TOMMASSINI FACTOR: “SCONVOLGERE ERA LA MIA REGOLA E SE GLI ALTRI MI DICEVANO "FROCIO", IO MI FACEVO TINGERE I CAPELLI O MI METTEVO VESTITI ANCORA PIÙ SGARGIANTI…” - “X-FACTOR RISPECCHIA LE NOSTRE VITE E LA CRONACA: È MASOCHISTA. SONO PAZZO DI DAMIANO” – GLI INIZI CON CARMEN RUSSO E ENZO PAOLO TURCHI, "ODIENS" CON LORELLA CUCCARINI E “LA NOTTE VOLA"... - VIDEO
Giuseppe Fantasia per www.huffingtonpost.it
"T" come timidezza e tenacia, temerarietà e talento, "T" come il suo cognome – Tommassini – che è oggi uno dei più conosciuti e richiesti nel mondo della danza e della musica, della televisione (ecco un'altra "t") e dello spettacolo. Quei tratti della personalità, in Luca Tommassini, 48 anni il prossimo febbraio, ci sono tutti e tutti insieme - ognuno a suo modo - lo hanno portato a diventare un ballerino, un attore, un coreografo, un regista, un direttore artistico (da dieci anni di X Factor, su Sky) e giurato (di un altro programma, Dance Dance Dance, che tornerà a gennaio su Fox Life) di successo. Arrivare a toccare una vetta così alta non è stato semplice, ma lui ce l'ha fatta e nel tempo è riuscito a restarci con i piedi ben saldi. "Avere talento non è da tutti e quello vero fa vibrare in te le corde più interiori, intime e segrete, ti fa venire la pelle d'oca sulle braccia e illuminare gli occhi", ha scritto nel suo libro, Fattore T (Mondadori), e lo ripete dal vivo anche all'HuffPost mentre a Milano cominciano a cadere i primi fiocchi di neve.
Custodirlo, averne cura, proteggerlo e non smettere mai di nutrirlo – ha spiegato nel libro, è la cosa più importante, come è necessario il coraggio.
Se non avessi avuto il coraggio, non sarei qui. Non avevo nemmeno diciotto anni e grazie ai soldi messi da parte dopo aver ballato in diversi programmi televisivi italiani, decisi di andare prima a New York e poi a Los Angeles. Dormivo su un futon, ospite di due amici ballerini e con loro fondai il gruppo dei "Ciao" con cui, poi, vinsi "Star Search International", l'edizione internazionale del padre di tutti i talent show, da cui sarebbero poi emersi personaggi come Britney Spears e Justin Timberlake. Nonostante questo, rimanevo pur sempre un clandestino, perché non avevo la Green Card. Non potevo partecipare ai provini per gli Oscar, che si sarebbero tenuti ai Sonny Studios di Los Angeles, ma ecco il coraggio pronto ad aiutarmi.
Come andò?
Mentre facevo una passeggiata attorno all'isolato, mi ritrovai nei pressi di un muro un po' più basso degli altri e mi venne un'idea. Feci un salto, mi aggrappai alla sommità e in un attimo fui dall'altra parte della barricata. Da quel momento, la mia vita cambiò per sempre, venni scelto, fui cacciato di casa dai due "amici" perché invidiosi e quella sera dormii all'aperto.
Ottenni la Green Card, ballai agli Oscar, e poi seguirono - uno dopo l'altro - collaborazioni importanti e lavori con Michael Jackson, Madonna e Whitney Houston, giusto per citarne qualcuno, e tanti altri ancora una volta rientrato in Italia. Se quel giorno non avessi infranto qualche regola, oggi non sarei quello che sono, sarei tornato a casa con la coda tra le gambe e non mi sarei concesso l'opportunità di vivere il mio sogno fino in fondo.
Sognare – lo ripete spesso - ha fatto sempre parte della sua vita, sin da quando abitava a Roma, vicino la Pineta Sacchetti, allora periferia nord della città. Figlio di una casalinga e di un padre assente e violento, conviveva quotidianamente con la sua immaginazione, la vera forza?
Sì, la fantasia mi faceva andare avanti e sperare in un futuro migliore. Il Cupolone di San Pietro era lontanissimo, ma un giorno sapevo che mi sarei avvicinato a lui fin quasi a toccarlo. Ero un bambino diverso dagli altri e gli altri me lo facevano notare, insultandomi in tutti i modi in un momento in cui la parola "bullismo" non esisteva ancora, ma non volevo darmi per vinto. Sconvolgere era la mia regola e se gli altri mi dicevano "frocio", io mi facevo tingere i capelli o mi mettevo vestiti ancora più colorati e sgargianti, arrivai anche a fare la prima comunione solo in camicia.
