gheddafi napolitano berlusconi sarkozy

2011, CHI DETTE L’ORDINE DI BOMBARDARE GHEDDAFI? - BERLUSCONI: "L'INTERVENTO IN LIBIA FU DECISO DA GIORGIO NAPOLITANO" - LA GUERRA FU SCATENATA DA SARKOZY E CAMERON PER LORO INTERESSI GEOPOLITICI - GUIDO CROSETTO, EX SOTTOSEGRETARIO ALLA DIFESA, SVELA: “NAPOLITANO MI BUTTÒ FUORI DALLA STANZA QUANDO DISSI CHE LA GUERRA IN LIBIA ERA UNA PAZZIA TOTALE” - PRODI DISSE CHE "NEL 2011 A BERLUSCONI HANNO POI FATTO PAGARE LA LIBIA E L'AMICIZIA CON PUTIN"

Chiara Sarra per Il Giornale.it

NAPOLITANO OBAMA

 

Fu Giorgio Napolitano nel 2011 a chiedere l'intervento militare in Libia per destituire il rais Muhammar Gheddafi.

Lo racconta Silvio Berlusconi, ribadendo a SkyTg24 la sua versione dei fatti: "È stato il Capo dello Stato come capo delle forze armate a chiedere alle commissioni di dare l'autorizzazione alle nostre basi per gli alleati che attaccavano la Libia", ha sottolineato il leader di Forza Italia che allora era presidente del Consiglio, "Io mi sono battuto per evitare che Gheddafi fosse abbattuto".

 

obama sarkozy cameron

Solo qualche mese fa, nell'agosto scorso, "Re Giorgio" aveva provato a riscrivere la storia. Prima puntando il dito contro l'Onu. E poi incolpando proprio il governo Berlusconi - pur parlando di "riluttanza" da parte dell'ex premier: "Non poteva che decidere il governo in armonia con il Parlamento, che approvò con schiacciante maggioranza due risoluzioni gemelle alla Camera e al Senato, con l'adesione anche dell'allora opposizione di centrosinistra", aveva detto l'ex Presidente della Repubblica in un'intervista a Repubblica, "La legittimazione di quella scelta da parte italiana fu dunque massima al livello internazionale e nazionale".

cameron obama sarkozy gheddafi

 

Già allora Berlusconi aveva parlato di "ricostruzioni interessate". E ora conferma: la decisione fu presa da Napolitano.

 

2. E RE GIORGIO CACCIÒ CROSETTO: "ERO CONTRO LA GUERRA LIBICA"

Marco Palombi per il Fatto Quotidiano

 

Il dato generale non è nuovo, ma il particolare invece sì e illustra in modo assai vivido le parti in commedia di quella primavera 2011, i mesi in cui un riluttante governo italiano decise alla fine di schierarsi per la guerra in Libia scatenata da Nicolas Sarkozy e David Cameron, cioè da Francia e Gran Bretagna per loro interessi geopolitici nell' area e che Romano Prodi ha poi definito "una guerra contro l' Italia".

 

NAPOLITANO E GHEDDAFI 2

Il particolare di cui sopra ce lo fornisce Guido Crosetto, ex sottosegretario alla Difesa, che giovedì sera ha partecipato (da intervistato) a Torino allo spettacolo itinerante di Enrico Bertoli Di male in seggio: "Mi buttarono fuori dalla stanza quando dissi che la guerra in Libia era una pazzia totale, ne avremmo pagato le conseguenze. In quel momento chi ricopriva la più alta carica istituzionale in quella stanza mi fece accompagnare fuori, ma non dico il nome". Quel nome l' attuale coordinatore nazionale (e candidato) di FdI lo fa subito dopo: "Fu Giorgio Napolitano".

 

gheddafi, 2011

Sentito dal Fatto Quotidiano, Crosetto conferma il racconto: "Ho detto, come iperbole, che ci mancava solo che facesse chiamare i carabinieri Era il marzo 2011 ed era una riunione d' emergenza convocata al teatro dell' Opera di Roma mentre l' Onu votava la risoluzione sulla Libia. Io ero sottosegretario alla Difesa e ho detto vivacemente che ero contrario all' intervento e poi ho ricordato anche le perplessità dello Stato maggiore: gli unici contrari alla partecipazione italiana all' intervento eravamo io e Silvio Berlusconi. A quel punto Giorgio Napolitano mi ha detto di andarmene perché non avevo titolo a stare lì. Insomma, mi ha buttato fuori".

 

PRODI NAPOLITANO

E quali erano le perplessità dello Stato maggiore italiano? "Quelle relative al dopoguerra: il Paese spaccato e in mano alle tribù, la destabilizzazione dell' area anche dal punto di vista dei fenomeni migratori. Cioè quello che abbiamo visto da allora a oggi". La partecipazione (e poi la cacciata) di Guido Crosetto è una novità, ma quella riunione è nota.

 

Si è svolta la sera del 17 marzo 2011 al Teatro dell' Opera di Roma, in cui si trovavano le più alte autorità della Repubblica per la rappresentazione del Nabucco diretto da Riccardo Muti per i 150 anni dell' unità d' Italia. La rivolta in Libia era iniziata un mese prima e la Francia fremeva per l' attacco che avrebbe spodestato Muahmmar Gheddafi (e rimesso in discussione i ricchi contratti petroliferi in Libia, in cui l' Eni è assai presente).

 

berlusconi e gheddafi

Quella sera all' Onu si discuteva la risoluzione poi usata da Parigi e Londra per dare il via libera all' attacco due giorni dopo (la violazione del cessate il fuoco da parte libica): in una saletta riservata del teatro, tra gli altri, erano presenti, oltre a Napolitano, il premier Berlusconi, il suo consigliere diplomatico Bruno Archi, Gianni Letta, il presidente del Senato Renato Schifani, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, mentre quello degli Esteri Franco Frattini era collegato da New York.

 

Il 9 marzo, peraltro, Napolitano aveva già convocato un Consiglio supremo di difesa che aveva messo nero su bianco la disponibilità italiana alla guerra. Quella sera, dunque, tutti i presenti erano favorevoli a parte il sottosegretario Crosetto e Berlusconi: "Napolitano continuava a insistere che dovessimo allinearci con gli altri in Europa", ha detto l' ex Cavaliere ad Alan Friedman, raccontando che a un certo punto pensò addirittura di dimettersi. "Silvio non voleva dire sì perché aveva dato la sua parola a Gheddafi", ha spiegato in seguito La Russa.

crosetto meloni

 

Come che sia, il giorno dopo (il 18 marzo) Berlusconi - anche per la contrarietà della Lega - trovò la forza di resistere a metà: l' Italia partecipò alla missione Onu, ma non agli attacchi. Un mese dopo, però, il buon Silvio calò definitivamente le braghe dopo una telefonata di Obama che gli "consigliava" di partecipare alla guerra. Napolitano commentò: "È il naturale sviluppo della scelta compiuta a metà marzo" (quando lui cacciava le voci contrarie). Prodi, invece, dopo ha sostenuto che "nel 2011 a Berlusconi hanno poi fatto pagare la Libia e l'amicizia con Putin".

 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…