LA BIO DEL DIO (DELLA MELA) - JOBS SI PENTÌ DI AVER INTERROTTO LE CURE CONTRO IL CANCRO PER PROVARE MEDICINE ALTERNATIVE - L’ONCOLOGO DI HARVARD RIVELA: “SE NON L’AVESSE FATTO, OGGI SAREBBE ANCORA VIVO” - LA GUERRA CONTRO ANDROID DI GOOGLE: “LO DISTRUGGERÒ PERCHÉ È UN PRODOTTO RUBATO. HO INTENZIONE DI SCATENARGLI CONTRO UNA GUERRA TERMONUCLEARE” - IL SEGRETO DELL’IPOD NERO CHE BONO SOGNAVA PER GLI U2 (CON RELATIVE MARCHETTE INCROCIATE)…

1 - JOBS SI PENTÌ DI AVER INTERROTTO LE CURE CONTRO IL CANCRO PER PROVARE MEDICINE ALTERNATIVE

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Dalla biografia di Steve Jobs scritta da Walter Isaacson trapelano nuovi dettagli su come il guru della Apple vivesse la sua malattia. Jobs, scrive in particolare Isaacson, si era pentito di aver interrotto per nove mesi le cure tradizionali contro il cancro al pancreas, per provare terapie alternative.

Ma un altro passaggio interessante riguarda la collera che l'inventore dell'iPhone aveva maturato contro Google, ai suoi occhi colpevole di aver rubato le sue idee. Jobs era determinato a spendere tutte le forze della Apple per fermare il colosso di Mountain View. "Distruggerò Android perché è un prodotto rubato. Ho intenzione di scatenargli contro una guerra termonucleare".

Il virgolettato preso dal libro, è stato rivelato dall'Associated Press che però non spiega perché la Apple abbia avviato una miriade di azioni legali contro i produttori di smartphone che funzionano con Android (esemplare il caso di Samsung, a cui la Casa di Cupertino ha finora impedito di vendere il proprio tablet pc in Germania e in Australia) anziché direttamente con Google. La rabbia di Jobs, infatti, è rivolta soprattutto al motore di ricerca e all'allora Ceo di Google Eric Schmidt, membro del board della Apple prima dell'introduzione di Android.


2 - «IL TUMORE DI JOBS POTEVA ESSERE CURATO»
Alessandra Farkas per "Corriere.it" del 14 ottobre 2011

«Steve Jobs ama seguire le proprie regole. Che si tratti di computer, azioni e persino il cancro». Così il corrispondente di Fortune, Peter Elkind, descriveva nel marzo 2008 l'approccio e la lotta del padre di Apple al male scoperto per caso cinque anni prima, durante un controllo di routine. A tre anni da quell'articolo e nove giorni dalla scomparsa di Jobs, un noto ricercatore americano avanza una tesi a dir poco sconcertante: «Steve Jobs sarebbe ancora vivo se non avesse rifiutato le cure mediche tradizionali, preferendo trattamenti medici alternativi per il cancro al pancreas».

LE CURE ALTERNATIVE - A sostenerlo è l'oncologo di Harvard, Ramzi Amri, secondo cui il co-fondatore di Apple aveva una forma leggera di tumore, che raramente porta alla morte. «Se chirurgicamente rimosso, la prognosi per questo tipo di tumore è incoraggiante», spiega lo studioso in un intervento sul forum interdisciplinare Quora, «date le circostanze sembrerebbe che la sua decisione di ricorrere a cure antitradizionali non abbia fatto altro che condurlo, senza ragione, ad un morte anticipata».

Buddista e vegetariano, Jobs all'inizio era scettico sul ricorso alla chirurgia, preferendo alle cure convenzionali i metodi alternativi. E infatti soltanto il 31 luglio del 2004, cioè nove mesi dopo la diagnosi ufficiale, si era sottoposto all'operazione presso lo Stantford University Medical Center di Palo Alto, vicino casa sua. Ma a quel punto era già troppo tardi: il tumore si era ormai diffuso.

«UN TUMORE CHE SI PUO' CONTROLLARE» - «La grande confusione è nata dal fatto che i media hanno sempre attribuito a Jobs un cancro al pancreas», mette in guardia Amri, spiegando che «anche se il suo tumore avrebbe potuto avere origine nel pancreas, il suo non era il temutissimo adenocarcinoma pancreatico, che nel 95% dei casi colpisce il pancreas, senza lasciare speranze».

Al contrario Jobs era affetto da tumore neuroendocrino, che, se curato in tempo e adeguatamente, non è mortale. «Il 100% dei miei pazienti affetti da questo tipo di cancro sopravvive», conclude il medico, che da circa un anno e mezzo conduce ricerche sul tipo di neoplasia che ha colpito Jobs per l'illustre università Ivy League.

POLEMICHE IN RETE - Com'era prevedibile, la tesi di Amri sta già scatenando forti polemiche sul Web. «Non era mia intenzione offendere chi piange la sua scomparsa - si difende il ricercatore -. Ho il più profondo rispetto per Jobs e la sua eredità. Agisco proprio in coerenza con il suo modo progressista di vedere il mondo, perché possiamo tutti imparare dai suoi errori».