Dietro tutto questo, c'era sempre sua madre, la signora Lina, la sua più grande "complice", possiamo dire così?
Sì, c'era sempre lei ad appoggiarmi nelle mie scelte e a sostenermi nei momenti di difficoltà. Era vittima delle continue violenze di mio padre (scomparso venti anni fa, ndr), ed io amavo stupirla. A sette anni dipinsi il bagno di casa tutto di rosa, dai termosifoni al bidet, perché quello era il suo colore preferito. Fu la prima messinscena della mia vita. Mi beccai una sberla, ma forse lei ne fu in realtà contenta, visto che poi mi incoraggiò a sviluppare e coltivare il mio lato artistico, iscrivendomi a una scuola di danza.
Quando hai iniziato, è il caso di dirlo, a fare i primi passi in quel mondo?
Avevo circa nove anni. Vicino casa nostra, in un quartiere dove non era permesso sognare, aprì una scuola di danza. A fondarla erano stati Enzo Paolo Turchi – che all'epoca era uno dei ballerini di punta di diversi programmi televisivi in Italia nonché primo ballerino di Raffaella Carrà – e sua sorella Lydia. Mia madre, nonostante il parere contrario di mio padre, decise di iscrivermi e per pagare le rette, iniziò a lavorare facendo le pulizie, una maniera per riscattare il suo stesso sogno al quale nell'infanzia erano state tarpate le ali.
Ballavo ed ero felice e la musica mi faceva sentire più sicuro e più presente a me stesso, mi permetteva di sognare e di tutto questo devo dire grazie lei che se ne accorse e che mi permise di farlo. Per questo ripeto sempre che quando, poi, mi esibii sui palcoscenici di tutto il mondo con le più grandi star, italiane ed internazionali, tutte le volte c'è sempre stata anche lei accanto a me. Eravamo noi due.
Enzo Paolo Turchi fu dunque il suo pigmalione e poi arrivò anche Carmen Russo.
All'epoca lei era la star di "Drive In" nonché la sua compagna, oggi sua moglie, percepita inizialmente dal grande pubblico solo come attrice erotica di film di serie B, ma Paolo riuscì a trasformarla in una ballerina eccezionale e lo stesso fece con me. Un giorno mi disse di imparare una coreografia e di provarla con lei e gli altri ballerini e mi portarono a ballare in televisione, proprio a "Drive In". Divennero la mia famiglia: Carmen iniziò ad educarmi, a farmi parlare l'italiano, a stare composto a tavola, a farmi crescere per farmi diventare qualcuno e non solo a sopravvivere come tutti i ragazzi del mio quartiere, dove era vietato sognare. I miei primi maestri sono stati loro: mi bastava stargli accanto, vedere la passione che infondevano nel lavoro per capire che più avrei studiato e più avrei ottenuto, e che nulla mi sarebbe arrivato gratis: tutto andava conquistato.
Nella scuola c'era anche Lorella Cuccarini che insegnava tip tap: di lei che ricordo ha?
Quando vivi dei momenti così importanti e fondamentali nella tua crescita con qualcuno, non puoi dimenticarli e ti restano dentro per sempre. È stato così con Enzo e Carmen come con Lorella. A catturami fu la sua energia e la sua forza di volontà, il suo desiderio di superare ogni limite. Da allora è sempre stata per me come una sorella maggiore e il nostro è stato un rapporto unico, un legame di grande rispetto reciproco che negli anni non si è mai spezzato. Venivamo da realtà molto simili, persone che dovevano fare i conti con la realtà e, forse, proprio per questo, i nostri sogni diventavano giorno dopo giorno sempre più grandi.
Fu lei a volerla prima a "Odiens", il nuovo varietà comico del sabato sera di Canale 5, e poi, molti anni dopo, a "Buona Domenica", riportandola in Italia.
Sì, è vero. "Odiens" fu un'esperienza cruciale: a soli diciotto anni mi ritrovavo a gestire le coreografie di quello che era un programma di punta con Michelle Assaf, un'altra grande coreografa conosciuta a New York, con cui aveva studiato anche Lorella. Durante le riprese conobbi anche Paola Barale, che è ancora oggi una delle mie migliori amiche (insieme sono stati anche concorrenti di Pechino Express, ndr), ma, comunque sia, da quel team nacque anche La notte vola, la canzone che tutti ballano ancora oggi nelle discoteche con il suo famoso movimento delle mani.
Ancora cambiamenti, dall'Italia agli Stati Uniti: non fermarsi mai è una delle regole di Tommassini?
