IL SALTO DELL’ANGELINO - ALFANO APRE AL MODELLO ELETTORALE DEL “SINDACO D’ITALIA” DOPO AVER FIUTATO IL FLIRT TRA RENZI E IL BANANA SUL SISTEMA SPAGNOLO CHE LO AMMAZZAVA - TOTI IN PISTA, FALCHI SPENNATI

Francesco Bei e Carmelo Lopapa per ‘La Repubblica'

È sul doppio turno che si sta combattendo dietro le quinte la guerra psicologica tra Matteo Renzi e la coppia Letta-Alfano. Il segretario democratico, informato riservatamente da Denis Verdini della predilezione forzista per il sistema spagnolo, osserva ora compiaciuto le aperture del nuovo centrodestra sul "sindaco d'Italia".

È l'unico giocatore della partita che al momento può trattare su due tavoli e, nei ragionamenti di queste ore, mostra di esserne pienamente consapevole: «Il sindaco d'Italia sono stato io il primo a proporlo, figuriamoci se posso essere contrario. Anzi, se Alfano si è fatto avanti è solo perché ha capito che l'accordo tra noi e Berlusconi è possibile e concreto. Ma dobbiamo essere molto chiari: a me il doppio turno di coalizione va bene solo a patto che ci diano garanzie sul passaggio al Senato».

Il timore del leader democratico è infatti quello di restare appeso a una falsa apertura, a un'intesa ristretta nel recinto della maggioranza che poi non trovi i numeri per affermarsi a palazzo Madama. «Siamo sicuri che al Senato abbiamo la maggioranza sul doppio turno? E se Casini e i centristi fanno qualche giochetto e si sfilano? Loro sono sempre stati contrari».

Renzi lo ha chiesto a Letta, dopo averlo rassicurato sul fatto che non farà cadere il governo sulla legge elettorale. E lo va ripetendo a tutti quelli che lo spingono, come Scelta Civica, ad accettare un accordo sul sindaco d'Italia che dovrebbe camminare con l'opposizione di Forza Italia, Lega e 5Stelle. «Mi potete chiedere tutto - insiste Renzi - tranne che restare appeso ai voti dei senatori a vita». Al Senato infatti, dopo la fine delle larghe intese, la maggioranza è di appena 167 senatori rispetto a un quorum di 161.

Sul modello spagnolo invece Forza Italia - come si è capito dal vertice azzurro che si è riunito ieri a Montecitorio - ci starebbe eccome. Un sistema, quello iberico, che nelle stime dei renziani attribuisce un bel premio di maggioranza di circa il 18 per cento. Di questo Renzi discuterà faccia a faccia con il Cavaliere in un incontro che potrebbe tenersi già la prossima settimana a Palazzo Vecchio oppure nella sede del Pd a Largo del Nazareno.

Benché i suoi collaboratori l'abbiano messo in guardia dai rischi di un incontro con foto ricordo del condannato, il segretario democratico è disposto a concedere udienza: «È il leader del terzo partito in Parlamento, come facciamo a tenerlo fuori dalla porta?».

Anche dentro Forza Italia si stanno facendo i calcoli sulle convenienze. E al vertice del gruppo forzista, a sorpresa, ieri pomeriggio si è materializzato Giovanni Toti. Arriva molto prima degli altri a Montecitorio, da un ingresso secondario, per sfuggire alle telecamere. Andrà via molto più tardi rispetto al termine della riunione, per non destare clamori e sospetti.

Più di quanto la sua corsa ormai lanciata al coordinamento unico del partito non abbia già fatto. Il direttore del Tg4 e di Studioaperto, divenuto primo consigliere del Cavaliere, si presenta con una sorta di delega ad personam conferita dal leader, nonostante la riunione sia super blindata - invitati i soli capigruppo e i presidenti di commissione - e su un argomento piuttosto tecnico. Berlusconi non si è accontentato del plenipotenziario elettorale Denis Verdini.

«Dopo il tradimento di Alfano il presidente si è chiuso a riccio sull'azienda, si fida solo della famiglia e dei suoi uomini Fininvest e Mediaset» spiega chi è di casa ad Arcore. Poco dopo sarà pur sempre Verdini a riferire al telefono l'esito del lungo incontro all'ex premier, rimasto a Villa San Martino. Quel che è certo è che la svolta di ieri, la prima uscita ufficiale di Toti dopo le voci rincorse durante la pausa natalizia, segna un punto di non ritorno destinato ad alimentare altri veleni la vecchia guardia e gli homines novi.

Per Toti si aprono davvero le porte per un ruolo apicale e solitario, come lui rivendica da tempo. Nella riunione, l'ennesimo braccio di ferro tra Verdini e Renato Brunetta. Ancora una volta sul modello elettorale, che secondo il capogruppo alla Camera - arrivato con in mano i suoi numeri e le sue proiezioni - dovrebbe essere il Mattarellum corretto.

Un'insistenza che - raccontano dirigenti di punta di Forza Italia - sta alimentando il sospetto di un patto segreto tra lo stesso Brunetta e il suo amico leghista Roberto Calderoli. Sospetto che, dicono, Verdini abbia sussurrato nei giorni scorsi al Cavaliere. La Lega di Maroni è infatti sparata sul modello che garantirebbe loro di blindare i collegi del Nord e avrebbe trovato nel capogruppo veneziano il big sponsor del Mattarellum dentro Forza Italia.

Il diktat di Verdini ai vari Romani e Gelmini, Bernini, Sisto e Bruno è stato categorico. L'accordo sul modello spagnolo c'è e come tale è stato illustrato nella telefonata fatta dall'ex coordinatore a Berlusconi. Ma l'impegno è a tenere le carte coperte. «Vogliamo capire prima qual è il gioco di Renzi - spiega uno dei partecipanti al vertice - Non siamo certi che anche il Pd sia compatto sullo spagnolo e non vorremmo trovarci scoperti. Il Mattarellum sarà la nostra carta di riserva nella trattativa con il leader democratico».

 

Angelino Alfano Bruno Vespa Matteo Renzi RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA SILVIO BERLUSCONI E ANGELINO ALFANO alfano berlusconi adn x Giovanni Toti Giovanni Toti

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