VE LO RICORDATE? - ERA FISSO AL “COSTANZO SHOW” E FACEVA RIDERE CON BRANI COME “MI RICORDO LASAGNE VERDI” E “COSA RESTERÀ DI QUESTA AUDI 80?” - "ALTRO CHE BERLUSCONI, IO E BISIO LA FAMOSA BARZELLETTA DEL “BUNGA BUNGA” LA RACCONTAVAMO 25 ANNI FA! LA VERSIONE ORIGINALE DICEVA,,," – IL TOUR CON IL SUO SHOW CHE "NON E’ TEATRO CANZONE, NON È UN CONCERTO E NEPPURE CABARET, È TUTTE QUESTE COSE INSIEME” – DI CHI SI TRATTA? - VIDEO
«Questo non è uno spettacolo di Teatro canzone, non è un concerto e neppure cabaret, è tutte queste cose insieme». Il nuovo Nosei 2.0, cui la critica riconosce curiosità plurime, febbre della sperimentazione e attrazione per mondi striati di tenerezza, ma non solo, levigati più che emozionalmente forti, mantiene intatta l’ironia leggera che ne ha sempre accompagnato la comicità in musica. Format che trasmette in un piccolo trattato semiserio sulla delicatezza, con canzoni scelte tra i più grandi successi della musica pop suonati e cantati alla maniera di James Taylor, il massimo cantore, appunto, del lato delicato delle cose. È lo spettacolo ospitato venerdì dalle 21.45 dalla Cantina Bentivoglio, in cui il menestrello spezzino adottato da Bologna sarà accompagnato da Andrea Maddalone, entrambi chitarra e voce. Uno show battezzato “Lovin’James”, come il disco omonimo, che esplora l’inedito: un diverso stile, un altro punto di vista e il senso delle canzoni assume significati sorprendenti. E’ quel che accade per la versione taylorizzata di “Barbie girl” che da canzoncina di plastica si trasforma in struggente ballad sull’amore imperituro tra Barbie e Ken. «Continuerò a raccontare come si concilia questo mio amore per Taylor - racconta Nosei - con quello che ho sempre cantato, da Battisti a De Gregori».
2. NOSEI
Stefano Nosei, ma sta fischiettando “Tutto l’amore che ho”, l’ultimo di Jovanotti! Mica avrà già cambiato il testo?
«Appena scritto».
Argomento?
«Di grande attualità. Grandissima attualità. L’ho cantato l’altra sera ed è stato un successo».
Ops, mica c’entrerà con la politica? Con Berlusconi? Perché ride?
«Indovini...».
Non ci tolga la sorpresa, poi approfondiamo e vogliamo le parole! Intanto una curiosità: Nosei, ora che la si vede meno di un tempo in tv, che fa?
«Lavoro, ho un sacco di impegni e progetti. Sto portando in giro uno spettacolo che si chiama “Canzoni in corso” e sto preparando un recital sulla storia della canzone comica italiana dal ’30 al ’70: “Comicanti” con Flavio Oreglio e Giangilberto Monti. Poi ho pronta un’esibizione per club: “Roots”, riscoperta delle origini musicali dell’adolescenza».
Teatro, piazze, bar. Stefano, facile immaginare la prima domanda che le fa la gente...
«Già: “Perché non sei più in tv?”».
Che risponde?
«Che eravate abituati a vedermi al “Costanzo Show”, la trasmissione più importante d’Italia. Ma ora non c’è più. Tre anni fa sono tornato a “Zelig”, se andassi a trovare Gino e Michele e proponessi qualcosa so che sarebbero disposti ad ascoltarmi, visto il rapporto che abbiamo e quello che c’è in giro... Lo dico senza arroganza».
Perché non lo fa?
«Sono pigro, indolente. E tornare in video mi darebbe ansia. Perché dovrei sgomitare con 30, 40 comici nuovi? Non ne vale la pena».
Domanda inevitabile: ha detto “con quello che c’è in giro”. Cosa c’è in giro?
«Poco o niente. Il cabaret va a cicli e in questo momento non esiste ricambio. Vorrei trovare uno di 25 anni capace di farmi ridere raccontando la realtà, ma non esiste. Checco Zalone ha fatto il boom, ma ha 34 anni».
Ha iniziato cambiando i testi delle canzoni. Era un nuovo Nosei...
