MELONI SI ALLINEA A ORBAN SUI DIRITTI. E SI ISOLA SEMPRE DI PIU’ IN EUROPA – L’ITALIA, UNICO TRA I GRANDI PAESI OCCIDENTALI, NON HA FIRMATO LA LETTERA CHE CONDANNA OGNI ATTO DI DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE LGBTQI+ IN UNGHERIA. IL TESTO, SOTTOSCRITTO DA 37 NAZIONI, ARRIVA NEL GIORNO DEL GAY PRIDE DI BUDAPEST – A BRUXELLES IL TRUMPIANO E FILO-PUTINIANO ORBAN HA SFANCULATO LA DUCETTA E MINACCIA DI ENTRARE NEL GRUPPO DI LE PEN-SALVINI…
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ORBAN ASSUMERA IL 1. LUGLIO LA PRESIDENZA DI TURNO AL CONSIGLIO EUROPEO MA HA GIA FATTO INCAZZARE
Estratto dell’articolo di Monica Perosino e Francesca Sforza per “La Stampa”
Chissà se c’è stato dell’imbarazzo, all’Ambasciata italiana d’Ungheria, quando è arrivata la richiesta di sostenere un documento congiunto, già firmato da altre 37 rappresentanze diplomatiche, in cui si condannava ogni atto di discriminazione nei confronti delle persone Lgbtqi+ e si sottolineava l’importanza del rispetto dei loro diritti nel giorno del 29° Festival del Budapest Pride.
Possiamo immaginare che si sia fatto un rapido riscontro con il governo (i diplomatici notoriamente non prendono iniziative isolate, seguono la linea) e che alla fine la decisione sia stata: «No grazie, noi non firmiamo». […]
Sia come sia, è andata così: nella lista dei firmatari della dichiarazione congiunta che ieri rimbalzava in tutti gli account delle diverse rappresentanze e istituti culturali di mezzo mondo – c’erano Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Canada e molti altri – l’Italia non figurava.
«È la prima volta che un numero così significativo di Paesi si unisce per esprimere una seria preoccupazione riguardo alle leggi anti-Lgbtqi+ introdotte in Ungheria richiedendone l’abolizione - ha dichiarato l'Ambasciatore degli Stati Uniti David Pressman – e chiedendo inoltre la fine della persecuzione politicamente motivata degli individui Lgbtqi+ e delle loro famiglie». Ed è la prima volta che l’Italia non firma, perché nel 2022 e nel 2023, sempre in occasione del Festival di Budapest e al termine di analoghe dichiarazioni, invece c’eravamo (nel 2022 c’era anche Draghi, nel 2023 non più, si vede che la pratica era stata diversamente valutata).
giorgia meloni viktor orban meme by edoardo baraldi
Questo Pride, oltretutto, è un po’ più importante dei precedenti, perché arriva dopo un anno in cui l’Ungheria ha approvato diversi provvedimenti in chiave anti-Lgbtqi+, dalla legge che vieta la “promozione” dell’omosessualità e della riassegnazione di genere ai minori, fino all’emendamento costituzionale che definisce la famiglia come unione tra uomo e donna, escludendo tutte le altre coppie. […]
È un po’ più importante dei precedenti anche perché l’avanzata delle destre in Europa allarma le diverse comunità, e perché non passa giorno che dall’Est non spiri qualche vento reazionario. Dalla Slovacchia, per esempio, dove dal 1º luglio, per decisione del parlamento su una proposta del governo, il servizio radiotelevisivo pubblico sarà chiuso e sostituito con un’istituzione «meno critica e più conforme all’attuale politica del paese» (di destra). […]
Ecco dunque che in un panorama in cui l’“orbanizzazione” sta contagiando diversi Paesi, la scelta di rimanere fuori da una dichiarazione congiunta in difesa della comunità Lgbtqi+ assume un significato politico un po’ più largo di una mancata firmetta al termine di un appello.
L’impressione è che l’Italia stia sottovalutando il peso politico, all’interno della scena internazionale ma in particolare, in questo momento, di quella europea, del posizionamento in tema di diritti. È un po’ come accendersi una sigaretta durante una riunione di lavoro: ti guardano male. Non solo si finisce per ritrovarsi isolati, ma inevitabilmente si contribuisce a creare intorno al Paese una percezione negativa da parte degli altri membri dell’Ue, che si convincono vieppiù della deriva conservatrice e illiberale del Paese.
GIORGIA MELONI AL TAVOLO CON VON DER LEYEN, MICHEL, MACRON, ORBAN E SCHOLZ
Forse a Roma questa evidenza non risulta così lampante come a Bruxelles, dove comincia a diventare normale associare il nostro Paese al gruppo di quelli con una «bad reputation», da cui è meglio tenersi alla larga. Qualche riflesso si è cominciato a vedere nei giorni scorsi, con l’esclusione dell’Italia dai principali colloqui al vertice, e si continuerà a vedere nei prossimi, con una progressiva ma inevitabile marginalizzazione nelle decisioni fra gli interlocutori che contano.
ITALIA E VISEGRAD - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Anche perché cominciano a esserci diversi precedenti: non eravamo fra i 18 Stati membri che hanno firmato qualche settimana fa la dichiarazione a sostegno della comunità Lgbtqi+ a favore dell’uguaglianza, e risultavamo invece nominati nella condanna espressa dal Parlamento europeo per la retorica anti-Lgbtqi+ […]