DA SCHIAVE A MERCE DI SCAMBIO - IL LEADER DEI BOKO HARAM CONVERTE ALL’ISLAM LE STUDENTESSE RAPITE E POI CHIEDE IN CAMBIO LA LIBERAZIONE DEI SUOI MILITANTI - IL NIGERIANO COME UN NOVELLO BIN LADEN: BUCA IL VIDEO E S’IMPONE CON IL TERRORE
Giordano Stabile per "La Stampa"
Da possibili mogli forzate o schiave a merce di scambio. Il video di 17 minuti diffuso ieri dai Boko Haram porta due buone notizie in tanta angoscia. Le 223 studentesse rapite, di sicuro le circa 130 che si vedono nel filmato, sono vive e in buone condizioni.
E non sono state ancora vendute. Nelle immagini sono sedute in file ordinate sotto gli alberi della savana, alcune in atto di preghiera. Indossano tutte la abaya, la tunica religiosa lunga fino ai piedi che lascia scoperti solo viso, piedi e mani.
Le minacce dello scaltro Abubakar Shekau, leader della setta islamista dal 2009, non si sono concretizzate. Anzi, l'Occidente non si deve preoccupare «di queste ragazze», in quanto molte «sono diventate musulmane, sono libere», assicura. Due di loro, nel video, confermano.
Le altre potrebbero essere consegnate alle loro famiglie, acconsentendo alla richiesta mondiale di «riportarle a casa», a patto che vengano liberati tutti i militanti dei Boko Haram imprigionati in Nigeria.
Una richiesta che il governo nigeriano ha respinto: «Non si tratta con i terroristi». Secondo il governatore dello stato del Borno, Kashim Shettima, le ragazze «sono ancora in Nigeria» e il video potrebbe fornire elementi utili ai militari. Linea dura, coerente con la militarizzazione del conflitto lanciata dal presidente Goodluck Jonathan.
L'ascesa di Abubakar Shekau si deve anche agli errori del governo centrale di Abuja, gravitante attorno al Sud cristiano e ricco di greggio. Il taglio dei sussidi per la benzina ha più che raddoppiato il costo dei trasporti, immiserendo soprattutto la gente nelle città del Nord, lontane dai pozzi di petrolio.
La siccità ha fatto affluire da Niger e Ciad 200mila sfollati, assorbiti da campagne poverissime, senza nessun aiuto. Molti, per fame o convinti dalla propaganda capillare, sono finiti nelle file degli islamisti.
Per Abubakar Shekau le distinzioni nazionali hanno poco senso. Molto probabilmente è nato in Niger, a pochi chilometri dalla frontiera, che continua ad attraversare senza problemi per sfuggire alla caccia da parte delle truppe d'élite dello scalcagnato esercito nigeriano.
In Nigeria ha preso il suo nome di battaglia: quello vero, come l'età , sono sconosciuti. E soprattutto ha incontrato Mohamed Yusuf, suo maestro, fondatore dei Boko Haram.
Nel 2009 Yusuf viene ucciso in un blitz, Shekau dato per morto.
Invece era vivo e nuovo comandante in capo. Con lui il gruppo ha assunto una dimensione internazionale e si è alleato con l'Al Qaeda del Maghreb. Il suo stile «sbruffone» combacia con una strategia di attacchi spettacolari che più che a mettere in ginocchio lo stato centrale puntano al consenso delle masse impaurite.
Anche se parla poco, Shekau sa come bucare il video nei suoi rari messaggi. «Mi diverto a sgozzare gli infedeli esattamente come mi diverto a sgozzare polli e galline», è il suo programma di battaglia lanciato nel 2012.
Shekau è circondato da un ristretto «cerchio magico» attraverso il quale trasmette gli ordini. Ogni sua apparizione è studiata: nell'ultima parlava imbracciando il kalashnikov, nella penultima con dietro svariati fuoristrada armati e persino un blindato, preda di guerra.
Gli hanno dato la caccia i reparti speciali inglesi, le Sas, e probabilmente anche gli americani. Sulla sua testa c'è una taglia di sette milioni di dollari. E sabato Francia, Usa e Gran Bretagna si riuniranno a Parigi per decidere una strategia comune per sconfiggerlo.
Ma per ora è Shekau ad aver ottenuto quello che voleva con il rapimento delle studentesse il 14 aprile: da un mese è una star dell'islamismo mondiale e il suo nome viene scandito nelle madrase di tutta l'Africa occidentale, dalla Mauritania al Camerun.
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