viktor orban giorgia meloni gay pride budapenst diritti lgbt

MELONI SI ALLINEA A ORBAN SUI DIRITTI. E SI ISOLA SEMPRE DI PIU’ IN EUROPA – L’ITALIA, UNICO TRA I GRANDI PAESI OCCIDENTALI, NON HA FIRMATO LA LETTERA CHE CONDANNA OGNI ATTO DI DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE LGBTQI+ IN UNGHERIA. IL TESTO, SOTTOSCRITTO DA 37 NAZIONI, ARRIVA NEL GIORNO DEL GAY PRIDE DI BUDAPEST – A BRUXELLES IL TRUMPIANO E FILO-PUTINIANO ORBAN HA SFANCULATO LA DUCETTA E MINACCIA DI ENTRARE NEL GRUPPO DI LE PEN-SALVINI…

Articoli correlati

ORBAN ASSUMERA IL 1. LUGLIO LA PRESIDENZA DI TURNO AL CONSIGLIO EUROPEO MA HA GIA FATTO INCAZZARE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Estratto dell’articolo di Monica Perosino e Francesca Sforza per “La Stampa”

 

GIORGIA MELONI - VIKTOR ORBAN

Chissà se c’è stato dell’imbarazzo, all’Ambasciata italiana d’Ungheria, quando è arrivata la richiesta di sostenere un documento congiunto, già firmato da altre 37 rappresentanze diplomatiche, in cui si condannava ogni atto di discriminazione nei confronti delle persone Lgbtqi+ e si sottolineava l’importanza del rispetto dei loro diritti nel giorno del 29° Festival del Budapest Pride.

 

Possiamo immaginare che si sia fatto un rapido riscontro con il governo (i diplomatici notoriamente non prendono iniziative isolate, seguono la linea) e che alla fine la decisione sia stata: «No grazie, noi non firmiamo». […]

 

Sia come sia, è andata così: nella lista dei firmatari della dichiarazione congiunta che ieri rimbalzava in tutti gli account delle diverse rappresentanze e istituti culturali di mezzo mondo – c’erano Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Canada e molti altri – l’Italia non figurava.

 

gay pride budapest

«È la prima volta che un numero così significativo di Paesi si unisce per esprimere una seria preoccupazione riguardo alle leggi anti-Lgbtqi+ introdotte in Ungheria richiedendone l’abolizione - ha dichiarato l'Ambasciatore degli Stati Uniti David Pressman – e chiedendo inoltre la fine della persecuzione politicamente motivata degli individui Lgbtqi+ e delle loro famiglie». Ed è la prima volta che l’Italia non firma, perché nel 2022 e nel 2023, sempre in occasione del Festival di Budapest e al termine di analoghe dichiarazioni, invece c’eravamo (nel 2022 c’era anche Draghi, nel 2023 non più, si vede che la pratica era stata diversamente valutata).

 

giorgia meloni viktor orban meme by edoardo baraldi

Questo Pride, oltretutto, è un po’ più importante dei precedenti, perché arriva dopo un anno in cui l’Ungheria ha approvato diversi provvedimenti in chiave anti-Lgbtqi+, dalla legge che vieta la “promozione” dell’omosessualità e della riassegnazione di genere ai minori, fino all’emendamento costituzionale che definisce la famiglia come unione tra uomo e donna, escludendo tutte le altre coppie. […]

 

È un po’ più importante dei precedenti anche perché l’avanzata delle destre in Europa allarma le diverse comunità, e perché non passa giorno che dall’Est non spiri qualche vento reazionario. Dalla Slovacchia, per esempio, dove dal 1º luglio, per decisione del parlamento su una proposta del governo, il servizio radiotelevisivo pubblico sarà chiuso e sostituito con un’istituzione «meno critica e più conforme all’attuale politica del paese» (di destra). […]

 

gay pride budapest

Ecco dunque che in un panorama in cui l’“orbanizzazione” sta contagiando diversi Paesi, la scelta di rimanere fuori da una dichiarazione congiunta in difesa della comunità Lgbtqi+ assume un significato politico un po’ più largo di una mancata firmetta al termine di un appello.

 

L’impressione è che l’Italia stia sottovalutando il peso politico, all’interno della scena internazionale ma in particolare, in questo momento, di quella europea, del posizionamento in tema di diritti. È un po’ come accendersi una sigaretta durante una riunione di lavoro: ti guardano male. Non solo si finisce per ritrovarsi isolati, ma inevitabilmente si contribuisce a creare intorno al Paese una percezione negativa da parte degli altri membri dell’Ue, che si convincono vieppiù della deriva conservatrice e illiberale del Paese.

 

GIORGIA MELONI AL TAVOLO CON VON DER LEYEN, MICHEL, MACRON, ORBAN E SCHOLZ

Forse a Roma questa evidenza non risulta così lampante come a Bruxelles, dove comincia a diventare normale associare il nostro Paese al gruppo di quelli con una «bad reputation», da cui è meglio tenersi alla larga. Qualche riflesso si è cominciato a vedere nei giorni scorsi, con l’esclusione dell’Italia dai principali colloqui al vertice, e si continuerà a vedere nei prossimi, con una progressiva ma inevitabile marginalizzazione nelle decisioni fra gli interlocutori che contano.

