
“SUI SOCIAL CI ATTACCANO, DOVEVAMO UCCIDERLA?” - I FRATELLI DELLA 60ENNE LUIGINA, FINITA IN COMA DOPO UN INCIDENTE E MORTA DOPO 33 ANNI, SONO FERITI DAI COMMENTI: “C’È CHI DICE CHE È STATO CRIMINALE TENERLA LÌ PER 33 ANNI A SOFFRIRE INUTILMENTE, ALTRI DICONO CHE SAREBBE STATO MEGLIO SE FOSSE MORTA...CERTE COSE DOVREBBERO PROVARLE SULLA PROPRIA PELLE, PRIMA DI SPARARE GIUDIZI. NON L’ABBIAMO MAI ABBANDONATA, ALLA FINE, SI ACCETTA ANCHE UNA CONDIZIONE COSÌ ESTREMA. SE TI CAPITA UNA COSA NEL GENERE CHE FAI?"
Giusi Fasano per il "Corriere della Sera" - Estratti
Chissà se capiva, Luigina... Vicina ma irraggiungibile, imprigionata nel suo corpo immobile per 33 anni, diventata adulta senza essere invecchiata. Sua sorella Mara la ricorda nel finale: «Anche la sera prima che morisse le ho detto: cavoli, Luigina, sei qui che stai male eppure sei così bella, non hai una ruga».
Luigina Brustolin è morta l’altra notte per le complicazioni di una polmonite, aveva appena compiuto 60 anni ma di quei sessanta ne ha vissuti soltanto 27, tutti gli altri li ha respirati e basta. Ha passato più tempo in questo mondo a non vivere che a vivere, e anche se «le erano venuti i capelli bianchi e il suo corpo negli anni era cambiato, lei aveva comunque la pelle liscia di una ragazzina», dice sempre sua sorella.
Come se il passare delle sue stagioni immobili non avesse voluto infierire di più su quel corpo fermo dal 23 maggio del 1992.
Quel giorno Luigina era alla guida della sua Golf sulla Feltrina, la strada che collega Treviso a Feltre. Con lei in auto la sua bambina di quasi due anni, Sara. Non si è mai chiarito come andò esattamente, quel che è certo è che, all’altezza di Pederobba — vicino al Comune del Trevigiano dove Luigina viveva — la Golf si schiantò contro un’auto che arrivava dalla parte opposta. Un frontale spaventoso. Mamma e figlia portate in ospedale in fin di vita. La piccola morì 35 giorni dopo, Luigina entrò in coma profondo e non si è mai più svegliata.
«All’inizio il coma era profondo, sì, ma poi è diventato vigile», racconta suo fratello Loris. «Luigina respirava autonomamente e, salvo gli ultimi tempi quando è peggiorata per le ricadute della polmonite, riusciva anche a mandar giù il cibo se qualcuno la imboccava.
Ogni tanto apriva gli occhi e ci guardava ma non abbiamo mai saputo se quel guardarci era vero o se era una nostra interpretazione, un riflesso. In quelle condizioni nessun medico si spinge a dirti che c’è un contatto, che lei capisce...».
Mai un segnale vero, inequivocabile del fatto che Luigina c’era, che poteva sentire. La sua famiglia non l’ha mai lasciata sola. Sua madre Maria, vedova, si è presa cura di lei per 17 anni.
«Non le sto a dire il dispiacere che provava...», ricorda Loris.
«L’ha seguita finché ha potuto, con il nostro aiuto, poi si è ammalata pure lei e quando è morta per mia sorella abbiamo dovuto cercare una sistemazione in una casa di cura. Ma siamo sempre andati a trovarla, fino all’ultimo. Ai tempi dell’incidente io avevo 22 anni, mia sorella Mara 24. Luigina era la prima figlia, per noi lei era una seconda mamma, a me ha insegnato la vita». Mara la ricorda bella, allegra, divertente, «innamorata della sua bambina, come tutti noi. Se ripenso adesso a quand’era ragazza mi torna in mente quella sua mania dell’abbronzatura. Stava al sole da maggio all’autunno, una lucertola. E adorava ballare...».
Un tempo non l’avrebbero mai detto ma adesso, dopo 33 anni passati ad aspettare né il risveglio né la morte, Loris e Mara dicono quello che in tanti faticano a capire, e cioè che «alla fine, si accetta anche una condizione così estrema. Nel senso che se ti capita una cosa nel genere che fai? Che puoi fare? All’inizio ti sembra insopportabile, poi in qualche modo ti adatti, anche se a cose così brutte non ti puoi mai abituare. Fai quello che puoi, un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro».
Loris è ferito dai commenti che ha letto in questi giorni sotto gli articoli che parlano di sua sorella: «C’è chi dice che è stato criminale tenerla lì per 33 anni a soffrire inutilmente, altri dicono che sarebbe stato meglio se fosse morta... Si rende conto? Lo dicono a noi... Io posso solo dire che certe cose dovrebbero provarle sulla propria pelle, prima di sparare giudizi. Se la vita ti mette davanti a una prova del genere non puoi fare altro che gestirla, con le tue forze e con quello che ti offre questo Paese. A chi dice che sarebbe stato meglio se lei fosse morta subito rispondo: sì, e quindi? Cosa fai? Chi vuole rispondere a questa domanda?».
(…)