''800MILA MIGRANTI PRONTI A INVADERE L'ITALIA''. AL SERRAJ MANDA IL SUO PIZZINO, ANZI PIZZONE AL GOVERNO CONTE, IN CASO DI VITTORIA DI HAFTAR - L'AVANZATA DEL GENERALE VERSO LA CAPITALE è STATA RALLENTATA: ABBATTUTO UN CACCIA, OLTRE 100 MORTI TRA LE SUE TRUPPE. LUI CHIEDE SOLDI E AIUTO ALL'EGITTO, MENTRE FRANCESI, CIADIANI, SUDANESI E RUSSI FANNO PARTE DELLA SUA TRIBÙ DI MERCENARI, LA SUA VERA ARMA SEGRETA
LIBIA: INTERA COMPAGNIA HAFTAR SI ARRENDE AL SUD
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(ANSA) - Una intera compagnia di Tarhouna delle forze di Khalifa Haftar si è arresa alle forze governative libiche sul fronte di Suani ban Adem, 25km a sudovest di Tripoli. Lo riferiscono fonti informate all'ANSA. La compagnia, composta da una trentina di militari, si è consegnata uomini e mezzi - tra i quali diversi pick-up e blindati - alla brigata 166 di Misurata, attiva nell'area.
SARRAJ, 800MILA MIGRANTI PRONTI A INVADERE L'ITALIA
(ANSA) - "Fate presto", il peggioramento della situazione in Libia potrebbe spingere "800mila migranti e libici a invadere l'Italia e l'Europa". E in questo enorme numero di migranti ci sono anche criminali e soprattutto jihadisti legati a Isis. Lo sostiene il premier libico Fayez al-Sarraj, in un'intervista all'inviato del Corriere della Sera a Tripoli, pubblicata sul sito del quotidiano. Sarraj ringrazia inoltre l'Italia per la sua mediazione e per il suo sostegno per la pace in Libia.
1 - ORA HAFTAR CHIEDE AIUTO ALL'EGITTO IN FUGA DA TRIPOLI SEDICIMILA SFOLLATI
giuseppe conte incontra fayez al serraj 2
Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della sera”
Khalifa Haftar pare in difficoltà. La sua avanzata segna il passo. Non riesce a sfondare nell' ultima manciata di chilometri, quando pensava di avere già vinto, tanto che è costretto a correre al Cairo per chiedere rinforzi. La tv libica al Ahrar parla di «oltre 100 morti» tra le sue fila. A dieci giorni dalla sua brutale e repentina scelta di cancellare la strada della trattativa e della politica mediata dalle Nazioni Unite, per gettarsi lancia in resta su quella della guerra senza compromessi, «l' uomo forte della Cirenaica» mostra debolezze inaspettate.
Persino la sua struttura di potere potrebbe vacillare. «O vince subito, o rischia di perdere tutto», sostenevano in coro i commentatori locale e internazionali quando il 4 aprile il 76enne ex generale di Gheddafi alla testa dell' autoproclamato «esercito nazionale libico» decise di mobilitare le sue truppe per la presa finale di Tripoli. Pareva una strategia veloce e vincente.
Negli ultimi mesi era riuscito a tessere alleanze con parecchie tribù e gruppi di potere in Tripolitania, i suoi uomini avevano allungato le linee di rifornimento per quasi 1.500 chilometri dalle basi di Bengasi sino alle periferie della capitale.
Sembrava che nella stessa Tripoli larghe fette di popolazione, scontenta delle vessazioni subite dalle milizie locali che stanno dalla parte del premier del governo di unità nazionale Fayez Sarraj, fossero pronte ad accoglierlo festanti.
Ma oggi la situazione sembra parecchio mutata. Le milizie di Tripoli hanno opposto una strenua resistenza e ricompattato la collaborazione con quelle di Misurata. La dinamica dei combattimenti si è trasformata in guerriglia urbana, favorendo le truppe sulla difensiva. I tank, i missili e le artiglierie pesanti in avanzata possono poco nei dedali di case, tra le vie strette.
Parecchie delle forze di Misurata, che solo nel settembre scorso non si erano mosse quando la Settima Brigata di Tarhouna, fedele ad Haftar, aveva marciato verso la capitale, questa volta hanno lasciato da parte divisioni e rivendicazioni inviando uomini e mezzi a sostegno di Sarraj. Così, adesso i combattimenti nei quartieri meridionali vedono le colonne di Haftar costrette a parziali ritirate. Secondo i portavoce di Tripoli, la sua aviazione avrebbe anche perso un caccia nella zona di Wadi Rabia, non è chiaro se colpito da terra o per un guasto meccanico. Nel frattempo i jet di Misurata bombardano le lunghe linee di approvvigionamento avversarie. Si spiega così l' incontro ieri tra Haftar e Abdel Fattah al Sisi.
«Sosteniamo la campagna contro il terrorismo e le milizie», ha fatto comunicare il presidente egiziano. Quest' ultimo aveva già aiutato Haftar nella battaglia di Bengasi nel 2014-17 e per battere le milizie jihadiste e i Fratelli Musulmani a Derna.
Al Sisi però si era risentito per essere stato tagliato fuori dalle recenti intese di Haftar con sauditi ed Emirati. Il fatto che ora Haftar, nel pieno dell' offensiva, vada a trovarlo indica già in sé quanto sia in difficoltà. Però ciò non significa affatto che sia battuto. Il conflitto rischia di incancrenirsi in una difficile e sanguinosa guerra di logoramento.
