
“STO PIÙ A MIO AGIO CON GLI OMOSESSUALI. NON RISCHIO CHE MI SALTI ADDOSSO UNA FOTTUTA SCIMMIA PELOSA!” - VITA, OPERE E SCOPATE DI CORAL BROWNE - NATA NEL 1913 IN AUSTRALIA, E’ STATA TRA LE PRIME A FARE DISSING CON LE COLLEGHE SUI GIORNALI E A RIFARSI IL NASO - GLI UOMINI USATI COME LIANE PER FAR CARRIERA E LE DONNE SEDOTTE PER IL SUO PIACERE - DIVENNE LEGGENDA CON IL FILM DEL 1968 "THE KILLING OF SISTER GEORGE", UN FILM ORA RIVALUTATISSIMO E PER ANNI DETESTATO DALLE LESBICHE CHE VENIVANO RAPPRESENTATE COME PERFIDE, SCHIAVE DI VIZI, FALLITE, RUGOSE, ALCOLIZZATE (E MOLESTATRICI DI SUORE) - BARBARA COSTA: “È UN FILM TRA I PIÙ PROIBITI DELLA STORIA: CONTIENE LA PRIMA SCENA DI SESSO LESBICO IN UN MAINSTREAM CON UN ORGASMO, COMPLETO, IN PRIMO PIANO…”
Barbara Costa per Dagospia
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“Sto più a mio agio con gli omosessuali. C’è una certa delicatezza. Non rischio che mi salti addosso una f*ttuta scimmia pelosa!”. E se lo dice chi, lesbica, gli omosessuali se li sposava, c’è da crederci.
L’attrice Coral Browne ostentava anche in pubblico un linguaggio salace comprensivo del per lei nobilissimo “f*ck”, e è stata pioniera della libertà di fare sesso con chi più ti piace, e stiamo parlando di un secolo fa, fine anni ′20 del 1900, quando Coral ha dato il via a un curriculum sessuale lungo pari se non maggiore a quello suo (e solidissimo) professionale.
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Coral nasce nel 1913 in Australia, in uno squallido sobborgo di Melbourne, figlia unica di una casalinga e di un impiegato delle ferrovie. Lascia la scuola a 15 anni per il teatro, e se ce la fa in barba alle sue umili origini non è per come da star te la raccontava, e cioè per “l’inossidabile sostegno di mia madre”, ma perché si fa iniziare, e teatralmente, e sessualmente, mica dal primo che passa, bensì da Gregan McMahon, influente produttore teatrale, e va da sé mooolto più vecchio di lei.
Non sono certo le “sole 50 sterline in tasca” che la fanno arrivare a 21 anni a Londra con la giusta ambizione di diventare qualcuno, ma le conoscenze e le lettere di raccomandazione di McMahon, che le danno accesso ai palcoscenici prestigiosi. Però le va riconosciuto, e accidenti: Coral Browne è stata una femmina cogli attributi, una che nella recitazione si è fatta valere (e temere) sia nella tragedia ma più nella commedia leggera e i suoi agiografi dicono soffrisse… di paura da palcoscenico!
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Coral Browne è stata tra le prime star a servirsi di una parlantina tagliente sui media e contro colleghe e rivali, e tra le primissime ad approfittare della chirurgia plastica per correggersi il naso e poi rifarselo tutto, e tra le prime a optare per una acerbissima blefaroplastica (che le lascia un sopracciglio esageratamente fisso e alzato, ma vabbè).
E ad acchiappare uomini giusti che le facilitassero la strada: come l’impresario teatrale Firth Shepard. Coral è una cha "ha vissuto": implacabile stregava a sé donne, e uomini, di suo clitoride favore, (in epoca pre-pillola, una operazione all’utero aveva liberato Coral dall’assillo di rimanere incinta).
