CHE CI FA UN ‘ALBERTO SORDI’ DA FAZIO? – VEDERE BONOLIS NEL SALOTTINO DEI RADICAL-MUFFI CONFERMA L’ESISTENZA DI DUE ITALIE DISTINTE E DISTANTI

Fulvio Abbate per il "Fatto quotidiano"

Scovare insieme, nel perimetro della stessa inquadratura, Fabio Fazio e Paolo Bonolis suggerisce subito l'idea-regalo dello scontro di civiltà. Non a caso, la prima domanda che ti esplode dentro come un mortaretto di Pozzuoli fa esattamente così: Bonolis lì? Dai, l'avranno invitato per pura gentilezza aziendale, un summit tra ambasciatori, diplomazia del ping-pong tra Rai e Mediaset, affari loro imperscrutabili, però non si fa!

La seconda impressione inquadra invece, come lampo mefistofelico, il viso da Dottor Caligari di Bonolis che, sebbene appaia in abiti da concessionario di fuoristrada del quartiere Prati di Roma, si appresta ad abbattere l'ospite con l'acido muriatico del cinismo, con la semplice forza dello sguardo appresa frequentando il mondo di Alberto Sordi, il suo spirito guida.

Non per nulla, Fazio appare fin dall'inizio sulla difensiva, per tattica o magari per reale senso di inadeguatezza attoriale, o piuttosto perché, prima o poi, dovrà appunto rendere conto della scelta al suo pubblico esigente e misurato: cavolo!, Fabio, ma come vi è venuto in mente di portare qui uno come Bonolis che infatti fin dall'inizio ha preso in giro le nostre letture, i nostri centrini, le nostre tisane?

Morale: un conto è nuotare nell'acquario protetto del mondo "Smemoranda", tra le note garbate di Michele Serra, il clientelismo dal volto umano e dunque la P2 culturale veltroniana che ignora cosa sia un'improvvisa scoreggia liberatoria, ben altro trovarsi in un locale pubblico che antropologicamente parlando mostra la stessa umana cinica disinvoltura intuibile nelle ore di punta al Bar "Vanni", pochi passi dalla sede Rai di viale Mazzini. Mozzarella in carrozza Vs. tartina al farro. Capalbio in luogo di Ladispoli. Metti poi che Bonolis, buon per lui, non conosce rossori, e per Fazio è così morte sicura.

Ovviamente la percezione del corpo estraneo rappresentato dall'ex conduttore del ripugnante "Ciao Darwin" resta lì intatta, ed è questo un bene, perché in tv non c'è niente di più doveroso del rapporto tra dissimili, ma vallo a spiegare a Fazio e al suo spettatore-tipo, lo stesso che da tempo ha in Berlinguer il Padre Pio della propria sinistra sentimentale, costui persisterà nell'interrogativo già citato: ma questo Bonolis che ci fa in casa nostra?

L'incontro al vertice tra Bonolis e Fazio, nello studio di "Che tempo che fa", su Rai3, ha confermato l'esistenza di due Italie distinte, non proprio quelle di cui parlava PPP, ossia "un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese umanista in un Paese consumista".

No, si è evidenziata semmai la paura del mare aperto dell'ironia senza se e senza - la stessa che certa sinistra coltiva come un dovere - un atto di fede ed eleganza. Alla fine, come in certi giochi da ammazzacaffè dell'umanità, resta una domanda sola: se ti dicessero che stanno davvero arrivando i barbari, quelli di Kavafis re-mixati da Baricco, tu con chi vorresti aspettarli davanti al Bar "Vanni", con Fabio o con Paolo?

 

 

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