(Ride) Assolutamente! La vita è evoluzione, sperimentazione e cambiamento. Chi è vivo cambia in continuazione: una vita non è mai abbastanza per poter realizzare tutto quello che si desidera. Quando ci si ferma, è allora che si muore, dentro e fuori.
Nel libro ricorda che frequentando Michael Jackson, Madonna, Whitney Houston e Robbie Williams ha capito che la prima spinta al cambiamento è quel lato infantile che c'è in ognuno di noi: ci spieghi meglio.
Stando a contatto con loro ho capito che, a volte, si diventa così grandi quasi per gioco, perché non si è condizionati dalla realtà, e si riesce a sognare ancora senza limiti. È questa follia inconsapevole a fare, spesso, di un artista quello che è.
Di tutti, Michael Jackson è stato il suo vero idolo, come lei stesso lo definisce: che ricordo ha di lui?
Michael era un eterno Peter Pan. Con lui ci lavorai nel 1997 per il videoclip Blood on the Dance Floor, ma non fu semplice, perché appena si presentava un tempo morto, si annoiava, e lì cominciavano i casini. Per evitare questo, la produzione gli mise a disposizione dei camion pieni di videogiochi e di altri passatempi. Coinvolse anche me anche se io ero negato nei videogiochi, ma quella mancanza fu un elemento a mio favore perché con me poteva vincere sempre. Lo conquistai, tanto che mi iniziò a parlare dei suoi progetti futuri coinvolgendomi nel suo continuo meravigliarsi e nel fare sempre di più. Lì capii che era diventato il The King of Pop perché non si era mai dimenticato – nonostante fosse già arrivato – di sognare un cambiamento sempre nuovo.
Poi arrivò Madonna e lì fu la vera svolta nella sua vita artistica e non solo. Il video di Human Nature in cui ballate tra box bianchi vestiti con tute nere aderenti e sexy è un cult.
Quando ripenso a quegli anni oggi, mi tornano in mente le frasi che mi diceva. All'epoca non ci facevo nemmeno caso, ma adesso hanno un valore più grande. È stata la mia più grande insegnante, una grande professionista, una donna che costruisce tutto quello che fa, da zero a cento, una persona fragile ma forte al tempo stesso.
Ho lavorato per lei quasi otto anni, frequentavo le sue case, abbiamo passato più di una volta il Natale insieme, poi però – sia per motivi geografici che per altri legati alle persone di cui si circonda – ci siamo un po' persi e questo mi dispiace molto, ma ho un grandissimo rispetto nei suoi confronti. È il contrario del miracolo. Per lei funziona solo la logica del lavoro duro e sa che dopo un grande sforzo si può sperare di andare oltre, di superare i propri limiti e di meritarsi la conquista.
Dallo spot del gelato Calippo, a soli dodici anni, vestito con una camicia hawaiana gialla e pantaloni bianchi, a petto nudo con un'altra pop star mondiale, Whitney Houston da cui, però, poi decise di staccarsi: perché?
Whitney era un'artista straordinaria. Non appena saliva sul palco, ciò che creava era un'opera d'arte. Grazie alla sua interpretazione, le sue parole prendevano vita in maniera sempre diversa e tutto in lei aveva del prodigioso. Nei momenti di break, mi soffermavo a guardarla e ne ero estasiato. Conobbi gli eccessi e le droghe, ma mi salvai scappando. Bisogna proteggere le proprie fragilità. Se lei lo avesse fatto, probabilmente, non sarebbe successo quello che è poi accaduto. Dopo il tour con lei lasciai tutto e tornai ancora una volta in Italia, e anche questo lo chiamo coraggio.
Oggi che uomo è Luca Tommassini?
Continuo ad essere spontaneo, perché la spontaneità è un aspetto fondamentale della mia creatività, ma per essere creativo, devo tornare a una condizione di povertà, ai profumi e alle atmosfere degli inizi, quando la mia creatività nasceva dal bisogno incontrollabile di esprimermi. Sono una persona ansiosa: l'ansia è la mia migliore amica tanto che passo più tempo con lei che con mia madre (ride). Sono insicuro, non mi sono mai sentito bello...
Non dica così perché non ci crediamo...
Dico la verità, è così, non mi piaccio quotidianamente, non so perché. Non mi guardo mai indietro, ma ho dovuto farlo quando ho deciso di scrivere il mio libro, una maniera per andare avanti. Non ho mai fotografato nulla o fatto video in passato, adesso lo faccio, ma perché c'è internet e ci sono i social network e non posso non farlo, mi diverto anche. Forse adesso, guardando quelle vecchie foto, quando qualcuno mi dice che ero bello, ci credo o forse no...(ride ancora, ndr). Sono nato prigioniero della mia famiglia e della zona di Roma in cui vivevo dove era vietato sognare. Sono andato lì dove il sogno si realizza, il grande sogno che è poi la mia vita, mi piace pensare di più a quello.