I maschi meglio se non a spiccato testosterone. Se delle ragazze (qui meglio più giovani di lei, Coral le conquistava col suo fare, parole sue, “materno”) finite tra le sue non esili braccia si sa poco (di sicuro, è stata sua amante l’attrice Mary Morris), Coral ha inebriato (e in storie non di una sola notte) assi dal calibro di Paul Robeson, cantante e attore afroamericano (se c’è un’altra cosa a cui a Coral Browne va dato merito è la sua indifferenza a pregiudizi d’ogni tipo, figurarsi il colore della pelle), il coroner icona di Francia Maurice Chevalier, Douglas Fairbanks Jr., e a questo punto, sommandoci Greta Garbo, non so fin quanto omo Cecil Beaton: colui che, se le realizzava abiti per le sue pièces mandando Coral su tutte le furie (“Cecil, caro, perché mi fai abiti in cui sembro un idrante???”), però non le lesinava orgasmi (“Cecil Beaton gay? Non quando era con me. Come un topo su per un tubo di scarico”). E chi sarà stato a farle quella parrucca per cui “mi sento come se stessi guardando fuori dal c*lo di uno yak”?
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Ma quando Coral è inopportunamente mollata da Jack Buchanan, divo della commedia musicale, lo ripaga sposando il suo collega e agente Philip Pearman. Ora, questo Pearman era un omosessuale fatto e finito, eppure il matrimonio, e pure consumato, tra i due dura 14 anni, e felicemente, e finisce solo perché Pearman si spara ma non perché esausto delle innumerevoli e ambosesso conquiste di Coral, ma perché arresosi a una diagnosi di cancro terminale.
Rimasta vedova, Coral è a un passo dal film che la consacra (molto postuma) a figura lesbo "maledetta": nel 1968 gira "The Killing of Sister George", un film ora rivalutatissimo e però per anni opera sulle lesbiche detestato da tutti e dalle lesbiche per prime. Odiato perché qui le lesbiche sono rappresentate come si può essere ma mai vorrebbe si sapesse nessuno, e di qualsiasi sessualità: perfide, schiave di vizi, fallite, rugose, alcolizzate (e molestatrici di suore).
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Donne in lotta di potere tra donne. Eppure "The Killing of Sister George" è un film potente senonché tra i più proibiti della storia: contiene la prima scena di sesso lesbico in un mainstream che, pur senza vulve attive (diffidate dai frame sui siti porno, ci sono fake di dita aggiunte, atti a farvelo venire ancora più duro) esibisce un rapporto lesbico "completo", e con un orgasmo, completo, in primo piano. La scena è tra una donna più grande (Coral Browne) che è la "cattiva" che attrae una ragazzina (spoiler: finto giovane, sta sulla trentina, in posa da teen, e apposta) per portarla via a una coetanea rivale e sua sottoposto.
"The Killing of Sister George" è avanzatissimo sui tempi: pone due donne apertamente in coppia e che apertamente convivono, una più grande (e che mantiene) e una più giovane, e mantenuta e sottomessa in giochi bdsm sadici (in una scena, riceve la punizione di mangiare mezzo sigaro, e la vedi tutta, e la vedi felice e grata, di farlo). Coral Browne prima di morire ha rivelato i dietro le quinte più scabrosi: la scena del sesso lesbico – quasi 3 minuti – non è stata girata da lei e da Susannah York, insieme, tranne il bacio (e con le lingue).
Sul set la York ha messo su le peggiori lagne, per non girarla, (e con la scusa che lei, attrice, mai aveva girato scene di sesso, prima, nemmeno con gli uomini, e poi non voleva i cameramen sul set… “e chi ti inquadra, stella!?”). Alla fine il sesso vero è quasi tutto frutto di montaggio, baci e succhiate e leccate ai seni inclusi (benedette controfigure). È una scena lesbo senza plot, girata secondo gusto e indicazioni della vera e sapiente e esperta lesbica/bisex Coral Browne: “L’ho gestita io, lo sceneggiatore si è rifiutato di metterci mano”.
“Niente pettegolezzi su Coral”, ha detto Vincent Price, suo secondo e ultimo marito, ai funerali della Browne. Marito, Price, regista di cult horror, anche lui scelto ok in tarda età, ma scevro di eccessivo testosterone… Perché Coral Browne in vita non si è fatta mancare niente, neanche una fervida conversione al cattolicesimo, “in stato di f*ttuta grazia”, almeno a messa appena finita.
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