3 - IL SEGRETO DELL´IPOD NERO CHE BONO SOGNAVA PER GLI U2
"È L´OGGETTO ARTISTICO PIÙ BELLO DA QUANDO È STATA INVENTATA LA CHITARRA ELETTRICA"

Estratto del libro "Steve Jobs" di Walter Isaacson pubblicato da "la Repubblica"

Bono, voce solista degli U2, comprendeva bene la forza del marketing Apple. La sua band con sede a Dublino era la migliore del mondo, ma nel 2004, dopo quasi trent´anni di sodalizio, stava cercando di rinvigorire la sua immagine. Aveva prodotto un nuovo, splendido album con una canzone che The Edge, il primo chitarrista della band, aveva definito «la madre di tutti i pezzi rock». Sapendo di dover trovare il modo di far decollare l´lp, Bono telefonò a Jobs.

«Volevo una cosa specifica dalla Apple» ricorda. «Avevamo una canzone, Vertigo, la quale aveva un riff di chitarra molto aggressivo che sapevo sarebbe stato contagioso, ma solo se la gente vi fosse stata esposta un gran numero di volte». Bono temeva che ormai la promozione delle canzoni attraverso le trasmissioni radio avesse fatto il suo tempo. Così andò a trovare Jobs a casa sua e gli fece un´offerta insolita. Nel corso degli anni gli U2 avevano detto di no a chi aveva offerto loro fino a ventitré milioni di dollari per usare una loro canzone negli spot televisivi.

Ora volevano che Jobs ne usasse una in uno spot dell´iPod gratis, o almeno come parte di un "pacchetto" di mutuo vantaggio. «Non avevano mai girato prima uno spot commerciale» avrebbe ricordato in seguito Jobs, «ma in quel periodo erano danneggiati dal download gratuito dei loro pezzi, apprezzavano quello che stavamo facendo con iTunes e pensavano che li avremmo aiutati a raggiungere un pubblico più giovane» (...).
Jobs andò a parlare con Jimmy Iovine, la cui Interscope Records distribuiva gli U2. Gli U2 sarebbero apparsi nello spot e la Apple avrebbe energicamente promosso l´lp in varie sedi, che andavano dai cartelloni alla home page di iTunes.

La band non avrebbe ricevuto un compenso diretto, ma avrebbe goduto delle royalties della vendita di un´edizione speciale U2 dell´iPod. «Bono e io chiedemmo a Steve di produrre un iPod nero» ricorda Iovine. «Non si trattava solo di una sponsorizzazione pubblicitaria, ma di un accordo per l´utilizzo congiunto di due marchi». «Volevamo il nostro iPod, qualcosa di distinto dai soliti apparecchi bianchi» ricorda Bono. A Jobs non andava l´idea di un iPod nero speciale, e i dettagli finanziari della questione royalties e promozione non erano ancora del tutto definiti.

Telefonò a James Vincent, che supervisionava lo spot per conto dell´agenzia pubblicitaria della Apple, e gli disse di bloccare tutto. Vincent, da sempre un fan degli U2 gli chiese il permesso di chiamare Bono per provare a sistemare le cose. «Noi vi stiamo dando la cosa più importante che abbiamo, la nostra musica, e voi che cosa ci date in cambio?» disse Bono. «Pubblicità. I nostri fan penseranno che è pubblicità per voi». Vincent, che non sapeva a che punto erano l´edizione speciale U2 dell´iPod e l´accordo sulle royalties, puntò su quell´argomento: «È la cosa più preziosa che abbiamo da darvi» disse. Bono aveva mirato a quello fin dal suo primo incontro con Jobs e cercò di definire con precisione i termini della faccenda.

Vincent chiamò immediatamente Jony Ive, un altro grande fan degli U2 e descrisse la situazione. Ive disse che aveva già prodotto un prototipo di iPod nero con ghiera rossa, cioè quello che aveva chiesto Bono per richiamare i colori della copertina dell´album How to Dismantle an Atomic Bomb. Vincent chiamò Jobs e gli suggerì di mandare Ive a Dublino per mostrare a Bono come sarebbe stato l´iPod rosso e nero. Jobs accettò (...).

«Jony arrivò a Dublino e lo feci sistemare nella mia dépendance per gli ospiti, un posto tranquillo che dava su dei vecchi binari e il mare» ricorda Bono. «Mi mostra questo bell´iPod nero con la ghiera rosso scuro e io dico okay, lo facciamo». Quando tutto fu risolto, Ive e Bono si misero a bere sul serio. Dopo qualche pinta di birra, decisero di chiamare Vincent in California. Siccome non era a casa, Bono gli lasciò nella segreteria telefonica un messaggio che Vincent avrebbe conservato per sempre. «Sono seduto qui nella spumeggiante Dublino con il suo amico Jony» diceva il messaggio. «Siamo tutti e due un po´ ubriachi, e felici di questo splendido iPod. Stento quasi a credere che esista davvero e che lo stia stringendo in mano. Grazie!».

L´album vendette 840.000 copie nella prima settimana e conquistò il primo posto nella classifica delle top ten. In seguito Bono disse alla stampa che aveva girato lo spot gratis perché «gli U2 ne trarranno tanto vantaggio quanto la Apple». Era incredibile che associarsi a un´azienda di informatica ed elettronica fosse, per una rock band, il modo migliore di apparire alla moda e attirare un pubblico giovane.

In seguito Bono spiegò che non tutte le sponsorizzazioni industriali erano patti col diavolo. «A ben riflettere» disse a Greg Kot, il critico musicale del Chicago Tribune «qui il "diavolo" è un gruppo di menti creative, più creative di tanti componenti delle rock band. La voce solista è Steve Jobs. Questi uomini hanno contribuito a progettare il più bell´oggetto artistico che sia comparso nella cultura musicale da quando fu inventata la chitarra elettrica. Parlo dell´iPod. Compito dell´arte è scacciare la bruttezza». (...)

 

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