TRENTACINQUE ANNI SENZA SAPERE DI COSA E’ MORTO ELVIS: MORI’ IL 16 AGOSTO 1977, I RISULTATI DELL’AUTOPSIA SARANNO RESI PUBBLICI NEL 2027 - DALL’ITALIA ARRIVA UN SUPERVOLUME SUI 1827 CONCERTI DI PRESLEY, RIBELLE SENZA CAUSA, ROCKSTAR SENZA AVER SCRITTO UNA NOTA O UN VERSO, COWBOY SENZA CAVALLO, MORTO OBESO E IMBOTTITO DI PSICOFARMACI MA JOHN LENNON HA DETTO TUTTO: “IL ROCK’N’ROLL NON ESISTEVA PRIMA DI ELVIS”…

Bruno Ruffilli per La Stampa

Un'opera così monumentale su Elvis Presley non era mai stata fatta. Elvis in Concert raccoglie e ordina tutti i 1827 concerti di Presley dagli esordi all'ultimo atto, quel 26 giugno 1977 a Indianapolis che chiude la sua carriera terrena. Non c'è che la passione a giustificare un libro così (Stampa Alternativa, 800 pp, euro 38), una passione come quella dell'autore Sebastiano Cecere, che alla smania catalogatoria del fan aggiunge la precisione del matematico, dando vita a un progetto unico al mondo per mole e complessità. Il tutto mentre migliaia di persone sono attese domani a Graceland, la tenuta dove visse ed è sepolto Elvis Presley, in occasione dei 35 anni dalla sua morte (il 16 agosto del 1977).

Non c'è un solo Elvis, ma tanti Elvis. Andy Warhol lo aveva disegnato su uno sfondo d'argento, in rosso e nero, in colori fluorescenti. Ripetuto, due, tre, dieci volte. C'è l'idolo delle ragazzine, il modello dei ragazzi, il tranquillizzante giovanotto di provincia, il divo televisivo trasmetto in mondovisione. C'è il quarantaduenne sovrappeso svenuto nel bagno nella sua casa di Memphis tra rubinetti dorati e specchi. E ancora mille altri, costruiti dall'industria musicale, inventati dai fan, evocati dai professionisti del gossip.

Elvis non compone una sola canzone, non inventa un modo di ballare, perfino il suo abuso di brillantina i capelli non è originale, come sottolineano i detrattori. Quelli che verranno dopo, da Bob Dylan agli U2, da Michael Jackson ad Amy Winehouse, saranno ricordati per i brani che hanno scritto. Elvis no. É un interprete: le parole che canta non sono sue, la musica nemmeno.

«Il rock'n'roll - dirà poi John Lennon - non esisteva prima di Elvis»: è lui a farne uno stile di vita, un modo di esprimersi e di essere. Non parla in nome di una classe di età o di un gruppo sociale, e però riesce a dar voce a una generazione di giovani ribelli, meno disperati di James Dean, meno problematici di Marlon Brando. La sua musica è trasversale, tanto che i primi dischi con la Sun Records alternano sulle due facciate un brano country o bluegrass, per i bianchi, e uno blues, per i neri: una rivoluzione, in una nazione dove il razzismo è la regola.

E anche una grande opportunità economica per l'industria del disco. Ed Elvis lo sa (o meglio, lo sa il Colonello Parker, suo manager). Così, dopo il servizio militare si ripresenta al pubblico profondamente cambiato: non più come modello di una generazione di giovani, ma come un'icona globale, un fenomeno pop a tutto tondo. È il cowboy buono, il difensore della tradizione, l'eroe di mille filmetti dalle coreografie ingenue e dalle trame inesistenti. Nel 1968, col Comeback Special torna alla musica: il Re del rock'n'roll, fasciato di pelle nera, usa il suo fascino, è un'arma infallibile al servizio del marketing. Ha i capelli più lunghi, la voce più matura. I suoi dischi tornano in classifica, vince tre Grammy per le sue interpretazioni di gospel tradizionali e il concerto Aloha from Hawaii viene seguito in tv da oltre un miliardo e mezzo di spettatori.

Non gli basta: Elvis è insoddisfatto, assume sempre più psicofarmaci. Alle 13 del 16 agosto 1977 si sveglia a fatica, quindi si chiude in bagno a leggere un libro sulla Sacra Sindone. Qualche ora dopo, dal Baptist Memorial Hospital arriva la notizia che il Re del rock è morto. La causa ufficiale è un'insufficienza cardiaca, ma la fine di Elvis rimane avvolta in un alone di mistero, che forse sarà svelato solo quando saranno resi pubblici i risultati dell'autopsia, nel 2027.

 

 

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