LA VENEZIA DEI GIUSTI - NON SI PUÒ FARE UN FESTIVAL SENZA UN FILM PUGLIESE: ''IL BENE MIO'' DI PIPPO MEZZAPESA HA UNA PARTE CENTRALE UN PO’ LENTA, MA HA DALLA SUA UN TEMA FORTE, ATTUALE E DIFFICILMENTE SUPERABILE NELL’ITALIA DI OGGI, MASSACRATA DA TERREMOTI E DAL “PRIMA GLI ITALIANI” LEGHISTA. PIÙ CHE UN FILM REALISTA È UNA SORTA DI FAVOLA MORALE
Marco Giusti per Dagospia
Il bene mio di Pippo Mezzapesa
Non si può fare un festival senza un film pugliese. Quest’anno tocca a Pippo Mezzapesa, che si presenta con la sua opera seconda, Il bene mio, scritto assieme a Antonella Gaeta e a Massimo De Angelis, titolo tratto da una bellissima canzone di Matteo Salvatore. Avevamo lasciato Mezzapesa, dopo il suo esordio con Il paese delle spose infelici, alla saga dei corti di Pinuccio Lovero, vero becchino pugliese.
Lo ritroviamo alle prese con una città fantasma distrutta in tutti i sensi dal terremoto. Proprio nella città pugliese fantasma di Provvidenza, che si chiama in realtà Apice e si trova nel beneventano, vive un unico, ultimo abitante, Elia, un bravissimo Sergio Rubini, che non si rassegna a dimenticare. Non dimentica il suo paese, con la sua piazza, il suo cinema dove davano spesso Balla coi lupi, non dimentica la sua donna, Maria, maestra elementare, e non dimentica i bambini che sono morti col crollo della scuola.
Come un personaggio di Richard Matheson alle prese con gli zombi, Elia cerca di mantenere viva la memoria dell’umanità e del paese. Ma lotta coi fantasmi. Non la pensano come lui Pasquale, Francesco De Vito, fratello di Maria e sindaco del paese, che lo vuole portare nella nuova Provvidenza, ricostruita dopo il terremoto per i sopravvissuti. Né l’amico del cuore Gesualdo, Dino Abbrescia, che cerca di convincerlo a riprendere la sua professione di tour operator in viaggio per l’Europa.
Né l’amica Rita, Teresa Saponangelo, maestra e collega di Maria, che porta da mangiare a Elia e vorrebbe unire le loro due solitudini. Niente da fare. Elia si ostina a rimanere a Provvidenza. E trova nel paese un fantasma, una ragazza in fuga, senza documenti, Noor, interpretata da Sonya Mellah, che deve andare in Francia, alla faccia di Salvini e di Macron.
“Sei illegale? Siamo tutti illegali” le dice Rubini secondo le regole di una umanità che sembra non contraddistinguerci più. La aiuterà, certo. Costruito sulla bella recitazione di Rubini e sui duetti con gli altri attori, soprattutto con Teresa Saponangelo, scoperta di Rubini ai tempi del suo notevole Tutto l’amore del mondo, il film di Mezzapesa ha una parte centrale un po’ lenta, ma ha dalla sua un tema forte, attuale e difficilmente superabile nell’Italia di oggi, massacrata da terremoti e dal “prima gli italiani” leghista. Più che un film realista è una sorta di favola morale. In sala dal 3 ottobre.