FRANCESCO NUTI L’HA SFANGATA: È MUTO, IL VOLTO DISTRUTTO MA E’ “RISORTO” E HA PRONTE DUE SCENEGGIATURE – IL SILENZIO DEI COLLEGHI: ‘‘CHI SI VERGOGNA DI ME SI VERGOGNI DI SÉ”
Marco Bernardini per il Corriere della Sera
Francesco, la rivedremo in pubblico al Mandela Forum, a Firenze, per un'iniziativa altamente meritevole. Cosa l'ha spinta ad accettare l'invito delle famiglie di Trisomia, che supporta e assiste i ragazzi down?
«Beh, mica sono di coccio, anzi mica sono di legno come un certo burattino».
La sua situazione è molto simile a quelle, vissute a suo tempo e seppure per cause differenti, da Ambrogio Fogar e dal calciatore Borgonovo. Anche loro seppero, come lei, rivedere il loro status di uomini famosi per lanciare messaggi importanti alla società nelle vesti di persone normali. Cosa si prova?
«Ora sono tranquillo, non so se la mia situazione è simile a quella di Fogar o Borgonovo. Sono vissuto per almeno 10 anni con la febbre a quaranta, ora la febbre è passata. Ai giovani dico: âânon bevetevi il cervello''».
Analizzato, oggi, dal suo punto di osservazione che significato e quale valore possiede il pianeta del successo?
«Eh eh, il successo è successo...l'ho sempre detto».
Un genio e un artista rimangono tali anche se privati di alcune funzioni fondamentali per il vivere quotidiano. Lei, per esempio, continua a produrre come e forse meglio di un tempo. Due sceneggiature pronte. Di cosa trattano?
«Non te lo dico...ti toccherà andare al cinema per saperlo. Anzi ti dico che parlano d'amore, la prima sceneggiatura d'amore per una donna che si chiama Olga, la seconda per un bambino».
Inizialmente, da parte del suo ambiente professionale, una catena solidale eccellente. Poi, un poco alla volta, pensieri distratti sino ad arrivare ad un inquietante silenzio. Cosa è accaduto e lei si ribella?
«Ti rispondo con una frase che ho scritto nella mia biografia: ââchi si vergogna di me si vergogni di sé''».
Esisteranno, comunque e oltre ai famigliari, personaggi e persone che continuano a starle vicino. Ce ne può parlare?
«Certo, ci sono i vecchi amici di Narnali e tutto il mio pubblico, che ancora mi segue e spera con me».
La musica fa parte della sua anima. Anche in questo senso sta forse lavorando a qualche cosa di nuovo insieme con suo fratello Giovanni?
«Di recente abbiamo scritto una canzone, Olga tu mi fai morir, Giovanni ha scritto la musica, io il testo. Abbiamo provato a mandarla anche a Sanremo, non è stata presa, ma il mio pubblico l'ha apprezzata molto, e un giovane regista l'ha inserita in un corto che sta andando alla grande, si chiama Valerio Groppa».
Quali sono i suoi passatempi attuali oggi tra una fisioterapia e l'altra: letture, televisione, quant'altro...
«Disegno molto e amo ancora il biliardo, appena posso vado al Circolo di Narnali e mi tuffo in quel panno verde, butto le palle con la mano sinistra e loro mi ringraziano con un ââtoc''».
La nostra società e il nostro Paese stanno attraversando un momento certamente non facile e per certi versi insopportabile. Lei che idea si è fatto di questa «nuova» Italia?
«Che ci vogliono le idee per fare le cose, come nel cinema. Non basta la cartabollata».
Nel suo ultimo film da regista lei era un padre alle prese con una figlia che cade nella trappola della delinquenza minorile. Negli Usa è appena uscito un film che racconta di giovani bene che vanno a saccheggiare le ville dei vip. Una sorta di preveggenza, la sua?
«Di recente un amico mi ha detto che ero avanti di 10 anni, ma io non lo sapevo, ho sempre raccontato i miei sogni, stop, la fantasia è tutto per me».
Come tutti ci auguriamo, se i suoi lavori attuali dovessero trovare un produttore lei avrebbe la forza di dirigere in prima persona e chi chiamerebbe a darle una mano?
«Ho 57 anni, un po' acciaccato e non parlo, ma capisco e vedo tutto, posso dire tutto con il mio comunicatore. Ho bisogno di gioventù intorno a me, ma anche la mia vecchia squadra sarebbe chiamata in prima linea».
La sua bellissima figlia, Ginevra, mostra forse qualche vocazione per il cinema o per la recitazione?
«Studia. Ha bisogno di studiare e di avere amicizie sincere, il resto viene dopo».
Rivede, talvolta, i suoi film in televisione?
«Sì, ma li conosco a memoria».
Esiste un film da lei realizzato che non girerebbe più?
«Nessuno. Sono tutti figli dello stesso padre».
Che idea si è fatto di Papa Francesco?
«Che ha un bel nome».
Per un uomo frenetico e attivo come lei, cosa suggeriscono magari anche di spirituale (non religioso, sia chiaro) le giornate che trascorrono lente?
«Prima di mangiare faccio sempre il segno della croce, quello che mangio mica l'ho inventato io».
Sinceramente ha mai pensato di mettere fine ad un'esistenza così difficile facendo ricorso, come tanti decidono, al dolce addio delle cliniche svizzere e olandesi?
«Ora sono guarito, non so se ci siamo intesi».
Lei che, tra le tante cose è anche un fine ed elegante umorista, ha trovato forse una chiave per sdrammatizzare nei limiti del ragionevole la sua situazione?
«Quale situazione?».
Qual è il suo attuale e vero concetto di amore capace di soffocare la legittima rabbia contro il destino? E non mi riferisco alle donne...
«L'amore è come Olga, se non ti fa morire è solo una parola, anzi un tradimento».
Infine che cosa comunicherà alla platea del Mandela Forum?
«La mia emozione».
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