VIOLA (ALESSIO) DA PRENDERE SUL SERIO – IL GIORNALISTA/CONDUTTORE DI ‘VENTI20’ SU ‘TV8’: “DALLA PANDEMIA E DA QUESTI 20 ANNI NON USCIREMO MIGLIORI, PER UN SEMPLICE MOTIVO. SI ESCE COME SI ENTRA. SE ENTRI PEGGIORE, ESCI PEGGIORE” – “SIAMO UN PAESE DI IMITATORI, ABBIAMO AVUTO L’OBAMA ITALIANO, IL MACRON ITALIANO, LA LE PEN ITALIANA. MA UN PRODOTTO ORIGINALE C’È…” – VIDEO
Gianmaria Tammaro per Dagospia
Alessio Viola – classe ’75, di Roma, giornalista di Sky TG24 – ha la citazione giusta per ogni cosa: passa da Flaiano a Berlusconi, e da Berlusconi a Piotta. Scherza, insinua, fotografa. Ogni venerdì sera, su Tv8, conduce “Venti20”. “All’inizio, con l’arrivo di questa pandemia, siamo rimasti un po’ interdetti”, racconta.
“Abbiamo posticipato la messa in onda, e abbiamo recuperato solo in un secondo momento le cose che dovevamo ancora girare. Abbiamo rinviato la festa dei primi vent’anni del 2000, e per adesso ci siamo limitati a raccontarli”.
Immagino che sia stato piuttosto difficile: ogni giorno c’è la nuova foto dell’anno, e ogni giorno si rilancia sul sensazionalismo.
“La visione collettiva di questi eventi, come li abbiamo vissuti, fanno sicuramente parte della nostra storia. E quello che c’è stato prima, paradossalmente, è meno visibile. Molte cose che sono successe, soprattutto negli ultimi dieci anni, le abbiamo viste mentre accadevano”.
E quindi?
“E quindi, come facciamo nella puntata di stasera, è importante partire da una premessa. E cioè: anche nella comunicazione, ci sono stati un paziente e una casa 0. Da una parte c’è Costantino Vitagliano, che è stato il primissimo influencer, prima ancora di Chiara Ferragni, e dall’altra c’è la casa del Grande Fratello, che ha dato inizio all’estinzione dell’uomo comune”.
Addirittura.
“Oggi l’uomo che abbiamo imparato a conoscere negli anni ’90 non c’è più. Tutti sono star. Tutti lavorano sulla loro immagine. Tutti hanno un ufficio stampa”.
I famigerati quindici minuti di celebrità.
“Sono diventati molti di più, in realtà…”.
Insieme all’influencer, resiste la figura del commentatore da divano.
"Se ci pensa anche quello è un modo per attirare l’attenzione. Commentiamo perché ci vogliamo far notare. Buttiamo fango per un motivo preciso: esserci. Per carità: c’è una gestione più approssimativa, rispetto all’influencer. Ma il narcisismo è lo stesso”.
L’italiano medio resiste.
“C’è una buona fetta di persone che sì, è rimasta sempre la stessa. Ma c’è anche chi cambia continuamente. È il fenomeno del ‘pensavo fosse Obama, invece era Trump’”.
Come nel film di Troisi, “Pensavo fosse amore, invece era un calesse”.
“Il meccanismo è lo stesso. Una parte di società è cresciuta con lo sviluppo della rete, di Internet. Quando nel 2008 sulla scena mondiale si è affacciato Obama, la ventata progressista è arrivata anche in Italia. Poi Obama è passato, e siamo finiti nel trumpismo. E siamo approdati alla cialtroneria, al sovranismo, al populismo".
Come italiani, spesso, ci siamo limitati a copiare…
“Il centro-sinistra italiano faceva quello. Veltroni, ricordo, lanciò Insieme si può fare, il nostro Yes, we can. Renzi, poi, si diede alle foto in camicia bianca, con le maniche arrotolate...”.
Un paese di imitatori.
“Abbiamo avuto l’Obama italiano, il Macron italiano... Di volta in volta ci siamo adeguati. Salvini è stato prima l’Orban italiano, poi il Trump italiano. La Meloni, invece, è la Le Pen italiana… Ma è vera anche un’altra cosa”.