Che ne pensa del degrado di Roma che peggiora giorno dopo giorno?
Non la sopporto, è un peso che sento di nuovo come quello che sentivo da bambino. Sono riuscito a comprarmi una bella casa a Trastevere, un quartiere dove c'è un gran fermento e dove di vive in una maniera anche un po' retrò, ma nonostante questo è una città che sento più pesante di me. Sulla bilancia vince lei e non va bene, perché invece vorrei essere io a vincere. Una città o nasce giovane o nasce vecchia. Roma è nata già vecchia, ma non muore mai.
E della sindaca Raggi?
LUCA TOMMASSINI STUDIO X FACTOR
Sono tra quelli che si trattengono dal giudicare la sindaca: bisogna riconoscerle il tempo che chiede per fare quello che deve fare, ma essendo un sognatore prego che riesca a cambiare lei stessa le cose.
Da Roma a Los Angeles, ancora una volta, ma purtroppo con lo scandalo planetario Asia Argento/Harvey Weinstein: lei che idea si è fatto?
Sto dalla parte di Asia e delle donne vittime di violenza e, tra l'altro, sostengo Pangea e le donne afgane vittime di violenza con l'omonima onlus italiana. Bisogna comunque denunciare. Oggi Internet unisce le persone e aiuta a farlo. Sono stato vittima anche io, sono stato ricattato, ma non ho mai ceduto, anzi, sono stato licenziato per aver detto di no.
Qual è il diritto più importante per Tommassini?
Il lavoro, sicuramente. Mi piace lavorare, voglio lavorare. Lavorare è il più grande diritto, è il riconoscimento, il sogno, il sentirsi esseri umani. Io mi sento più Luca quando lavoro, altrimenti mi manca sempre qualcosa e mi deprimo.
È innamorato?
Sempre, della vita e della sua continua evoluzione. Fino a trent'anni non ho fatto sesso, solo l'amore. Dai trenta in poi ho capito però che l'amore non è per sempre, colpa della religione cattolica, che ce lo inculca, un'idea da cui ne usciamo tutti morti e falliti. Oggi mi innamoro anche per 24 ore e lo accetto così come viene.
Se avesse un compagno, le piacerebbe diventare padre?
Sono favorevole a tutto ciò che unisce e sfavorevole a ciò che separa. Il genitore è colui che ti ama di più, ma non volendo, può anche rovinarti. Mi piace quello che ha detto Roberto Saviano a proposito del rapporto genitori/figli. Bisogna educare i figli anche fallire e insegnare ai figli a chiamare i genitori nei momenti di difficoltà. Cari ragazzi, chiamate i vostri genitori quando avete problemi. Io, quando venni scelto da Madonna per il suo tour, chiamai mia madre, ma non lo feci quando venni cacciato di casa a Los Angeles da quelli che pensavo fossero miei amici. Non lo feci per paura di deluderla e per non farla preoccupare.
A proposito di ragazzi, oggi è a X-Factor, un programma tutto costruito su di loro: che rapporto ha con loro?
Ho un rapporto difficilissimo perché odio gli addii, non riesco a salutarli, spesso mi nascondo. X-Factor rispecchia le nostre vite e la cronaca, è masochista: la gente ama guardare altra gente che soffre, c'è molto masochismo in giro. Da leader, ottieni di più quando urli e tratti male le persone, la gente così ti ascolta, ma io non la penso così, preferisco la gentilezza. La costruzione del talento è importante e a X-Factor vince la musica. Chi sopravvive, chi arriva fino alla fine, mette in gioco la propria anima e porta qualcosa nella musica. Marco Mengoni ne è un esempio. X-Factor ha rinfrescato il mondo musicale italiano abituato ai suoi cliché con musicisti con la pancia.
Dei Maneskin, probabili vincitori, che ne pensa?
Sono pazzo di loro. Sono un'idea di libertà, il loro è un messaggio continuo, è un urlo sopra i tetti. Sono una rivoluzione e Damiano mi chiede di fare delle cose che nessuno si aspetta, urla la libertà.
Cos'è per lei la libertà?
LUCA TOMMASSINI MICHAEL JACKSON
È il poter guardarsi allo specchio e il rispettare il diritto degli altri. La libertà è davanti a tutti voi, basta solo accorgervene. Ci proveremo.
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