 

ITALIA E VISEGRAD - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA

Anche perché cominciano a esserci diversi precedenti: non eravamo fra i 18 Stati membri che hanno firmato qualche settimana fa la dichiarazione a sostegno della comunità Lgbtqi+ a favore dell’uguaglianza, e risultavamo invece nominati nella condanna espressa dal Parlamento europeo per la retorica anti-Lgbtqi+ […]

gay contro orban in ungheria

 

 

gay pride budapestmeloni orban

Ultimi Dagoreport

giorgia arianna meloni massimiliano romeo matteo salvini

RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA FACCIA HA RITIRATO DALLA CORSA PER LA SEGRETERIA DELLA LEGA IN LOMBARDIA IL SUO CANDIDATO LUCA TOCCALINI. E ORA IN LIZZA C’È SOLO MASSIMILIANO ROMEO, UNA VOLTA SUO FEDELISSIMO - UNA MOSSA SOSPINTA SOPRATTUTTO DALL’ASSOLUTO BISOGNO DI SALVINI DI AVERE PIÙ UNITI CHE MAI I CAPOCCIONI DELLA LEGA: PER IL 20 DICEMBRE È ATTESA LA SENTENZA PER IL PROCESSO OPEN ARMS - IL CAPITONE SPERA IN UNA SENTENZA DI CONDANNA: DIVENTARE "MARTIRE DELLA GIUSTIZIA" SUL TEMA DELLA MIGRAZIONE POTREBBE TRASFORMARSI IN UNA MEDAGLIA SUL PETTO PER RISALIRE NEL CUORE DEI LEGHISTI SEMPRE PIÙ DELUSI - DOPO LE SCONFITTE ALLE POLITICHE E ALLE REGIONALI, CON LA LEGGE SULL’AUTONOMIA FATTA A PEZZI, ORA LE SORELLE MELONI VOGLIONO SALIRE ANCHE SUI TRENI, DOVE SALVINI, COME MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, VUOL FARLA DA PADRONE. IL BORDELLO CONTINUA: FINO A QUANDO?

tony effe

DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA ANDATE A FANCULO! MENTRE PAPA BERGOGLIO ACCOGLIE SANTI E PUTTANE, TRANS E GAY, LA SINISTRA ITALIANA PROVA A IMPORRE QUESTA OSSESSIONE AMERICANA PER IL POLITICAMENTE CORRETTO CHE SI ILLUDE DI RIDURRE IL TASSO DI INTOLLERANZA UTILIZZANDO UN LINGUAGGIO APPROPRIATO. TUTTO INUTILE. PERCHÉ IL RIDICOLO È PIÙ FORTE DEL PERICOLO. DIRE OMOSESSUALE ANZICHÉ GAY NON PROTEGGE GLI OMOSESSUALI DALLA VIOLENZA DI STRADA. COSÌ COME CACCIARE DAL PALCO DEL CONCERTONE DELL’ULTIMO ANNO IL RAPPER TONY EFFE PER AVER SCRITTO BRANI CHE "VEICOLANO MESSAGGI OFFENSIVI VERSO LE DONNE E NORMALIZZANO ATTEGGIAMENTI VIOLENTI" NON CAMBIA LA VITA SOCIALE E I RAPPORTI INTERPERSONALI. MASSÌ, IN PRINCIPIO ERA IL VERBO. MA ALLA FINE C'È LA BUGIA, IL TERRORE DI ESPRIMERE LIBERAMENTE QUELLO CHE SI PENSA, DETTO ALTRIMENTI FASCISMO”

mario calabresi - elly schlein - matteo renzi - carlo calenda - ernesto maria ruffini

DAGOREPORT – CERCASI DISPERATAMENTE UN CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE, DI ISPIRAZIONE CATTOLICA E MODERATA, CHE INSIEME AL PD POSSA CONTRAPPORSI ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2027 ALLA DESTRA AUTORITARIA DEL GOVERNO DI MELONI (SALVINI E TAJANI NON CONTANO PIU' UN CAZZO) - MENTRE PROCEDE L'EUTANASIA DEL TERZO POLO, OSTAGGIO DI RENZI E CALENDA, SI E' AUTOCANDIDATO IL CATTOLICO ERNESTO MARIA RUFFINI, MA NON LO VUOLE NESSUNO (ANCHE PRODI DUBITA DEL SUO APPEL MEDIATICO) - RISULTATO? SI È DIMESSO NON SOLO DAL FISCO MA ANCHE DA CANDIDATO - RUFFINI O NO, UNA “COSA" DI CENTRO DOVRÀ NASCERE A FIANCO DEL PD. L'EVANESCENZA DEI CATTO-RIFORMISTI DEM E' TOTALE. IL VATICANO E L'AZIONISMO CATTOLICO NON SI RICONOSCONO NEI VALORI ARCOBALENO DELLA MULTIGENDER ELLY SCHLEIN – RUMORS DALLA MILANO CIVICA: CIRCOLA IL NOME DI MARIO CALABRESI COME CANDIDATO SINDACO PER IL DOPO SALA…

giorgia meloni john elkann

DAGOREPORT – MENTRE LA CRISI GLOBALE DELL'AUTOMOTIVE RISCHIA DI BRUCIARE L'1% DEL PIL ITALIANO, GIORGIA MELONI E JOHN ELKANN SONO IMPEGNATI A FARSI LA GUERRA - LA DUCETTA DIFFIDA (EUFEMISNO) DI YAKI NON SOLO PERCHE' EDITORE DI "REPUBBLICA" E "LA STAMPA" NONCHE' AMICO DI ELLY SCHLEIN (GRAZIE ALLA DI LUI SORELLA GINEVRA), MA ANCHE PERCHÉ E' CONVINTA CHE FRIGNI SOLTANTO PER TORNACONTO PERSONALE - DI CONTRO, IL RAMPOLLO AGNELLI FA PRESENTE A PALAZZO CHIGI CHE LA QUESTIONE NON RIGUARDA SOLO STELLANTIS MA L'INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA IN TUTTO L'OCCIDENTE - E LA CINA GODE GRAZIE AL SUICIDIO EUROPEO SUL GREEN DEAL...