IL CINEMA DEI GIUSTI - TORNANO I FANTASMI NEL CINEMA ITALIANO. BRR… SOLO CHE STAVOLTA, ENTRANO ALLEGRAMENTE NEL NUOVO FILM DI OZPETEK CHE CI RIPORTA DAVVERO A UN CINEMA CHE IN ITALIA SEMBRA SCORDATO. E A UNA FACILITA’ E A UNA RICCHEZZA DI MESSA IN SCENA CHE RARAMENTE VEDIAMO - I SUOI FANTASMI SONO GLI UNICI CHE POSSONO CAPIRE I TORMENTI DEL GIOVANE PASTICCERE, ELIO GERMANO, CHE SOGNA DI FARE L’ATTORE E NON RIESCE A DEFINIRE LA SUA SESSUALITA’: “NON RIESCO A ESSERE GAY FIGURATI SE RIESCO A ESSERE ETEROSESSUALE”…
Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek.
Marco Giusti per Dagospia
Tornano i fantasmi nel cinema italiano. Brr... Solo che stavolta, entrano allegramente nel cinema di Ferzan Ozpetek, nella sua fase Fandango, e non fanno affatto paura. Nemmeno tirano le coperte la sera. Davanti a questo divertente, strampalato, dolcissimo film, dobbiamo riandare allo stravagante "Fantasmi a Roma" di Antonio Pietrangeli, scritto da penne come Sergio Amidei, Ennio Flaiano, Scola e Maccari per avvicinarci a qualcosa di simile.
Certo, li' i fantasmi erano Marcello Mastroianni, Tino Buazzelli, Sandra Milo, e l'abitante della vecchia casa, in pieno centro romano, era Eduardo De Filippo, mentre qui la vecchia casa infestata si trova a Monteverde Vecchio, l'abitante e' Elio Germano, e i suoi fantasmi sono Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini, ma non mancano neanche qui il fantasma grasso, il cantante lirico Ambrogio Maestri e il fantasma bambino sovrappeso, Matteo Savino. In piu' ci sono un fantasma turco e baffuto, Cem Yilmaz, un fantasma gaio, Andrea Bosca, e un fantasma cameriera, Claudia Potenza.
Ora, con tutto il rispetto per il vecchio "Fantasmi a Roma", nemmeno quello era un film perfetto, ma il piacere di noi spettatori a vedere la cura del regista nel costruire i suoi personaggi e il divertimento degli attori nel mettere in scena i fantasmi romani li ritroviamo anche qui, in un film di cinquant'anni dopo.
E anche li' c'era il desiderio di ritrovare un passato di una citta', di un paese, di una cultura che stava scomparendo. Quello che interessa piu' a Ozpetek e alla sua compagnia di fantasmi e viventi, infatti, non e' tanto la storiellina gialla del perche' la casa sia infestata da queste buffe presenze, quanto il rispetto per una cultura, per una professione, quella dell'attore, per un modo civile di avvicinarsi agli altri e vivere la propria diversita' o la propria solitudine.
In qualche modo sembrano piu' presenze fantasmatiche i compagni pasticcieri di Elio Germano, che non aprono mai bocca, o gli avvocati con cui la sua amica Paola Minaccioni seguita a imbandire storie. No, i suoi fantasmi degli anni '40 sono civili, parlano un buon italiano, vengono da una prosa e da un cinema che non esiste piu' e sono gli unici che possano capire i tormenti del giovane pasticcere, Germano, che sogna di fare l'attore e non riesce a definire la sua sessualita' ("non riesco a essere gay figurati se riesco a essere eterosessuale").
Nel corso del film capiremo perche' i fantasmi sono rimasti li' dal 1943, perche' sono morti, quale segreto nasconde la loro ormai vecchissima prima attrice, una ritrovata Anna Proclemer, che esordi' nel cinema proprio nei primi anni '40 con due capolavori di Raffello Matarazzo, "Giorno di nozze" e "Il birichino di papa'". E vedremo come riuscira' a svilupparsi il desiderio del giovane pasticcere di definire la sua sessualita' e la sua professione di attore.
Ovvio che Federica Pontremoli, gia' sceneggiatrice per gli ultimi film di Nanni Moretti, non e' Flaiano, ma l' idea dei fantasmi sulla linea 8 del tram, da Monteverde Vecchio a Largo Argentina, gia' utilizzata per il papa Michel Piccoli in "Habemus Papam", non e' male, e il rapporto col teatro funziona piu' qui che nel film di Moretti.
E perdoniamo a lei e a Ozpetek il fatto che dopo la bella trovata iniziale, il film prenda troppe strade lasciandole spesso a meta', perche' molte sono le idee originale e le partecipazioni eccellenti, come Platinette nei panni del capo di un gruppo di travestiti che ne fa uno dei film piu' folli della stagione.
La cura degli attori e il loro impegno, da Elio Germano, che riesce a essere totalmente vero nella fragilita' del suo personaggio, a Beppe Fiorello a Margherita Buy, perfetti, a tutti i caratteri secondari, il turco Cem Ylnaz e' uno spettacolo, ci riporta davvero a un cinema che in Italia sembra scordato. E a una facilita' e a una ricchezza di messa in scena che raramente vediamo.
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