'THE YOUNG POPE' SBARCA IN USA E LA CRITICA SI DIVIDE TRA ELOGI E STRONCATURE - TUTTI CONCORDI SULLA MAESTRIA VISIVA DI SORRENTINO MA LA STORIA E' UN PO' RIDICOLA, SENZA ANIMA, UN BEL TEDIO LUNGO DIECI ORE, CHE IL WEB HA GIA' TRASFORMATO IN MEME E RIBATTEZZATO 'HOUSE OF CARDINALS' - GLI AMERICANI, PIU' CHE IL VATICANO, CI VEDONO L'ELEZIONE DI TRUMP
Silvia Bizio per “La Repubblica”
Dopo il trionfo agli Oscar con 'La grande bellezza', Paolo Sorrentino torna a Los Angeles per presentare 'The Young Pope', che è arrivata anche negli usa ieri sera: HBO trasmette due puntate a settimana in prima serata per cinque settimane.
Sorrentino è volato a Hollywood con il protagonista Jude Law per partecipare all’incontro della TCA, Television Critics Association, al Langham Hotel di Pasadena, mentre nelle altre sale Nicole Kidman, Robert De Niro, James Cameron e Laura Dern presentavano i loro progetti.
Da 'Variety' al 'Los Angeles Times', l’attenzione per la serie è evidente. Tutti riconoscono a Sorrentino la maestria visiva - specifici gli elogi al direttore della fotografia Luca Bigazzi - l’originalità dei contenuti e quel saper osare su terreni imbattuti «tipico degli autori europei» (Variety). «La religione fornisce splendido materiale per storie horror », scrive meno entusiasta il 'New York Times', « The Young Pope è sublime dal punto di vista delle immagini, ma in quanto a testo è una storia horror un po’ ridicola, in cui il mostro è il pontefice stesso... è un “Vatican of Cards” pulp e disarticolato ». «Ma, a differenza di 'House of Cards', questa serie capisce la politica », è il titolo della recensione molto positiva del Washington Post. Un “brillante programma controcorrente”, scrive 'New York Magazine'.
Per 'Vanity Fair Usa' «il giovane papa è un antieroe come tanti altri in tv, ma a differenza di un Don Draper o Tony Soprano detiene un potere assoluto sul proprio dominio». «Un’opera d’arte tutt’altro che divina», sentenzia online 'Salon'. «È come un sogno febbricitante di Dan Brown», scrive il 'Wall Street Journal'. «C’è sesso, spionaggio, suspense e Armani, e perfino un canguro che s’aggira per i giardini vaticani».
«Quando un Papa viene eletto riceve i regali più stravaganti da capi di stato di tutto il mondo», spiega divertito Paolo Sorrentino parlando della scena. «Ho pensato: perché non un canguro dall’Australia? ». All’incontro con la stampa al TCA destano curiosità anche i tanti “meme”, i tormentoni che circolano sui social network ispirati alla serie. «Non li conoscevo fino alla settimana scorsa, quando abbiamo cominciato a fare interviste a New York, ma mi sembrano molto divertenti», dice Jude Law. Interviene Sorrentino, che gli siede accanto: «Anche a me piacciono. La tv è piena zeppa di serie, ed è importante farsi notare. Anzi, ben vengano».
Molta attenzione sulle inevitabili analogie con eventi della vita reale attuale – nella fiction Lenny Belardo è eletto Papa in un incredibile ribaltone che confonde le ragioni di qualunque establishment – che rendono particolarmente contemporanea la serie negli Usa.
Sorrentino risponde a numerose domande al riguardo: «Gli esperti vaticanisti e gli ecclesiastici che ammiro e che ho consultato mi hanno detto che un papa come questo, dopo uno come Francesco, è del tutto possibile ».
Così come è possibile la sua relativa giovane età (per un papa) e il fatto che sia americano? «Lenny è americano perché mi serviva un papa culturalmente lontano dal Vaticano, un papa pragmatico e veloce come lo sono gli americani», risponde Sorrentino. E a chi insiste coi paragoni con Donald Trump, Sorrentino afferma sicuro: «Ho scritto la storia anni fa, quando non potevamo certo prevedere l’ascesa di un Trump».
Il regista non si tira indietro di fronte alla domanda sulla seconda stagione pur mantenendo il riserbo sulla sua realizzazione: «Non so se ci sarà, ma intanto io la sto scrivendo ». E i gran capi della HBO presenti non lo hanno contraddetto. Ma molto dipenderà dai dati di ascolto della prima stagione, e quando arriveranno quelli delle prime due puntate trasmesse negli Usa tutto sarà molto più chiaro.
2. UN BELLISSIMO TEDIO
Melanie McFarland per “Salon”
Non tutte le serie tv raggiungono alti livelli artistici. Più raramente ancora l’arte si traduce in televisione e questo è ciò di cui soffre “The Young Pope” di Paolo Sorrentino. Dieci ore in onda per cinque settimane, partito sabato sulla HBO, e stasera al secondo episodio. L’idea di questo bellissimo tedio fa venire il mal di testa.
Ha il merito di permettere a Sorrentino di sperimentare le possibilità artistiche del medium. Ogni immagine e ripresa massimizza il set del Vaticano, le stanze luminose, i giardini che riflettono un senso di giubilo spirituale e la seria formalità. Gli abiti bianchi, inamidati e senza macchia, di Jude Law segnano la sua distanza fisica. La separazione, il distacco, è la chiave del suo personaggio.
“The Young Pope” è uno studio su incongruità e contrasto, vedi l’inserimento del brano “Sexy and I Know It” degli LMFAO, ridicolo e appropriato. In quanto ad arte visuale, la serie non ha eguali, ma manca di anima. Forse è una voluta riflessione sulla gelida ed egocentrica crudeltà dell’istituzione. Questa pedissequa ricerca estetica non rispetta il patto basilare fra il pubblico e il creatore dello show.
Indubbiamente ci sono parallelismi fra Pio XIII e il nuovo presidente americano, la trama narra il mondo possibile nel caso in cui andasse al potere un tiranno. Non è chiaro il motivo per cui sia stato eletto, ma è facile immaginare perché i cardinali abbiano scelto proprio questo Papa, il primo americano della storia, una star bella e giovane, che affascina le masse.
Sorrentino contrasta la perversa inflessibilità del Papa con scene e conversazioni surreali e contraddittorie. E’ proibito fumare ma lui lo fa, il suo umore cambia, è mercuriale, e nella sua testa ci sono pensieri libertini. Alcuni momenti sono straordinari, ma altri hanno dato avvio a un gran numero di meme (il web lo ha ribattezzato ‘House Of Cardinals’ e ha inventato un gioco etilico con il suo nome) .
Ci sono momenti, non scene, che funzionano abbastanza per tenere incollato uno spettatore 10 ore. Sorrentino può non volersi adattare alle abitudini dei telespettatori, gli interessa l’arte, in questo caso l’opposto del contenitore che la presenta. E’ possibile apprezzare la bellezza e l’originalità dell’approccio, ammettendo che non ci racconta la migliore delle storie.