TRAVAGLIO SBERTUCCIA IL CORAZZIERE DI COMPLEMENTO MARIO PIRANI: “VORREBBE TANTO FARCI PROCESSARE PER VILIPENDIO AL CAPO DELLO STATO PERCHÉ CI PERMETTIAMO DI CRITICARE NAPOLITANO”

Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Non poteva cominciare meglio, il nuovo anno, per il Fatto Quotidiano. Anche nel 2014, anzi più che mai nel 2014, la banda delle larghe intese e la sua proiezione ortogonale nelle edicole ha scelto il nostro giornale come bersaglio fisso. Dimostrando - se mai ve ne fosse bisogno - la necessità, nel panorama plumbeo della politica e della stampa di regime, di un quotidiano che dice le cose che gli altri non possono o non vogliono o non riescono a dire.

Il direttore della fu Unità, Luca Landò, anziché ringraziarci per avergli rivelato chi sono i suoi nuovi editori (fra i quali un'ex senatrice di Forza Italia amica di Lavitola), ci imputa il "metodo Boffo".

Il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti mi accusa di avere "giustificato, appellandosi al diritto all'odio", le "migliaia di cretini che esultarono su Internet" per l'attentato a Berlusconi nel dicembre 2009 (in realtà fu lui, la sera stessa dell'attentato, ad additarmi come "mandante morale" del lancio della statuetta, seguito a ruota da Cicchitto e Sgarbi).

Francesco Merlo, su Repubblica , mi addita come istigatore dei "funzionari del fanatismo che Grillo ha mandato in Parlamento" e dei "digitanti incappucciati, truppe d'assalto della diffamazione impunita", senza spiegare chi mai istighi i commentatori che augurano la morte a Bersani sul sito di Repubblica .

Sempre su Repubblica, Mario Pirani vorrebbe tanto farci processare per vilipendio al capo dello Stato perché ci permettiamo di criticare Napolitano, anzi la sua "specchiata figura" che il 31 dicembre è stata ascoltata da "una maggioranza mai raggiunta" (falso: l'ascolto tv del discorso presidenziale è stato il più basso degli ultimi dieci anni, eccezion fatta per quello dell'anno scorso che era stato ancora più basso): a suo avviso, il presidente della Repubblica è infallibile e comunque intoccabile.

Non tutti: solo l'attuale. Altrimenti qualcuno potrebbe incriminare Pirani e Repubblica per i suoi attacchi antirepubblicani e antistituzionali a Cossiga nel 1991-'92 (Pirani lo accusò di "attentare al valore simbolico" della funzione di capo dello Stato, di avere "scambiato il Quirinale con una parrocchia" e lo ribattezzò "picconatore", mentre Scalfari chiedeva di sottoporlo a perizia psichiatrica).

Chi invece oggi dissente da Napolitano - scrive Pirani, restando serio - commette "deplorevoli e disgustose manifestazioni di spirito anti repubblicano e di disprezzo istituzionale", "insulto assassino", "compiaciute miasmatiche pulsioni estremiste di destra e di sinistra", "intingolo pseudo-liberal sullo stampo del Tea Party americano". Ed eccolo, l'insulto assassino tratto dal mio commento al Supermonito di Capodanno: "Molta tristezza (per) l'ottavo monito del Presidente Monarca. Triste il tentativo di recuperare uno straccio di rapporto con la gente comune...".

Parole gravi, sanguinolente, da Grand Guignol, che hanno fatto imbizzarrire il Pirani: "Una smodatezza e una continuità di attacchi al Capo dello Stato in cui si ravvisa un voluto attacco alla Costituzione" (quindi la Costituzione non è minacciata da Napolitano che abusa dei suoi poteri, lavora allo scassinamento dell'art. 138 e allo scardinamento dell'intera seconda parte, anziché rispettare la Carta del 1948 su cui ha giurato due volte: i nemici della Costituzione siamo noi che la difendiamo così com'è).

"Frasi che potrebbero essere perseguite penalmente, ma che Giorgio Napolitano si è abituato a lasciar passare". Bontà sua. "Il punto è che forse per procedere sarebbe necessaria la richiesta del ministro della Giustizia, che non viene quasi mai fatta per la reticenza del Presidente".

Com'è umano, lui. Insomma, Sua Maestà è magnanimo, al punto che qualche mese fa ipotizzò addirittura l'abrogazione del reato di vilipendio. Ma il popolo reclama punizioni esemplari. Prima o poi bisognerà che qualcuno provveda. E non si sa fino a quando la clemenza di Sua Altezza potrà resistere alla folla assetata di sangue che preme al portone del Quirinale.

Che aspettano dunque - sembra domandare impaziente il liberale Pirani - Napolitano e la sottostante Cancellieri (sempreché non sia al telefono con Ligresti) ad autorizzare l'incriminazione e magari la chiusura del Fatto per vilipendio? Il nostro - aggiunge l'equilibrato Pirani - è un quotidiano "ispirato da giornalisti che vantano curricula prestigiosi che sembrano smarriti, alla ricerca oggi di un estremismo di riferimento che in gioventù li repelleva".

E che faceva in gioventù Mario Pirani? Nel 1945, prima di diventare dirigente dell'Eni, era un funzionario togliattiano del Pci e fu inviato alla federazione di Napoli, dove andò ad abitare a casa di Giorgio Napolitano. Membro della Commissione stampa e propaganda del partito, veniva ogni tanto inviato in missione nei paradisi staliniani dell'Est.

Poi nel 2010 Pirani scrisse un'autobiografia, Poteva andare peggio, pubblicata ovviamente dalla berlusconiana Mondadori, in cui molto si scusò per non averci capito niente: "Non capivamo che stavamo diventando succubi di un nuovo credo globale, di una fede per noi inedita che, ingabbiandoci in uno schema di pensiero geometricamente razionale, ci toglieva la percezione di una realtà assai più duttile, imprevedibile, contraddittoria".

Un "contrordine compagni" che ricorda quello di Napolitano, passato nel breve volgere di 50 anni dall'esaltazione dell'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 al mea culpa del 2006. Non sono cattivi, Mario & Giorgio: hanno solo i riflessi un po' lenti. Perciò auguriamo a entrambi una lunghissima vita: chissà, magari nel 2064 riconosceranno che nel 2014 avevano di nuovo sbagliato tutto.

 

 

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