FORZA DI MATTEO! - E’ STATO CHIAMATO A INCOLLARE I COCCI DEL CHELSEA SOLO PERCHÉ NON C’ERANO SUL MERCATO ALLENATORI COL PEDIGREE, EPPURE ROBERTO DI MATTEO HA FATTO DIMENTICARE PIRLAS-BOAS E HA INIZIATO A MACINARE GIOCO (9 VITTORIE SU 12 PARTITE) - STASERA NELLA SEMIFINALE DI CHAMPIONS CONTRO IL BARÇA DEGLI ALIENI SI GIOCA LA CHANCE DI UNA CLAMOROSA RICONFERMA, CONVINCENDO ABRAMOVICH CHE PER LA PANCHINA NON SERVONO PORTOGHESI DA APPENDERE AL MOU-RO…

Andrea Malaguti per "la Stampa"

Interim coach Roberto di Matteo». Anche alla vigilia della semifinale di Champions League con il Barcellona il sito ufficiale del Chelsea non lascia dubbi, The Normal One è uno di passaggio. Ci tengono a sottolinearlo. Lo scrivono, perché si sappia. Come se un po' si vergognassero di tenerlo in panchina. Di sicuro si vergognavano quaranta giorni fa quando hanno deciso di dargli la squadra.

Non c'erano alternative. Villas Boas era stato un disastro, lo spogliatoio lo odiava, così Michael Emenalo, il direttore dell'area tecnica, era andato dall'italiano e controvoglia gli aveva detto: «Abramovich vuole che per un po' ci pensi tu». Gli pareva l'anticamera del disastro. Considerava Di Matteo un esodato ancora prima che inventassero la parola, ma almeno era uno con sangue Blues.

Nel duemila ci aveva rimesso una gamba per la causa. E anche la carriera. Coppa Uefa col San Gallo, contrasto devastante con Imhof, tibia e perone che si frantumano. Non bastarono dieci operazioni in due mesi a rimetterlo in piedi. «Ci furono complicazioni. A un certo punto ebbi paura che mi amputassero. La sinistra. Come giocatore ero finito. Caddi in depressione». Lo salvò la famiglia.

Il Chelsea gli rimase vicino per un po', quindi lo lasciò andare. The Normal One, senza bisogno di conoscere Schopenauer, si rese contro che ogni legame sentimentale rappresenta una potenziale aggressione. «In certi momenti sei destinato a restare solo». In panchina è rimasto solo ancora prima di cominciare. Che ne poteva sapere uno che al massimo aveva allenato il West Bromwich? «Ho fatto il calciatore no? E poi la gestione del gruppo me l'ha insegnata Dino Zoff». Si può avere personalità anche sottovoce.

Dal quattro marzo ha mandato in campo il Chelsea dodici volte: nove successi, due pareggi, una sconfitta. Media vittoria del75%. Solo il santone Hiddink, il preferito del Grande Capo Russo, ha fatto altrettanto. Ha cambiato modulo e spirito. «Sono passato dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Prendevamo troppi gol. Poi ho cercato di dare fiducia ai ragazzi». Così si è preso la finale di Fa Cup e anche questa sfida con Guardiola e Messi, che contro i Blues non ha mai segnato. E' nel poker di quelli che contano, ma è come se il suo fosse un asso minore. Gli manca il pedigree.

«Loro sono i più forti del mondo, eppure partiamo alla pari. La partita in casa è importante. Siamo in grande forma. Motivati. Segnare un gol o due non sarebbe male. Alcuni nei ragazzi hanno ancora in testa la semifinale del 2009». C'era Hiddink in panchina. L'arbitro Ovrebo negò quattro rigori al Chelsea. Uno dopo il gol di Iniesta che mandò gli inglesi a casa. Drogba voleva mettergli le mani addosso.

«Guardiamo avanti, non sarà l'arbitro a decidere». Persino Michael Emenalo si è accorto che Di Matteo non solo capisce di pallone, ma è anche un motivatore. Non ha tolto la scritta «interim coach» dal sito, ma qualche giorno fa è andato negli spogliatoi per parlargli del futuro: «Se vai avanti così non è escluso che tu rimanga».

Non è escluso. The Normal One gli ha stretto la mano come avrebbe fatto Zoff: «Grazie, fammi sapere». Poi l'ha guardato con la pietà dell'alpinista che compatisce i cittadini incapaci di ammirare le vette, se non da lontano e solo nel rosa del tramonto. E in silenzio, si è rimesso a scalare la sua montagna.

 

 

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