ma "era meglio non farla". Perché "se una donna che va in tv a raccontare il mondo in un momento in cui il mondo è così difficile da raccontare si dimentica di pettinarsi, più che prenderla per il culo, merita un applauso". Amen.
Viene automatico pensare che la nostra, sempre così pronta a seminare giudizi, applichi rigorosamente alle azioni i propri ideali. Invece ieri s’è seduta davanti alla tv, ha ascoltato quel che Meloni aveva da dire, e anziché criticarne le scelte politiche ha preferito puntare sul make up. Lecito, lo ripeto. Ma incoerente. Sui social infatti s’è scatenato un pandemonio con innumerevoli commenti di reprimenda.
Selvaggia ha replicato piccata negando che "una battuta su un ombretto" possa essere considerato bodyshaming. Infatti è solo una "battuta scema", come lei stessa la definiva, contro una leader già oggetto di ogni sorta di offesa. Si poteva fare, ma era meglio non farla a poche ore dagli insulti de La Stampa. Scrive un utente: "Non sarà bodyshaming, ma fa comunque cagare che una donna della tua levatura faccia le stesse scemenze che fa mia figlia di 16 anni". Chapeau.
MELONI, QUEL GLITTER ANNI ’80 E LO STRANO CONCETTO DI SESSISMO DEI FRATELLI D’ITALIA
Selvaggia Lucarelli per tpi.it
Il 9 febbraio è una di quelle date da segnare sul calendario e da celebrare ogni anno perché ricorrenza di una grande scoperta. E cioè: Fratelli d’Italia e i suoi elettori e rappresentanti hanno una loro sensibilità. Un loro punto di fragilità. Un tema su cui si stringono commossi e compatti. Un argomento su cui non accettano cinismo e aridità: IL GLITTER.
Ebbene sì, a loro non frega nulla dei migranti, delle navi delle ong che vanno affondate, dei gay che non devono adottare e delle famiglie tradizionali, di elettori e buona parte della classe dirigente nostalgica del fascismo, dei fratelli d’Italia finiti in galera per ‘ndrangheta.
No. Loro si offendono se dici che la loro leader donna-mamma-cristiana è pure glitterata. Un’offesa indicibile. Una ferita insanabile. Un dolore inconsolabile, per la povera Giorgia, che da ieri, per il mio tweet sul suo ombretto glitterato che sfoggiava ieri in tv (“La Meloni ha rispolverato la trousse Deborah dell’85”) non chiude occhio.
Forse anche perché non è ancora riuscita a struccarsi, tanta è la sofferenza che l’affligge. Dire che il suo trucco in tv era anni ’80, che frase terribile. “Bodyshaming”, “Cyberbullismo!”, “E la solidarietà femminile?”, tuonano i suoi. Ed è bizzarro per due motivi: primo perché non si capisce bene quale sia il concetto offensivo.
L’anno 1985 è insultante? Ma è un anno incredibile il 1985! Sono nati Ronaldo, Mario Bros e Ritorno al futuro, nel 1985. Potrei capire, che so, se avessi fatto riferimento a una trousse del 1924, anno delle prime elezioni fasciste, ma cosa avete contro il 1985, amici di Fratelli D’Italia?
Di sicuro non ce l’avete con la marca “Deborah”. Avrei potuto dire “Huda” ma ho privilegiato il made Italy, come piace a voi. Il glitter che ha di intrinsecamente offensivo?
Cioè, se dico che una si veste anni ’50 è bodyshaming? Quando dicono “Monti col suo loden anni ’70” è cyberbullismo? Quando scrivono che un’attrice o una cantante ha un look vintage è accanimento? Ma siete tutti scemi? Ah già, no, siete Fratelli d’Italia.
Viene da chiedersi con quale terrore affronteranno Sanremo i commentatori social di tutto il paese. Basta un “Nina Zilli ha rispolverato una pettinatura anni ’30” per finire sodomizzati con una rosa spinata sanremese a gambo lungo.
La Meloni, per giunta, è un leader politico e non serve spiegare che la satira si fa sui potenti, mica sulle mezze calzette (fermo restando che questa era una blanda battuta, manco satira). E la satira, sull’estetica della Meloni parte dai tempi del suo amato photoshop, sulla faccia piallata, la luce mariana, la sua somiglianza con Charlize Theron sui 6×3.
