SQUILLO DI BOVA - "BASTA CON I CELLULARI A TEATRO: CHI VUOL TELEFONARE SE NE STIA A CASA" – GRAMELLINI: "UNA VOLTA UNO ANDAVA A TEATRO PER TRASCORRERE 2 ORE LONTANO DA TUTTO, ANCHE DA SÉ. MA ORA OGNI DISCONNESSIONE DAL PROPRIO EGO, È CONSIDERATA UN LUSSO DA ARTISTI. CHE POI QUESTO RAOUL BOVA NON FACEVA LA PUBBLICITÀ DEI TELEFONINI?”
1. BOVA A TEATRO
2. SPETTATORI SQUILLO
Massimo Gramellini per il Corriere della Sera
Raoul Bova è un attore di grandi pretese. Vorrebbe che durante i suoi spettacoli il pubblico silenziasse il telefonino o addirittura - sacrilegio! - lo spegnesse. E se gli spettatori non gli ubbidiscono, alternando la visione della pièce teatrale ad amabili conversari in viva voce con amici e parenti, egli monta su tutte le furie. Esce dal palco durante un monologo e si rifiuta di tornarvi alla fine della rappresentazione per gli applausi di rito.
È accaduto l' altra sera a Catania, ma poteva succedere ovunque: il telefonino ha unito l' Italia meglio di Garibaldi e la maleducazione inconsapevole è il codice p.i.n. (preferisco interromperti nuovamente) che accomuna i fratelli di selfie. Nessuno va a teatro con l' idea di disturbare gli altri spettatori e tantomeno Raoul Bova. Così come nessuno è attraversato dal sospetto che la suoneria della Cavalcata delle Valchirie, sparata a tutto volume nello scompartimento del treno, possa infastidire gli altri passeggeri.
Per preoccuparsi dell' effetto dei propri rumori sul prossimo, bisognerebbe preoccuparsi del prossimo: una pratica caduta in disuso. Ma ormai non ci si preoccupa neppure dell' effetto dei propri rumori su se stessi. Una volta uno andava a teatro per rifugiarsi in un altrove dove trascorrere due ore lontano da tutto, anche da sé. Ma adesso ogni disconnessione, ancorché momentanea, dal proprio ego, è considerata un lusso da artisti. Che poi questo Raoul Bova non faceva la pubblicità dei telefonini?
3. BASTA CON I CELLULARI A TEATRO
Renato Franco per il Corriere della Sera
«Erano poche persone, senza cultura teatrale e senza rispetto nei confronti di chi gli stava intorno. Mi spiace che a fare le spese per un atteggiamento di pochi siano state tutte le persone perbene che erano a teatro». I nuovi Frankenstein della maleducazione sono in mezzo a noi, zombie chini sul cellulare che cercano il mondo non intorno a loro, ma dentro un display sempre acceso. Così, dopo la signora che ha fotografato Morandi in un bagno dell' Autogrill (non era un selfie con l' orinatoio di Duchamp), ecco un nuovo caso: i continui squilli al Metropolitan di Catania che hanno fatto giustamente irritare Raoul Bova.
«Non mi era mai successo prima - racconta l' attore -.
Mentre ero sul palco venivo distratto dalle suonerie, ho provato anche a esitare per far capire che avevo sentito e che ero disturbato tanto io quanto gli spettatori che volevano assistere allo spettacolo, ma non c' è stato niente da fare».
Non è servito nemmeno che la produzione del teatro avvisasse i distrattori: «Al prossimo telefonino che sentiamo in sala, interrompiamo lo spettacolo». Minaccia caduta nel vuoto, avvertimento silenziato dal rumore delle notifiche di WhatsApp e da nuovi squilli, con Raoul Bova sconfortato tanto quanto la sua compagna di scena Chiara Francini.
La messinscena di Due (di Luca Miniero e Astutillo Smeriglia) gira intorno a un rapporto di coppia, la diversa visione della vita insieme emerge nelle differenze fra maschile e femminile. La soluzione è l' ascolto reciproco. Magari senza cellulare a letto. «Sarebbe meglio - ride Bova - ma ci sono tante coppie che si filmano anche lì».
Agli applausi finali, come vuole la prassi, Bova lascia l' attrice da sola. Poi toccherebbe a Raoul... «Ma non me la sono sentita di fare l' uscita singola per i ringraziamenti, ho fatto solo quella di gruppo.
Non sono intransigente, ma la reiterazione continua ha creato un clima assurdo. C' era la gran parte di pubblico che voleva assistere allo spettacolo che discuteva con i - ripeto - pochi che disturbavano.
Nessuno li costringeva a stare lì, se volevano telefonare potevano starsene a casa».
Lo squillo a teatro non è affatto un inedito. Toni Servillo ha interrotto un suo spettacolo per sgridare uno spettatore al cellulare, il direttore d' orchestra Alan Gilbert ha sospeso la Nona di Mahler distratto da un maleducato, Claudio Biso si è sentito rispondere da una donna al telefonino che non poteva chiudere la conversazione perché stava parlando con la figlia...
Poi ci sono i concerti, dove il problema è un altro: si sentono tutti Spielberg e vogliono farsi il video dello show disturbando la visuale con le loro mani protese verso l' alto. Se Gianna Nannini ha invitato i suoi fan a non fare riprese, Adele ha fermato il suo show per rimproverare una ragazza che la stava filmando («ehi, sono davvero qui nella vita reale, questo non è un dvd»). Il rocker Jack White e il comico Chris Rock sono andati oltre e hanno trovato la soluzione definitiva: niente foto, video o audio, ogni smartphone è stato sigillato in una pochette rimasta chiusa fino alla fine dello spettacolo e riaperta da una chiave speciale.
Per due ore si può resistere.