“DIVORZIO BREVE”, PLEASE! - SOLO NELLA BIGOTTA ITALIA PER DIVORZIARE CI VOGLIONO TRA I 1.000 E I 1.500 GIORNI DI ATTESA, DUE SENTENZE E UN FIUME DI SOLDI (SE NON CI SONO INTOPPI) - UNA MATRIMONIALISTA: “COSÌ CI GUADAGNIAMO SOLO NOI AVVOCATI. HO FATTO 25MILA CAUSE E DI RIPENSAMENTI NE HO VISTI NON PIÙ DI UNA VENTINA” - ORA SI DISCUTE UNA LEGGE CHE POTREBBE ACCORCIARE I TEMPI, MA CHE ANCORA NON SI SA QUANDO E SE VERRÀ VOTATA...

Maria Novella De Luca per "la Repubblica"

Si chiama "divorzio breve" e l´Italia lo aspetta da decenni. Perché dirsi addio, quando un amore finisce e la vita si rovescia, quando le strade si dividono e i sentimenti mutano, diventi qualcosa di un po´ più umano, semplice, razionale, "naturale". Oggi invece, se nulla osta e tutto va bene, se i figli sono condivisi e i patrimoni non contesi, per separarsi e poi divorziare ci vogliono tra i 1.000 e i 1.500 giorni di attesa.

Ci vogliono due sentenze e un fiume di soldi. Un tempo infinito. Sospeso. E tutto peggiora se invece l´accordo non c´è, allora gli anni e i giorni (e i costi) diventano lunghi, incalcolabili. Così prevede la nostra severissima legge sul divorzio approvata nel 1970, rivista nel 1987, eppure ancora tra le più restrittive d´Europa.

Adesso però qualcosa potrebbe mutare, e il Parlamento tornare a votare nelle prossime settimane quella legge sul "divorzio breve", il cui testo, frutto di non poche mediazioni (e di un accordo, sembra, tra Pd e Pdl) è quasi pronto nelle stanze della commissione Giustizia della Camera, che oggi terminerà il voto degli emendamenti. E i cambiamenti seppure ancora lontani anni luce dal resto d´Europa, sarebbero notevoli.

Oggi infatti tra il divorzio e la separazione devono passare obbligatoriamente tre anni, che tra pratiche, udienze e tempi della giustizia diventano almeno due in più. «Eravamo d´accordo su tutto - ricorda Maria S., divorziata e madre di un ragazzo adolescente - pur di fare in fretta. Pur di dimenticare il suo tradimento ho accettato il minimo indispensabile, ho anche sacrificato soldi e beni purché ognuno potesse andare per la propria strada. Eppure al tribunale di Roma ci abbiamo messo oltre cinque anni».

Nel nuovo testo la separazione passa da tre anni a uno se la coppia è senza figli o i figli sono maggiorenni, e da tre a due anni se ci sono minori. «Vista la situazione italiana, dobbiamo essere contenti - commenta Annamaria Bernardini De Pace, famosa avvocato matrimonialista - ma la nostra legge resta una delle peggiori del mondo. Per i due gradi di giudizio, la sentenza di separazione, poi quella di divorzio, una procedura che fa guadagnare noi avvocati, ma rallenta in modo pazzesco i tempi della giustizia.

E poi perché questi famosi tre anni di attesa, concepiti nella cattolica Italia degli anni Settanta perché le coppie potessero ripensarci, non servono davvero a nulla. Ho fatto 25mila cause e di ripensamenti ne ho visti non più di una ventina». E anche sul fronte dei bambini (in presenza dei quali l´Udc aveva chiesto che i tempi restassero uguali all´oggi), aggiunge Bernardini De Pace, le cose non cambiano: «Da un punto di vista patrimoniale i figli non sono compromessi dal divorzio, ereditano sempre e comunque.

Se invece si propone di aspettare in nome della loro salvaguardia psicologica, allora bisogna pensarci prima della separazione: è lì che per i figli cambia tutto, e non è rimandando il divorzio che le cose migliorano». Ma bisogna andare piano. In Italia ci sono 297 separazioni e 181 divorzi ogni mille abitanti, i matrimoni tra le giovani coppie non durano in media più di sette anni, e anche tra gli over 60 si impenna il numero delle separazioni "tardive".

Ma in Parlamento, che su questo tema appare sideralmente lontano dalle persone, la battaglia potrebbe non essere facile. Già nel 2003 una alleanza tra i cattolici del Polo e quelli della Sinistra aveva affossato con il voto segreto la legge sul "divorzio breve". Oggi il quadro sembra diverso ma il voto dell´Udc e quello della Lega restano un´incognita, mentre i Radicali, che chiedono il "divorzio immediato", non nascondono il loro dissenso. Infatti Giulia Bongiorno, Presidente della commissione Giustizia della Camera, è cauta: «Sul testo stiamo ancora lavorando, ma si tratta di una buona base, che punta a un accorciamento dei tempi della separazione.

Ma il vero problema è che per questa legge, come per altre, non c´è una calendarizzazione, non si sa cioè quando verrà votata e se verrà votata. E non sarebbe la prima volta che un buon testo si arena in attesa dell´aula. Penso alla legge sul diritto di dare ai figli anche il cognome materno: non è mai stata messa in calendario, dunque non è mai stata discussa. Credo per puro maschilismo della politica italiana».

Il rischio per la legge sul "divorzio breve" dunque, fa capire Giulia Bongiorno, è di restare nei cassetti della Commissione Giustizia, come altri provvedimenti in tema di diritto di famiglia. Invece, l´abbattimento dei tempi di separazione, potrebbe essere davvero una riforma importante. «Come avvocato penalista ciò che vedo non è la "fisiologia" ma la patologia dei divorzi. E spesso nei casi difficili l´attesa della sentenza può diventare terreno di violenze, minacce, querele. Tempi più rapidi potrebbero portare sicuramente a una drastica riduzione dei contenziosi».

Elisa M., giovane commercialista di Taranto e madre di due bambini, racconta così un divorzio diventato un calvario: «Il nostro era stato un amore da ragazzi naufragato in età adulta. La storia era finita, mi sono innamorata di un altro e lui non me l´ha perdonata: nell´attesa del divorzio, dopo una separazione giudiziale, ha iniziato a perseguitarmi, mi ha picchiata, è riuscito a far scomparire soldi, titoli e conti correnti.

Ho perso quasi tutto, ma sono riuscita a non farmi portare via i bambini». Conclude lo storico Giambattista Scirè: «La legge degli anni Settanta, anche se frutto di forti mediazioni, era in parte lo specchio dell´Italia di allora. Oggi no. Le coppie sono radicalmente cambiate, lo dimostrano il calo dei matrimoni e le separazioni. E questa legge sul "divorzio breve", che prevede ancora tempi lunghissimi, rischia di essere antistorica e parlare a un Paese che non c´è».

 

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