LA VENEZIA DEI GIUSTI - QUESTO ATTESISSIMO "FREAKS OUT", DIRETTO DA GABRIELE MAINETTI, È ESATTAMENTE QUELLO CHE IL PUBBLICO DI "JEEG ROBOT" SI ASPETTAVA. VI ERA PIACIUTO UN SUPER-EROE ROMANO COATTO CHE NON SA BENE COSA FARE DEI SUOI SUPER-POTERI? STAVOLTA VE NE DIAMO BEN QUATTRO. FILMONE, ANZI FIRMONE. VE LO DICO SUBITO. COME IN ITALIA È RARO FARLI E VEDERLI. MAGARI NON SEMPRE AL MASSIMO, MAGARI NON SEMPRE ORIGINALE, MA UN VERO E PROPRIO SPETTACOLO CHE NON TI STANCHI DI VEDERE… VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Filmone, anzi firmone. Ve lo dico subito. Come in Italia è raro farli e vederli. Uno spettacolo, magari non sempre al massimo, magari non sempre originale, ma un vero e proprio spettacolo che non ti stanchi di vedere. Come fosse un film di Guillermo Del Toro o di Alex De La Iglesia, come fosse insomma un grande film internazionale strambo e ricco con effetti speciali e effetti visivi finalmente riusciti e un po' di picaresco monicelliano.
Che punta però molto in alto, con coraggio e faccia tosta, come da tempo ci siamo augurati tutti di fare, senza i borghesi di Prati alla Moretti o i poveri tristi che fanno cazzate e piacciono così tanto ai rampolli emergenti del cinema italiano. Ma soprattutto questo attesissimo “Freaks Out”, diretto da Gabriele Mainetti, che lo ha scritto assieme a Nicola Guaglianone, uscito a distanza di sei anni dal loro riuscito e amatissimo dal pubblico più giovane “Lo chiamavano Jeeg Robot”, un film che, è bene ricordare, venne rifiutato da tutte, ma proprio tutte le rassegne veneziane barberiane e sub-barberiane e venne raccolto dalla Festa di Roma da Antonio Monda, è esattamente quello che il pubblico di Jeeg Robot si aspettava. Il pubblico non va deluso.
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E’ la prima regola. Vi era piaciuto un super-eroe romano coatto che non sa bene cosa fare dei suoi super-poteri? Stavolta ve ne diamo ben quattro e tutti romani, un uomo-lupo forzuto, il Fulvio di Claudio Santamaria ricoperto di peli, una ragazza elettrica, la Matilde di Aurora Giovinazzo, vera scoperta del film, un uomo-calamita, il piccolo Mario di Giancarlo Martini, che ha problemi seri nel contenere le sue erezioni, un albino capace di spostare insetti su insetti, il Cencio di Pietro Castellitto, ormai una star dopo il Totti seriale, anche qui con le battute a raffiche che i ragazzi adoreranno.
Li mettiamo prima in un piccolo circo, al seguito di un direttore ebreo, Israel, interpretato da un ispirato e umanissimo Giorgio Tirabassi, e poi nel pieno della guerra, in una Roma piena di nazisti, la scena della deportazione degli ebrei dal Ghetto di Roma è girata benissimo e super-realistica. Poi li spostiamo in fuga tra i partigiani spiritati, chi senza un braccio, chi senza una gamba, chi senza un occhio, comandati da una strana versione rivista del Gobbo del Quarticciolo, interpretato con una vena di follia da Max Mazzotta. Come se Mainetti e Guaglianone stessero giocando con citazioni anche irriverenti, alla Risi-Monicelli diciamo, di due celebri film di Carlo Lizzani legati alla Roma dei tempi di guerra, “L’oro di Roma” e “Il gobbo”, dove oltre al gobbo di Gerard Blain si univa un Pier Paolo Pasolini partigiano con il braccio di ferro. Insomma.
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Prima facciamo esplodere il circo sotto le bombe, poi separiamo i quattro freaks protagonisti dal loro direttore, Israel, che cerca di raggiungere Roma per comprare biglietti per l’America dai suoi amici Spizzichino non nascondendo affatto il suo essere ebreo. E infatti Israel non torna, così i quattro freaks decidono di cercarlo a Roma. Dove arriveranno i guai, perché, non solo si imbattono nei nazisti e nel gruppo dei partigiani del Gobbo, ma anche nella follia del Zirkus Berlin, baraccone tenuto da un nazista pazzo, Frank, Franz Rogowski (già visto in “Happy End” di Michael Haneke), pianista con sei dita per mano che viaggia nel futuro grazie all’etere, e infatti non suona i classici del passato, ma del futuro, come i Radiohead.
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Questo Frank, conoscendo il futuro, sa che Hitler farà una brutta fine, ma pensa di poter cambiare il corso della storia coi superpoteri dei quattro freaks nelle sue mani. Il resto ve lo vedete. Diciamo che Mainetti e Guaglianone non sempre si regolano, esattamente come in “Jeeg Robot” esagerano nel fumetto e nelle assurdità. Ma perché non lo dovrebbero fare? E’ il loro film, devono esagerare, devono arrivare alle battaglie più assurde. Ci crediamo? Boh? Non so. Ma so che va bene così, perché il film te lo bevi tutto senza problemi.
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E mi sembra forse meno poetico di Jeeg, manca un personaggio forte e nuovo come quello di Ilenia Pastorelli, manca la cattiveria da fumetto di Luca Marinelli jokerizzato, ma è molto più solido e ricco del precedente. E’ un grosso passo avanti nella produzione. E dimostra ancora una volta, come per Jeeg, che è meglio farsi le cose da soli fidandosi il minimo dei produttori. Mainetti rischia, come rischiò ai tempi di Jeeg. Lì vinse lui. E qui?
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