UN AGGUATO DEL CASSON! IL BANANA TEME CHE IL PD IMPONGA UNO DEI SUOI IN COMMISSIONE GIUSTIZIA

Amedeo La Mattina per "la Stampa"

«Noi siamo e dobbiamo continuare ad essere responsabili e leali con loro, ma se il Pd non è in grado di mantenere un impegno e di controllare i suoi parlamentari prima o poi la maggioranza si farà male e con essa il governo». Berlusconi non ha nessuna intenzione di creare problemi al premier Letta, continua a indossare la maschera dello statista. Non ha però intenzione di farsi mettere due dita negli occhi come è successo ieri al Senato dove Nitto Palma è stato impallinato dagli otto senatori del Pd.

Nonostante l'accordo della sera prima siglato dai capigruppo Zanda e Schifani. Le questioni potrebbero moltiplicarsi, le tensioni strappare la tela della coalizione. Per questo Berlusconi ha convocato il vertice del Pdl per mettere in chiaro alcune questioni, dall'Imu alla proposta sulla cittadinanza ipotizzata dal ministro Kyenge, dalla presidenza della Convenzione a quella della commissione Giustizia. A surriscaldare il clima i processi del Cavaliere che la Cassazione ha deciso di tenere a Milano e non spostarli a Brescia.

Ma a fare male in questo momento è il cazzotto nella pancia della mancata elezione di Nitto Palma. L'ex premier teme l'agguato. Teme che oggi, quando a Palazzo Madama si tornerà a votare a scrutinio segreto, i senatori Democratici mettano in campo uno di loro (Casson, Manconi?) e riescano a farlo passare con i voti di Sel e 5 Stelle, e magari con l'aiutino di Scelta civica.

E in effetti la voglia di agguato nel Pd c'è ed è forte. Il capogruppo Zanda sta sudando le proverbiali sette camicie per convincere i suoi senatori a evitare l'incidente, a non fare l'agguato. Ha chiesto a Casson di rettificare una sua dichiarazione nella quale annunciava una candidatura del Pd, appunto. E Casson ha poi aggiustato il tiro dicendo che ci vuole «una candidatura condivisa». Quella di Caliendo va bene, sempre del Pdl. Mai Palma, l'amico di Cosentino finito in carcere.

In aiuto di Zanda è intervenuto il ministro per i rapporti con il Parlamento Franceschini sollecitato dal presidente del Consiglio Letta. Il quale è consapevole di quanto Berlusconi tiene a questa commissione. Il Cavaliere non recede dal nome di Nitto Palma. Zanda ha chiesto a Schifani di indicare un altro nome più digeribile (Caliendo, appunto) ma da Palazzo Grazioli è arrivato un no fortissimo. «Ci devono dire se sono in grado di rispettare i patti o no, e questo deve valere su tutto ha detto il Cavaliere - perché non possiamo andare avanti con intese fatte di giorno e disfatte di notte. Cosa succederà con i provvedimenti economici e sulle riforme costituzionali?».

A trattare si sono messi pure Verdini e Migliavacca, senza riuscire a venire a capo di nulla, almeno fino a sera. Il Pd sta cercando una soluzione, se Nitto Palma non verrà messo da parte nella notte (cosa poco probabile): alla quarta votazione di oggi in cui viene eletto chi prende più voti, Nitto Palma potrebbe essere eletto con i soli voti del Pdl e della Lega. Evitando una contro-candidatura targata Pd.

Insomma il Pd ha il problema di tenere a bada l'ala antigiustizialista concentrata in quella commissione. «Io ho capito come andava a fine - racconto Nitto Palma nel cortile di Palazzo Madama - quando ho visto i nomi assegnati in questa commissione. E Zanda, che ha chiuso l'accordo con Schifani, sapeva benissimo che questi senatori non mi avrebbero votato».

A suo giudizio sarebbe scattato il primo agguato per farlo desistere e convincere Berlusconi a cambiare cavallo. «Non capisco - aggiunge Palma questo astio nei miei confronti. Io sono stato sottosegretario agli Interni e ministro della Giustizia: non sarei mai stato nominato senza il consenso del Capo dello Stato.

Quindi si regolino un po'». Dicono che ce l'hanno con lei perché amico di Cosentino e voleva candidarlo per salvarlo dalla galera. «Cazzate. Ci sono questioni personali. Chiedete a Casson». Già, Casson che avrebbe voluto andare lui alla presidenza della Giustizia: un ex magistrato che da tempo immemore litiga con l'ex magistrato Palma. Poi c'è la giornalista anticamorra Rosaria Capacchione, ora senatrice Pd: «Non potrei tornare a Napoli se voto l'amico di Cosentino».

 

NITTO PALMAFELICE CASSON SILVIO BERLUSCONI ENRICO LETTA franceschini Luigi Zanda

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…