PURPLE REIGN! IL REGNO DI PRINCE RACCONTATO (MALE) DALLO SCRITTORE MICK WALL - IL RAPPORTO CON LE ARTISTE CHE HA PRODOTTO, DA VANITY A SHEILA E - LA DIFFIDENZA VERSO MICHAEL JACKSON E SINEAD O' CONNOR - IL SUCCESSO PLANETARIO CON "PURPLE RAIN" E IL RIFIUTO DI PARTECIPARE A "LIVE AID" E "WE ARE THE WORLD"
Michele Monina per “Libero Quotidiano”
Il 21 aprile 2016, davanti a un ascensore dei Pasley Park muore Prince, uno degli artisti più importanti della musica leggera contemporanea. Il mondo intero lo piange. Non tutti.
Neanche il tempo di archiviare le pratiche dell' autopsia, che confermano la voce dell' overdose di oppiacei, probabilmente dovuti a un dolore all' anca che lo martoriava da tempo, ed ecco che arriva in libreria la biografia di colui che la Sperling & Kupfer definisce il più famoso scrittore di musica rock inglese, con buona pace di Simon Reynolds o Nick Kent: Mick Wall. Lui non piange, scrive.
Nell' affrontarla ci ripetiamo come un mantra che se uno scrittore è riuscito a concentrare la vita e l' opera di Prince in 225 pagine deve essere è un genio. Sfogliando l' indice e vedendo che quello che indubbiamente è il capitolo dedicato alla sua morte si intitola Sometimes it Snows in April, come una delle sue canzoni più tristi e delicate, iniziamo a dubitare della genialità dell' autore.
Vedendo che il libro comincia con lo sbobinamento della telefonata con cui è stato avvisto il pronto intervento nel momento in cui il corpo esanime di Prince è stato trovato, abbiamo prova provata che di genio, evidentemente, in queste pagine non ne troveremo molto.
Ci sbagliamo, perché di genio non ne troviamo affatto. Nonostante la quarta di copertina reciti: «Leggenda della Musica. Uno degli artisti più misteriosi e amati i tutti i tempi. Ora Prince non avrà più segreti», a libro finito possiamo affermare che di segreti, ringraziando Iddio, Prince se n' è portati parecchi nella tomba, forse tutti.
Il libro in questione, infatti, è una sorta di versione retorica della pagina Wikipedia dedicata al genio di Minneapolis. Con circa 180 pagine dedicate ai primi quindici anni della sua carriera, e i rimanenti quattro lustri concentrati in una ventina di pagine frettolose.
Quindi quel che è noto è raccontato nei dettagli, dal rapporto con le tante artiste che ha prodotto, da Vanity a Sheila E, alla diffidenza reciproca che lo legava ai colleghi, Michael Jackson e Sinead O' Connor su tutti. Dal successo planetario di Purple Rain al rifiuto di prendere parte a Live Aid e a We Are the World.
Una sola riga dedicata alla sorprendente ammirazione per Ronald Reagan e decine di pagine dedicate ai dischi degli anni 80, da Around the World in a Day, strano mix di pop, soul e psichedelia arrivato a soli dieci mesi da Purple Rain, influenza per gli imminenti esordi di Terence Trent D' Arby e Lenny Kravitz, al flop del film Under a Cherry Moon e anche un po' dell' album Parade, sostenuto dal classico Kiss, in cui Prince gioca a rovesciare il prototipo del funky come genere macho, esibendo il falsetto di fronte a una maschilissima Wendy Melvoin (tranquilli, tutto questo nel libro non c' è scritto).
E poi il successo mondiale di Sign o' the Times, doppio album incoronato come il più bello di tutti i tempi in ambito pop, quello di LoveSexy, con lui nudo in copertina, e altri flop, come il film Graffiti Bridge.
Quando finalmente arriverebbe la ciccia, con la rottura con la Warner, il periodo in cui diventa The Artist, quello delle autoproduzioni, dei due matrimoni, con Mayte e con Mani, del ritrovato successo, dell' odio e amore per la rete, tutto viene detto di corsa, senza dettagli, senza entusiasmo, male. Si corre fino al 21 aprile, il finale è già scritto. Prince, fortunatamente, è morto e non potrà leggere questa biografia. Se potete evitatelo anche voi, fatelo in sua memoria.