Una satira, direi, più che gentile, che non ha mai turbato nessuno, nemmeno la Meloni. Ma Fratelli d’Italia, col suo comprensibile complesso di avere un manipolo di commentatori aggressivi, sessisti, violenti spesso spalleggiati da vari esponenti del partito sia a livello locale che nazionale, collezionisti di figure di merda epocali e di ignobili frasi L’iste, è alla ricerca disperata di scuse per fare un po’ di vittimismo facile.
La Meloni truccata anni ’80? Bodyshamiiiiiing. Tra parentesi, ora sappiamo che i fratellini d’Italia hanno imparato la parola “bodyshaming”, chissà che non imparino presto anche cosa significhi “antifascismo”.
Tra i tanti indignati che stanotte hanno faticato a dormire, così in pena per la Meloni, c’è Guido Crosetto, uno che usa i social retwittando i suoi commenti, tanto per intenderci. Uno che dopo essersi comicamente inventato di avere una laurea tempo addietro, continua a inventarsi cose per dipingere la Meloni come una povera vittima dell’odio della rete, quell’odio da cui i fratellini d’Italia si dissociano, notoriamente.
giorgia meloni con le stampelle alle consultazioni
E quindi, l’ancello Crosetto commenta il mio osceno, imperdonabile insulto “Gorgia Meloni con quel glitter ci sta dicendo qualcosa”, così: “La ‘signora’ Selvaggia ci da un’ennesima prova della sua capacità di scandalizzarsi il lunedì e dare scandalo il martedì, indignarsi per la violenza social la mattina ed esercitarla la sera. Odia e non riesce a nascondere il suo sentimento”.
A parte che se c’è una cosa che io odio è quel “da” senza accento che fa venire il sospetto che si sia inventato pure il diploma, vedere il Crosetto fondatore del partito che dell’odio si abbevera e abbevera i suoi elettori, in versione femminista-pacifista-pacificatore è tra i momenti più comici degli ultimi anni. Quasi quanto quella volta che il direttore del Museo egizio Greco spiegò alla Meloni la differenza tra lingua araba e religione musulmana.
Crosetto, quello che a una giornalista de la Stampa disse in un fuori onda: “L’argomento che devo usare con te lo sai qual è… È che a te non ti spoglierebbe nessuno”. Il femminista. Lui e le sorelline d’Italia, altrettanto indignate e femministe, quelle che meriterebbero di venire catapultate nel ventennio fascista e provare l’ebrezza di non contare nulla, di dover fare le mamme, le donne, le cristiane e la calza.
Quelle che “povera Meloni, povera piccoletta mortificata da un riferimento orribile al suo glitter” ma non hanno nulla da dire sulla piccoletta indifesa che teme il cous cous nelle mense scolastiche, che vuole l’abolizione del reato di tortura perché impedisce agli agenti di LAVORARE, che preferirebbe non avere un figlio gay, che basta con questa identità lgbt, che i migranti se ne tornino a casa loro, che portano il Covid, che affondiamo le navi delle Ong, che no alle adozioni gay, che blablabla, povero angioletto indifeso, promotore di campagne d’amore e tolleranza.
Quella che ha tra i cavalli migliori della scuderia il presidente della Regione Marche, quello che passava a salutare gli amici nel ristorante in cui accanto allo spallino di vitello al tartufo, sul menù, campeggiavano nell’ordine: un fascio littorio, un’aquila con la scritta “Per l’onore dell’Italia”, il motto “Dio, patria e famiglia”.
Quella che ha tra gli elettori anche i tanti bandierini che attaccarono la migrante salvata in mare perché aveva lo smalto. Lo smalto, non il glitter. Ma lì non era bodyshaming, e ve lo dico io. Lì era schifo, e basta. Era delegittimare il dolore.
Insomma, alla fine, in fondo, avete ragione voi: il problema della Meloni non è il suo glitter anni ‘80, il problema è la mentalità anni ’20. Quella brutta, quella peggiore, magari mascherata da indignazione femminista. Quella che in queste ore mi sta dando della puttana, vacca, zecca, comunista, per difendere la Meloni dagli attacchi sessisti. Certo. E no. Non sarà un po’ di glitter a mascherare quello che siete.
GIORGIA MELONI E IL VIDEO CON IL PESCEGIORGIA MELONI RENATA POLVERINIgiorgia melonimelonimelonigiorgia meloni saluta matteo salvini foto di baccoGIORGIA MELONI