«Bravissimo, ottimo musicista, grandi idee. Si è specializzato con il personaggio tamarro che parla di gnocca. Vincente».
Nello stesso genere, ora, stanno facendo successo gli “Oblivion”. Le piacciono?
«In teatro sì, in tv vengono fuori meno».
A proposito di teatro, belle quelle locandine laggiù.
«Questa è la sede della mia agenzia, la “Sosia&Pistoia”, che mi rappresenta da 15 anni. Sono capitato qui a Bologna per caso, dovevo fare uno spettacolo con i “Gemelli Ruggeri”. Ho preso un appartamento pensando di starci qualche mese e ci vivo ancora».
Sposato?
«Single».
Perché quello sguardo? È un argomento tabù?
«L’unico argomento tabù di questi tempi è Sara Tommasi».
Urca. Allora parliamone. La conosce?
«Mai avuto rapporti diretti. Ma non sono stupito di quanto letto nelle intercettazioni. Assolutamente. Tizia strana».
Torniamo a lei. Ha figli?
«No. E non mi mancano: in natura l’uomo non ha l’istinto materno».
Stefano, ora facciamo un salto indietro. Al piccolo Nosei.
«Nasco a La Spezia il 22 gennaio 1956, papà Adriano impiegato statale, mamma Bruna casalinga».
Subito attratto dal mondo dello spettacolo?
«A tre anni mi mettono in piedi sul tavolo e canto Modugno».
Scuole?
«Liceo scientifico e intanto gioco a basket, play-maker a livello agonistico fino alla serie D».
Quando inizia a cantare?
«A 14 anni la famiglia si trasferisce a Firenze, perché papà sta male, ha una trombosi e vuole cambiare ambiente. In quel periodo, per hobby, gestisce un locale a Marina di Carrara e lì incontro e ascolto i primi artisti famosi. E inizio a suonare la chitarra da autodidatta».
Subito musica demenziale?
«Nooo, serissima. Capelli lunghi, barba, canto De Gregori e i Beatles. E cucco con le ragazze».
Quando il ritorno a La Spezia?
«Dopo sei anni. Conosco Dario Vergassola e diventiamo subito amici. Pazzi tutti e due, ci si diverte ogni notte».
Impossibile dimenticare quella volta che...?
«Festival del Cinema di La Spezia, abbiamo 23 anni. Alla rassegna arriva Benigni, ai tempi sconosciuto. Si esibisce in “Cioni Mario”, fantastico. La notte successiva io e Dario giriamo per la città e alle 3 di mattino entriamo in un bar malfamato, prostitute, tossici e marinai. All’angolo, a giocare a flipper, c’è Benigni. Tutto solo. Ci vede, lo salutiamo. Ride: “Ciao! Mi chiamano “when light”. E indica la scritta lampeggiante».
Quando vi avvicinate alla canzone demenziale?
«Ci arriva l’eco di questo genere strano, ascoltiamo gli “Skiantos” e ridiamo con “Alto Gradimento”. Decidiamo di mettere su un gruppo nostro: “I cannoni di Navarone”. La differenza però, per me, la fa la tv privata».
In che senso?
«Non invento niente, ma ho l’intuizione giusta. Metto insieme canzoni d’autore e slogan delle prime pubblicità, cambiando testi e parole. Il gioco è fatto. Il mio primo spettacolo è un mix di brani seri, spot tipo “Barilla” o “Amaro Averna” e qualche canzone modificata. Un successo».
E la notano quelli che organizzano il cabaret a Milano.
«Succede durante una serata a La Spezia, nel 1986. E mi ritrovo al “Derby”, 50 mila lire a serata».
Dopo un anno e mezzo approda allo “Zelig”.
«Gruppo fantastico, una grande famiglia, senso di appartenenza. Divento amico di “Elio e le storie tese”, passo le serate a giocare a biliardino con “Aldo Giovanni e Giacomo”, ci sono il Mago Forrest, Paolo Rossi, Bergonzoni, Albanese che ci lascia a bocca aperta quando fa Epifanio. E che ridere la gara di barzellette con Bisio. Eravamo già avanti nel tempo...».
Perché?
«Altro che Berlusconi, noi la famosa barzelletta del “Bunga Bunga” la raccontavamo 25 anni fa! E in realtà la versione originale diceva “Bumba Bumba”».
Meraviglioso. A proposito, forse è il momento di svelare l’ultima composizione sulle note di “Tutto l’amore che ho” di Jovanotti. Ce l’aveva promesso all’inizio...
