LE SERIE DEI GIUSTI - FINALMENTE SI RAGIONA. “ESTERNO NOTTE” DI MARCO BELLOCCHIO, MINISERIE IN SEI PUNTATE, O LUNGO FILM DI SEI ORE DEDICATO AL RAPIMENTO MORO E AI SUOI PRINCIPALI PROTAGONISTI, ARRIVA FINALMENTE IN TV, SU RAI UNO. IN TRE PARTI - IMPERDIBILE PER CHI HA VISSUTO QUEGLI ANNI, PERCHÉ BELLOCCHIO CONOSCE ALLA PERFEZIONE LE STORIE E I PERSONAGGI CHE STA METTENDO IN SCENA. E NON SI FANNO SCONTI - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Finalmente si ragiona. “Esterno notte” di Marco Bellocchio, miniserie in sei puntate, o lungo film di sei ore dedicato al rapimento Moro e ai suoi principali protagonisti, arriva finalmente in tv, su Rai Uno. In tre parti. Stasera alle 21, 25 la prima, il 15 e il 17 novembre le altre due. Meglio registrarsi tutto. E qualcuno dica a Gennaro Sangiuliano che è il miglior film, assieme a “Bones and All” di Luca Guadagnino, o la migliore serie italiana della stagione, già molto amata a Cannes dove è stata presentata lo scorso maggio. Onore e vanto della Rai di Carlo Fuortes. Comunque la pensiate.
Inoltre, è imperdibile per chi ha vissuto quegli anni, perché Bellocchio conosce alla perfezione le storie e i personaggi che sta mettendo in scena, che solo in parte ha già ricostruito nel suo bellissimo “Buongiorno, notte” vent’anni fa, perché questo “Esterno notte” sembra proprio coprire quello che nel primo film non si vedeva, l’esterno del buio profondo della prigione di Moro, la notte profonda della nostra Repubblica. E non si fanno sconti.
“Io odio Giulio Andreotti”, dirà nella sua ultima apparizione Aldo Moro, ritenendo il Presidente del Consiglio e suo collega di partito il vero regista dell’intera vicenda e della sua morte. E Francesco Cossiga? “Un ingrato… un bipolare… un ciclotimico”. E la Democrazia Cristiana, il suo partito? La Democrazia Cristiana la sbriga già nella prima, incredibile scena, dove vediamo tutti i nomi più potenti del suo partito che lo vanno a trovare “da vivo” dopo il rapimento delle BR. Qualcosa da cui scappare per sempre.
Come già accadde in “Buongiorno notte”, Bellocchio si prende il lusso di dipingere altri scenari possibili, solo se le BR lo avessero salvato, come ci dicevamo fra di noi allora. Moro vivo… Moro morto… Ma a chi sarebbe convenuto un Moro vivo? Non certo alla DC e a Andreotti, né al PCI di Berlinguer, né ai servizi americani, che attraverso Cossiga conducono la loro strategia. Mentre Craxi è per trattare, intuendo che è quello che gli americani non vogliono. Certo che sarebbe convenuto alle BR. Che con Moro vivo magari non sarebbero state decapitate come accadrà neanche due anni dopo.
Il meccanismo dei due diversi finali possibili del caso Moro serve a Bellocchio per spiegare politicamente la scelta-non scelta di Andreotti e soci e quella delle BR, che impongono la morte di Moro anche a chi, come Morucci e Faranda, lo vedevano come un terribile errore politico. Ma cosa ci possiamo aspettare da un uomo della cultura di Mario Moretti, un perito elettronico?, si domanda il colto Cossiga, quattro lauree, cinque lingue parlate, una passione quasi delirante per le intercettazioni, per sentire la vita degli altri, per registrare qualsiasi cosa. Mentre a casa soffre perché la moglie continua a rifiutarlo e le mani si riempiono di impetigine.
La serie è divisa in sei parti ben distinti, ognuna dedicata a un personaggio della storia e che scorrono attraverso i 55 giorni del rapimento. In tv, per le tre serate di Rai Uno, vedrete le sei parti raggruppate due alla volta. La prima parte spetta ovviamente a Aldo Moro, interpretato alla perfezione da Fabrizio Gifuni, più vicino al Volonté di “Il caso Moro” di Giuseppe Ferrara che al Roberto Herlitzka di “Buongiorno notte”, a pochi giorni dal rapimento mentre tesse il Compromesso Storico col PCI di Berlinguer per la prima volta in appoggio esterno al governo DC, cercando così di aprire il paese a un nuovo corso. Che non arriverà mai.
La seconda parte, che vedrete sempre stasera, è dedicata a Francesco Cossiga, interpretato con giusta nevrotica complessità da Fausto Russo Alesi, al tempo Ministro dell’Interno, pupillo di Moro, quasi un figlio politico, che vede il rapimento come la sua stessa fine politica. La terza parte invece, che si vedrà il 15 sera, è dedicata alla figura di Paolo VI, interpretato con giusta solennità da Toni Servillo, un Pontefice già molto malato e sofferente che cerca di salvare come può l’amico fraterno punendosi con un cilicio quasi medievale e poi servendosi di un personaggio di mediazione, Don Curione, interpretato con grande umanità da Paolo Pierobon, che terminerà con la celebre lettera del Papa agli “uomini delle Brigate Rosse” per chiedere la liberazione di Moro.
