LA VENEZIA DEI GIUSTI - FRA I DELIRI BUDDISTI E LE FOTO DEL CANE MORTO CAPACE ANCHE DI SUONARE AL PIANOFORTE DI LAURIE ANDERSON, IL BELLISSIMO FILM DI CLAUDIO CALIGARI, "NON ESSERE CATTIVO", RISULTA TERZO PER MEDIA AL BOX OFFICE CON 10 MILA EURO DI INCASSO
Marco Giusti per Dagospia
Laurie Anderson nel suo "Heart of a Dog",
Venezia. Ci siamo. I critici internazionali sono partiti per Toronto e il festival ci appare praticamente svuotato. Speriamo nella chiamata alle armi dei fan di Vasco Rossi venerdi' sera per avere un po' di vitalita' (beh...). Ma all'Excelsior sembra novembre e si possono incontrare solo ex-presidenti come un Napolitano invecchiatissimo o giornalisti in vacanza come Natalia Aspesi. Altro che "Youth". In mezzo a loro Baratta sembra un ragazzino.
Laurie Anderson nel suo "Heart of a Dog",
Come ci si poteva aspettare "Sangue del mio sangue" di Marco Bellocchio e' stato accolto benissimo dalla stampa italiana, cinque palle Conchita De Gregorio, tre Paolo Mereghetti, "Variety" parla del regista come un maestro che "gioca con forma e contenuti con un'originalita' che fa sembrare i registi piu' giovani come se stessero a raccogliere trovate effimere". Solo la perfida Mancuso gli molla una palla.
Detto questo, ieri, il bellissimo film di Claudio Caligari, "Non essere cattivo", risulta dodicesimo al box office con 10 mila euro di incasso, il conto di una settimana all'Excelsior, extra esclusi. Comunque il film e' terzo per media a copia, visto che e' uscito in 30 sale. Ma i conti, alla fine, si fanno proprio in sala. E giovedi' esce pure Bellocchio.
Intanto qui si naviga tra cani morti, soggettive di cani vivi, Pixel neri. Boh! Laurie Anderson nel suo "Heart of a Dog", presentato oggi in concorso, si scatena con un'ora e mezzo di ricordi della sua cagnetta, Lolabell, capace anche di suonare al pianoforte, e di meditazione buddiste al ritmo del vecchio "Libro tibetano dei morti" (e' cosi'), prima di farci piangere sui titoli di coda con il pezzo del marito Lou Reed, "Turning Time Around", e la sua foto insieme alla cagnetta con le orecchie a sventola. Alle vecchie canare e gattare di Roma Nord piacera' moltissimo.
"11 minutes" Jerzy Skolimowski
Prima di arrivare alla canzone del marito scomparso, ci ha parecchio massacrato anche su qualsiasi idea di reincarnazione e di passioni canine per la sua rat-terrier. Qua a Venezia si reincarnera' solo il Baratta 1 nel Baratta 2, altri quattro anni di mandato da presidente.
Fra i deliri buddisti e le foto del cane morto, va detto che la storia che racconta la regista di Gordon Matta-Clarke e' grandiosa. E non sono male neanche i pensieri sull'11 settembre sparsi qua e la' per il film. Ma vedere a Venezia ben due film, che non sono documentari, con la voce narrante del regista ci sembra un po' troppo. Piu' riuscito, con una messa in scena di grande intelligenza, ma un filo inutile, "11 minutes" del maestro Jerzy Skolimowski.
"11 minutes" Jerzy Skolimowski
E' un puzzle complicatuccio su una serie di personaggi che si muovono attorno a una piazza di Varsavia (ricostruita a Cracovia) l'11 luglio del 2014 durante 11 minuti tra un minuto alle 5 e le 5 e 10. Come se non bastasse troviamo una camera d'albergo numero 1111, un autobus 1111, e cosi' via. Seguiamo le storie in maniera non temporale, cioe' si puo' tornare indietro e avanti nel tempo, a secondo di cosa vuole farci vedere il regista.
"11 minutes" Jerzy Skolimowski
Alla fine scopriremo che i personaggi sono in qualche modo legati da loro in modi diversi ma con un unico appuntamento finale che li coinvolgera'. C'e' l'attrice che va a fare un provino da un regista americano con il marito geloso che la insegue. C'e' uno spacciatore fuori di testa che deve fare una consegna. Un gruppo di suore, un venditore di hotdog uscito di galera, un vecchio pittore, un pulitore di finestre. Ma c'e' anche una troupe cinematografica.
"11 minutes" Jerzy Skolimowski
Skolimowski a 77 anni torna in patria per un film di gran classe che sviluppa ogni singola storia come un piccolo film e ruota attorno all'idea delle mille possibilita' di riprese che ha oggi il digitale. Nelle prime scene tutto sembra ripreso con telefonini, macchinette digitali. Sono loro che devono ricostruire una realta' che forse non e' proprio la realta'.
Potrebbe piacere molto a Alfonso Cuaron, ma alla fine di tutto non e' che questo impianto di gran cinema porti a qualche clamorosa scoperta. E domani, fra cani morti, ex presidenti, fan di cantanti defunti in attesa, arriva ai giardinetti pure Elisabetta Sgarbi con il suo "Il pesce rosso dov'e'?". Boh!? E' la fine.