«“Considerando che l’amore non ha prezzo / sono disposto a tutto per averne un po’ / però ogni tanto mi accontento di un amplesso / anche se c’ho un rapporto stabile da un po’!”».
Divertente. E la seconda parte cantata con la vocina di Silvio è da sballo. Nosei, torniamo a lei.
«Nel 1987 c’è la mia prima sliding doors. Arbore, che ha appena finito “Quelli della notte”, mi vede e rimane colpito, mi vuole per un nuovo programma e firmo un pre contratto. All’ultimo momento, però, Renzo cambia idea e decide di fare “Indietro tutta” senza comici».
E allora lei, su Raiuno, fa “Carnevale” (1988) con Edwige Fenech. Poi “Club 92” con Proietti e “La Piscina” con Alba Parietti.
«Mi trasferisco a Roma e vivo a contatto con attori e personaggi del mondo dello spettacolo. Ogni sera una cena a casa di qualcuno, feste, cultura, spettacolo».
La serata impossibile da dimenticare?
«Saint Vincent, premio per la satira. A metà nottata ci troviamo nella hall del Grand Hotel Billia. Siamo io, la Gialappa’s Band, Bisio, la Dandini, Corrado Guzzanti. Chitarra, si suona, si canta e si ride. C’è anche Guccini e cerchiamo di convincerlo a farci “La locomotiva”, ma non vuole. Insistiamo. Finalmente canta e quando finisce, come in un film di Fantozzi, siamo tutti di fronte a lui con il pugno chiuso. “Stvonzi, io non canto così”».
Poi?
«Alle 4 di mattina, dal corridoio del Casinò, spunta un’ombra, è un tizio con gli occhiali e il passo stanco. Ci blocchiamo, non si capisce chi sia».
Chi è?
«Jannacci! Senza dire niente, gli diamo in mano la chitarra e attacca con “Vincenzina davanti alla fabbricaaaa...”. Lacrimoni. E tutti a letto. Questi sono momenti di felicità allo stato puro, capisce? Cosa me ne frega di tornare in tv?».
Prima parlava di sliding doors. Quando la seconda?
«Nel ’95 mi chiama la produzione di Proietti. Dicono che Gigi vuole fare qualcosa in tv e mi vorrebbe nel ruolo di suo assistente. Sono costretto a rifiutare perché ho appena firmato un contratto per una tournée. Sfiga incredibile: la serie che parte è quella de “Il maresciallo Rocca”».
Perde l’occasione con Proietti, ma dal ’92 al ’96 diventa un protagonista assoluto del Maurizio Costanzo Show.
«In tutto parteciperò a qualcosa come 300 puntate».
Gratis?
«Noi comici avevamo un gettone: il primo compenso è stato di 700 mila lire nette».
Costanzo impazziva per una sua canzone in particolare: “Mi ricordo lasagne verdi”.
«Nei camerini si avvicinava: “A’ Mauri’, che facciamo oggi?”. Io spiegavo i brani in programma , lui ascoltava e poi sorrideva: “Sì, però me devi fa’ anche Lasagne Verdi”»
Nosei, ricordiamo qualche testo storico. Quello sulle note di “Hanno ucciso l’uomo ragno” degli 883, per esempio.
«Hanno ucciso Tito Stagno / chi sia stato non si sa / c’è chi dice Galeazzi / chi sospetta di Minà / Hanno ucciso Tito Stagno / neanche Agroppi sa il perché / forse è stato Aldo Biscardi / a dargli l’ultimo caffè».
Oppure “Teorema” di Ferradini.
«Prendi una donna prendila a ore/ meglio se è di colore/ la tieni un mese/ poi la saluti e non le dai i contributi».
L’ultima. “La sigla di Heidi”.
«Aido, ti sorridono gli organi / Aido, i miei occhi ti fanno ciao / Aido, è un trapianto fantastico / Aido, Aido, io dono tutto a te».
Spettacolari. Nosei, ultime domande veloci. 1) Il comico più bravo di sempre?
«Benigni».
2) Tra le donne?
«Paola Cortellesi».
3) Rapporto con la religione?
«Poca roba».
4) Paura della morte?
«No, ho paura della morte degli altri».
5) Rapporto con il sesso?
«Con me stesso da Dio».
Ultimissima. Ha ancora un sogno?
«Continuare a lavorare come mi piace».