La quarta, è dedicata alla figura di Adriana Faranda, interpreta da Daniela Marra, bravissima e credibilissima, che lascia la famiglia e la figlioletta per seguire la via della rivoluzione con Valerio Morucci, benissimo interpretato da Gabriel Montesi, che già fu un perfetto Cassano nella serie dedicata a Totti “Speravo de morì prima”. Attraverso la figura della Faranda, Bellocchio scava sull’evidente errore politico di Moretti e delle BR e ci riporta in maniera incredibilmente presente alla realtà di quei giorni.
fabrizio gifuni aldo moro in esterno notte
La quinta parte, che aprirà la serata del 17 novembre, è dedicata a Nora, la moglie di Moro, interpretata con toni asciutti e profondi da Margherita Buy, nel momento più tragico della vicenda, quando cioè si accorge che il partito, la DC, non muoverà un dito per la salvezza del marito. La sesta e ultima puntata deve concludere l’intera vicenda con la morte di Moro e la sua macabra messa in scena. Inutile dirvi per tutte le sei ore, malgrado una sceneggiatura complessa dove le storie dei singoli personaggi si intrecciano, Bellocchio tiene perfettamente in pugno il suo film e la sua costruzione non lineare, usando certi momenti ritornanti come puntelli per farci meglio capire la storia e i suoi tempi sfalsati.
E se possiamo preferire il bellissimo episodio del Papa e di Don Curione o quello ultrarealistico della coppia Morucci-Faranda o quello più originale dedicato a Cossiga, non mancano mai né le sorprese del meccanismo narrativo né quelle di pura messa in scena, la grande tavola di Roma che gronda sangue sotto gli occhi di Cossiga, Andreotti, interpretato da Fabrizio Contri, che quando sente del rapimento di Moro, si chiude in bagno e vomita, le scene di rivolta per le strade con gli slogan, il ritorno dei percorsi romani più tipici pieni di scritte d’epoca, la Via Crucis, l’uso dei repertori televisivi con Bruno Vespa e Emilio Fede.
Bellocchio non solo ingloba nella serie, sfruttandola, l’esperienza di “Buongiorno notte”, non solo ingloba gli altri film girati su Moro, dal grottesco di “Todo Modo” di Elio Petri al realismo non sofisticatissimo del “Caso Moro” di Ferrara, che pure aveva fior di attori, da Volonté a Margarita Lozano, ma tocca anche il nuovo grottesco sorrentiniano di “Il Divo” e di “The New Pope”, riuscendo sempre però a imporre un suo sguardo preciso, mai moralista, sulla storia, sui tempi, sulla follia della lotta armata, su quello che significò per tutti noi la morte di Roma.
Una morte che porterà alla fine delle BR e alla nascita della Prima Repubblica, al CAF, a Bettino Craxi e Berlusconi e a Mani Pulite. “La politica ha un prezzo” si sente dire da Moro a Cossiga, senza pensare al prezzo che lui stesso sarà costretto a pagare per la politica del suo partito.
Se la figura di Andreotti rimane quella più ambigua e non sviluppata, magari ci ha pensato Sorrentino, si dirà, e quella di Cossiga è frutto di un continuo tormentarsi cattolico fra il bene del partito e la gratitudine al suo maestro, il Moro che viene fuori da questa serie è un Moro combattivo che è sceso in campo pronto a regolare i conti con un partito che ha dominato il paese e che forse un’apertura politica a sinistra avrebbe potuto migliorare. Solo un Paolo VI ormai vecchio e malato vede come precisa scelta politica per il bene del paese, quella di liberare Moro.
Grande racconto tragico che non so francamente come verrà accolto dal pubblico di Rai Uno in tv ormai sbandato tra un “Tale e quale show” e “Ballando sotto le stelle” con Montesano con la maglietta della X Mas, “Esterno notte”, come il celebre programma di Sergio Zavoli, “La notte della Repubblica”, è un viaggio di grande intelligenza e conoscenza storica dentro il cuore profondo e i segreti più inconfessabili del paese, un paese che si rivela oggi ancor più incomprensibile dell’epoca di Zavoli con tutta questa voglia di gettarsi tra le braccia della destra postfascista e questa mancanza di utopie e di piccoli sogni, senza dover per questo fare rivelazioni sorprendenti o sposare qualche tesi.
il red carpet di esterno notte a cannes
Bellocchio sa come non cadere nelle trappole del cinema politico, essendoci nato e cresciuto dentro. Ma quel che mette in scena, con la produzione di Lorenzo Mieli di The Apartment, con la sceneggiatura di Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino, con il montaggio di Francesca Calvelli, con la musica (una vera scoperta) di Fabio Massimo Capogrosso e la fotografia di Francesco Di Giacomo non è una lezione di storia, è una lezione di cinema. Fenomenale. Stasera in tv.