steve jobs stanford

STEVE JOBS, LA BIOGRAFIA "VERA" - IL DISCORSO "SIATE AFFAMATI, SIATE FOLLI" RISCHIÒ DI RESTARE NEL CASSETTO: JOBS PREFERIVA PASSARE IL TEMPO CON LA FAMIGLIA CHE CON I NEOLAUREATI FIGHETTI DI STANFORD

1. VIDEO - IL DISCORSO DI STEVE JOBS AI LAUREATI DI STANFORD (SOTTOTITOLI IN ITALIANO)

 

 

2. IL DISCORSO PIÙ FAMOSO DI STEVE JOBS RISCHIÒ DI RESTARE NEL CASSETTO

Brano tratto da “Becoming Steve Jobs” di Brent Schlender e Rick Tetzeli pubblicato da “la Stampa”

 

becoming steve jobs di brent schlender e rick tetzelibecoming steve jobs di brent schlender e rick tetzeli

La mattina del 16 giugno 2005 Steve si svegliò con i crampi allo stomaco. In effetti, dice Laurene (la moglie, ndr), «Non l’avevo mai visto così nervoso». Steve era un fuoriclasse nato che riusciva a innalzare le presentazioni commerciali a qualcosa di simile all’arte. Ma quel giorno lo rendeva insicuro la prospettiva di rivolgersi ai laureandi di Stanford di quell’anno. Il presidente dell’università, John Hennessy aveva lanciato l’idea mesi prima e dopo essersi preso un attimo per pensarci su Steve aveva risposto di sì. 
 

Gli chiedevano in continuazione di tenere discorsi di fine corso e rispondeva sempre di no. In effetti glielo chiedevano così spesso che era diventato una sorta di scherzo ricorrente con Laurene e altri amici che avevano titoli universitari o di dottorato: Steve era solito dire che avrebbe accettato di tenerne uno solo per farla finita e conseguire il suo PhD in un giorno, invece degli anni e anni che ci avevano impiegato loro. Ma alla fine, dire di no, era semplicemente una questione di ritorno di un investimento - conferenze e discorsi gli pareva offrissero una magra soddisfazione rispetto ad altre cose, tipo le sfolgoranti presentazioni al Mac-World, lavorare a un grande prodotto o stare con la sua famiglia.
 

steve jobs stanfordsteve jobs stanford

«Se analizzate con attenzione il modo in cui passava il suo tempo - dice Tim Cook - noterete che non viaggiava quasi e non partecipava mai alle conferenze e agli incontri che tanti amministratori delegati frequentano abitualmente. Lui voleva essere a casa per cena». (...)
 

Scrivere il discorso si rivelò una seccatura. Steve aveva discusso con alcuni amici su che cosa dire e aveva persino chiesto allo scrittore Aaron Sorkin qualche suggerimento. Ma non ne uscì nulla e così alla fine decise di fare da sé. Scrisse la bozza in una notte e cominciò a scambiare idee con Laurene, Tim Cook e un paio di altre persone. «Voleva davvero che andasse al meglio», dice Laurene. «Voleva dire qualcosa a cui veramente teneva». (...)
 

STEVE JOBS E IL PRIMO MACINTOSH STEVE JOBS E IL PRIMO MACINTOSH

Quella domenica mattina mentre la famiglia si preparava a partire per il Stanford Stadium, Steve cercava ovunque le chiavi del Suv che non riusciva a trovare ma alla fine decise che non voleva guidare - avrebbe usato il breve percorso per ripassare ancora una volta il discorso. Tempo che la famiglia si stipasse nel Suv erano già in ritardo. Laurene guidava mentre Steve riguardava per l’ennesima volta il testo. Lui era davanti mentre Erin, Eve e Reed si dividevano il sedile posteriore. Andando verso il campus Steve e Laurene frugavano nelle tasche e nella borsetta in cerca del lasciapassare per i vip che avevano ricevuto. Senza riuscire a trovarlo...
 

STEVE JOBS E IL PRIMO MACINTOSH STEVE JOBS E IL PRIMO MACINTOSH

Finalmente la famiglia arrivò all’ultimo posto di blocco prima dello stadio. Una poliziotta fece segno a Laurene di fermarsi. E si accostò lentamente all’auto dalla parte del guidatore. «Non può passare di qui, signora», disse. «Non c’è parcheggio. Deve tornare a Paly (Palo Alto High School) attraverso El Camino. Lì ci sono i parcheggi aggiunti». «No, no - disse Laurene - noi abbiamo un pass per il parcheggio. Ma l’abbiamo perso». L’agente la fissò. «Non capisce - spiegò Laurene. «Ho qui la persona che deve fare il discorso d’apertura. È qui in macchina. Sul serio».

STEVE JOBS E LAURENE POWELL STEVE JOBS E LAURENE POWELL

 

La donna infilò la testa nel finestrino. Vide i tre ragazzini dietro, l’elegante bionda al volante e al suo fianco un uomo con dei jeans logori, delle Birkenstock e una vecchia maglietta nera. Stava giocherellando con dei fogli di carta che aveva in grembo mentre la guardava attraverso delle lenti senza montatura. La donna fece un passo indietro e incrociò le braccia. «Sul serio?», disse sollevando le sopracciglia. «E chi sarebbe?». Tutti nell’auto scoppiarono a ridere. «Sul serio - disse Steve, alzando la mano -. Sono io».
 

STEVE JOBS STEVE JOBS

Quando finalmente raggiunsero la stadio Steve che aveva indossato il tocco e la toga si diresse verso il palco con il presidente Hennessy mentre Laurene e i ragazzi accompagnavano le sue figlie a un lussuoso palco sopra il campo da football. La scena era tipica di Stanford, un misto di solennità e frivolezza. Qualche studente si aggirava in parrucca e costume da bagno partecipando alla «wacky walk» mentre altri indossavano la toga regolamentare. Ce n’era anche qualcuno vestito da iPod. Hennessy fece un discorso di pochi minuti per presentare Steve. (...) 
 

walter isaacson-steve jobs BIOGRAFIA UFFICIALEwalter isaacson-steve jobs BIOGRAFIA UFFICIALE

Gli studenti erano elettrizzati dalla scelta di far fare a lui il discorso di apertura. Steve sembrava molto più disponibile dei rigidi cattedratici che di solito svolgevano questo compito. Dopo aver messo la sua bottiglia d’acqua nello scaffale sotto al podio dell’oratore, Steve si lanciò nel suo discorso di quindici minuti destinato a diventare il più citato di sempre.
 

Traduzione di Carla Reschia

 

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