LA VERSIONE DI MUGHINI - GAETANO PESCE È MORTO A 84 ANNI A NEW YORK: UNA NOTIZIA DI QUELLE CON CUI È DIFFICILISSIMO FARE I CONTI. NON SOLO DA QUANTO È STRAZIANTE IN SÉ LA NOTIZIA DELLA SCOMPARSA DI UNO DEI MAGGIORI DESIGNER CONTEMPORANEI MA DA QUANTO GAETANO E LA SUA OPERA OCCUPANO COSÌ TANTA PARTE DELLA MIA VITA E DELLA MIA CASA - LUI DELL'ITALIA NON SAPEVA NULLA, LA CONTRACCAMBIAVA COSÌ DELLA TRASCURATEZZA DEL NOSTRO PAESE NEI SUOI CONFRONTI. DEL RESTO LUI ERA UN ARTISTA DEL MONDO – LA STORIA DI QUEL POSACENERE CHE…
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, la notizia che mi ha appena dato da New York Giulio Silvano, giovane e raffinato collaboratore del Foglio, che Gaetano Pesce è morto a 84 anni, è di quelle con cui è per me difficilissimo fare i conti. Non solo da quanto è straziante in sé la notizia della scomparsa di uno dei maggiori artisti/designer contemporanei ma da quanto Gaetano e la sua opera occupavano e occupano così tanta parte della mia vita e della mia casa, dove ci sono almeno 60-70 sue opere e io avrei voluto che ce ne fossero il doppio.
Non c'è un momento della mia giornata che io non abbia a che fare con una sua poltrona, con una sua lampada da terra o da muro, con un suo vaso portafiori, con un suo posacenere. Quella religione degli oggetti di cui tu stesso sei un devoto praticante, e di cui molti italiani purtroppo non sanno nulla.
E del resto non è un caso che l'Italia non se lo fosse meritato il metà ligure e il metà veneziano Gaetano Pesce, il quale da mezzo secolo e oltre ha vissuto prima a Parigi e poi a New York. Trenta e passa anni fa mi telefonarono i titolari di uno squisito negozio di design a Milano. Loro erano stati i primi a ospitare in Italia i vasi in resina di Pesce ed è da loro che cominciai a comprarli.
Al telefono mi chiesero se volevo incontrarlo dato che Gaetano sarebbe venuto a Roma, forse nella ricerca di un qualche negozio che a sua volta ospitasse le sue opere. Ci accordammo e io andai a prendere Gaetano in un albergo sovrastante Piazza della Trinità dei Monti.
Da lì andammo a cena a casa mia e siccome per strada - in ragione della mia popolarità televisiva - qualcuno mi salutava, Gaetano mi confesserà più tardi di avere pensato che io fossi un uomo politico o qualcosa del genere.
Lui dell'Italia non sapeva nulla, la contraccambiava così della trascuratezza del nostro Paese nei suoi confronti. Del resto lui era un artista del mondo, la sua opera poteva essere venduta indifferentemente in Cina, negli Usa, ad Amsterdam.
Non c'era materia più universale di quella resina, di quell'impasto chimico da cui faceva scaturire le opere più disparate, un piatto su cui mangiare o una poltrona su cui non è che ti sedessi, piuttosto ti avvolgeva, voleva che tu le diventassi amico, voleva ospitare i tuoi pensieri ancor prima che il tuo corpo.
Detto tra parentesi Gaetano avrebbe voluto essere lui l'architetto che in via Paolo Segneri mettesse mano alle rovine da cui nel 2001 doveva risultare la casa in cui vivo. Solo che in quel caso l'architetto Carla Tulli è stata giorno per giorno appresso a quelle rovine e questo per la durata di un anno. Come avrei potuto affidarle a Gaetano, che viveva e aveva studio a New York?
E comunque da allora Gaetano è stato l'amico e il complice per eccellenza di una vita. Non perdevamo occasione di incontrarci e abbracciarci. Era per me un incubo il momento in cui mi arrivavano da lui liste di suoi capolavori (talvolta dei pezzi unici) in vendita e ogni volta cercavo di comprarne il più possibile.
Quello cui tengo di più è un posacenere che lui aveva disegnato per una nota azienda italiana di design degli anni sessanta. E' una mano come trafitta e sanguinante ed era il suo modi di ricordare una compagna della sua gioventù che era morta d'improvviso e credo sia stato uno dei lutti più importanti della sua vita. All'azienda italiana di design dissero che non se ne parlava nemmeno di mettere tutto quel sangue nella casa di un eventuale loro cliente, e quel prototipo glielo restituirono. Una ventina d'anni fa l'ho comprato io. Addio, indimenticabile Gaetano.
GIAMPIERO MUGHINI
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