Intanto a Tripoli, nonostante gli sfollati siano quasi 16 mila, si coglie un clima meno teso. Il governo Sarraj ringrazia coloro che non l' hanno abbandonato nel bisogno. Lo ha ribadito ieri anche il ministro degli Esteri Mohammed Siyala all' ambasciatore italiano Giuseppe Buccino durante un incontro. L' ambasciata italiana è l' unica rappresentanza occidentale rimasta aperta e pienamente funzionante. E di ciò a Tripoli sono estremamente riconoscenti.
2 - FRANCESI, RUSSI, EGIZIANI L'ARMA SEGRETA DI HAFTAR È LA TRIBÙ DEI MERCENARI
Francesco Semprini per “la Stampa”
Nessuna tregua, la guerra continua. Il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj ribadisce che non accetterà alcun cessate il fuoco fin quando le forze del generale Khalifa Haftar proseguiranno il loro attacco a Tripoli e non saranno ritornate alle posizioni di partenza. La battaglia continua quindi anche nei cieli della capitale dove ieri c' è stato il primo abbattimento dall' inizio dell' offensiva di Khalifa Haftar.
Si tratta di un velivolo militare delle forze comandate dal generale, un Sukhoi secondo quanto riferito da fonti locali, intercettato e abbattuto dalla contraerei governativa nell' area di Wadi Rabie, a sudest di Tripoli. I militari hanno precisato che il caccia è stato colpito nell' area di Qaser bin Ghashir, la zona sotto controllo dei soldati di Haftar nei pressi dell' aeroporto internazionale da un razzo terra-aria Sam. Il pilota si è lanciato col paracadute prima che l' aereo si schiantasse a terra a causa dei gravi danni subiti e nei suoi confronti è iniziata una caccia da parte della fanteria del Gna.
È il primo episodio dall' inizio di questa nuova guerra civili libica che vede l' impiego di aerei militari da parte di entrambe le compagini autori di bombardamenti misurati e talvolta approssimativi che mietono vittime anche tra i civili. Complessivamente i morti dall' inizio delle ostilità sono saliti a 130, tra cui si registrano 35 bambini, i feriti sono almeno 750 di cui 200 molto gravi, come riferisce l' Organizzazione mondiale della sanità.
È a circa 16 mila invece il bilancio degli sfollati, secondo l' Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha), precisando che oltre duemila sono le persone che hanno lasciato le proprie case solo tra sabato e domenica. La novità, in termini di bilanci, è invece il primo parziale di vittime sul versante haftarino: «oltre 100 i morti» tra le forze del feldmaresciallo.
Dinnanzi al tributo di sangue la diplomazia accelera gli sforzi, a partire dagli incontri di oggi a Roma, dove si trova il vicepremier del Qatar, Mohammmed Bin Abdulrahman Al Thani per un bilaterale con Giuseppe Conte, e il vicepresidente libico Ahmed Maitig per un' agenda di incontri col premier italiano e col ministro degli Esteri Enzo Moavero. Ieri invece Haftar si è recato al Cairo dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi il quale ha confermato «il sostegno dell' Egitto agli sforzi della lotta contro il terrorismo e le milizie estremiste per realizzare la sicurezza e la stabilità della Libia».
L' appoggio del Paese confinante è anche «agli sforzi mirati a porre le basi di uno Stato civile stabile in Libia e ad avviare la ricostruzione». L' Egitto si conferma quindi sponsor del generale non solo dal punto di vista politico, vista la presenza sul terreno di battaglia alle porte di Tripoli di elementi provenienti dal Paese. Come quello catturato qualche giorno fa sempre ad Ain Zara il quale, secondo quanto riferisce Libya Observer, ha confessato di essersi imbarcato su un volo in partenza da Benina, l' aeroporto di Bengasi, e diretto a Jufra. Lo stesso dove «erano a bordo 14 libici, 30 egiziani e sei consiglieri militari francesi».
Ecco che emerge quindi il profilo della «legione straniera» di Haftar, volontari, mercenari, specialisti, consiglieri e manovalanza molto giovane. Come i due prigionieri tuareg che abbiamo avuto modo di incontrare nella prigione di Zawia: «Dicono di essere libici, ma sono ciadiani», ci hanno detto i responsabili della Prima Brigata che presidia la struttura. Secondo il Telegraph, invece, «la società russa Wagner Group ha inviato 300 contractor a Bengasi assieme ad armamenti, artiglieria, carri armati, droni e munizioni».
«L' impiego è volto alla sicurezza dei porti di Tobruk e Derna a tutela della flotta russa», spiegava il quotidiano britannico. Più volte, in passato, è stato evidenziato l' impiego di manovalanza straniera da parte di Haftar nella campagna per la conquista del Sud. La missione Onu, Unsmil, aveva denunciato lo scorso anno le violenza a Sebha e il sindaco della città, Hamid al-Khayali, tuonò contro «l' occupazione di forze straniere nella Libia meridionale».
Presenze sudanesi del Darfur in particolare, denunciate da Karthoum e identificati nei movimenti ribelli Sudanese Liberation Army (Sla) e Justice and Equality Movement (Jem). È presente anche il Front for Change and Concord in Chad (Fact), gruppo ciadiano oltre un migliaio di combattenti. «Col sospetto - spiega Crisis Group - che il governo di N' Djamena spinga di proposito questi scomodi elementi verso il confine libico per tenerli buoni ed evitare che facciano guai in patria».