Mi dica.
SELFIE GIORGIA MELONI E MARINE LE PEN
“Un prodotto italiano, originale, c’è. E sono i cinquestelle”.
Pure loro sono cambiati tanto nel tempo.
“E non so quanto resisteranno. Una volta in un tweet ho scritto che alla fine è stata la povertà ad abolire i cinquestelle”.
Torniamo ai primi vent’anni del 2000. Che cosa resta, oggi?
“Filmati, filmatini, foto. Abbiamo imparato a seguire le notizie così. Con le testimonianze dirette di chi c'era. Citando Piotta: io non t’ho visto, t’ho vissuto. La chiave per raccontare i grandi eventi, forse, è diventata proprio questa: il mezzo. Ed è il mezzo che, più di ogni altra cosa, ha influenzato, e influenza, il contenuto”.
Lei ha deciso, cambierà carriera?
“Io continuo ad essere un giornalista. Mi sono sentito giornalista anche quando ho lavorato a X-Factor. Quello che prevale, credo, è l’approccio che si ha. Non voglio certo diventare Carlo Conti”.
Ma?
“Quest’anno si sono sovrapposte un po’ di cose, è vero: Venti20 e Ogni mattina di Tv8. Venti20 mi somiglia molto di più, perché è un racconto più vicino al mio carattere. Ma è, tutto sommato, solo una piccola virata nel linguaggio di ogni giorno”.
E che linguaggio è, il suo?
“Ho seguito Sanremo, ho seguito le elezioni politiche, ho fatto interviste di cronaca e ho intervistato Corrado Guzzanti e Gianni Morandi. Ho sempre voluto spaziare, e sono stato abbastanza fortunato da poterlo fare”.
Questa della conduzione è solo una parentesi?
“Vediamo come va. Muoio alla giornata, direbbe Flaiano. Non voglio mica presentare Sanremo”.
Intanto, quest’anno, ha anticipato il vincitore.
“È stato un episodio abbastanza tragico…”.
Anche quello, però, è passato.
“Perché Sanremo è come una guerra, e in quella settimana sei come un inviato sul campo di battaglia. Durante il Festival, non si parla d’altro. Quando finisce, il giorno dopo, sembra passato già un anno”.
Obama, la pandemia, l’influencer 0. Cos’altro le interessa raccontare di questi anni Venti?
“Il lungo periodo di declino di Berlusconi. È stato un periodo pazzesco. C’era un’atmosfera da fine Impero”.
Oggi si parla con nostalgia del Cavaliere.
alessio viola antonella d errico
“È diventato uno statista. Lo dice anche Travaglio. Il berlusconismo ha cambiato il nostro modo di comunicare”.
Ci piace cambiare idea.
“Facciamo elezioni in cui votiamo una cosa, e due anni dopo votiamo l’esatto opposto. Questa è l’epoca della velocità. Dei social”.
Il problema qual è?
“Una volta, avevamo più tempo. Una volta, il processo mediatico era più lento del processo della giustizia. Oggi basta una sola giornata. E anche nei rapporti personali siamo diventati più veloci”.
Cioè?
LA PREGHIERINA DI SILVIO BERLUSCONI
“Iniziano, crescono e muoiono nei nostri telefoni. Mi chiedono che fine fanno, tutte queste relazioni nate sulle app. Ci siamo tinderizzati. Se mi piace, glielo dico. Se non mi risponde, passo al prossimo. Una volta eravamo più poetici, e vivevamo in una puntata di C’è posta per te...”.
Da questa pandemia, da questi vent’anni, usciremo migliori?
“No. Pensi a quello che è successo con Silvia Romano. Non ne usciremo migliori per un semplice motivo. Si esce come si entra. Se entri migliore, esci migliore. Se entri peggiore, ne esci peggiore”.
Si stava meglio quando si stava peggio?
“Ma non direi che eravamo meglio noi, ai nostri tempi... Se vedo i ventenni di oggi, non mi sento di dire che sono peggiori dei ventenni di una volta. Forse, ecco, noi eravamo più informati. Ma avevamo anche noi i nostri problemi”.
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