1. ALFANO LANCIA L’OPA OSTILE AL PARTITO. SE GLI RIUSCIRÀ BENE. SENNÒ SARÀ SCISSIONE 2. AD OGNI BUON CONTO È GIÀ DIVORZIO, DAI FALCHI. ED EMANCIPAZIONE, DA BERLUSCONI 3. ALFANO COL QUID VA BERLUSCONI A PALAZZO GRAZIOLI: “IN FORZA ITALIA VOGLIO L’AZZERAMENTO DI TUTTE LE CARICHE, LA DELEGA TOTALE SU TUTTE LE DECISIONI E SULLE CANDIDATURE E L’EMARGINAZIONE DEI FALCHI. ALTRIMENTI MI PRENDO IL PDL” 3. L’IDEA DEGLI “ALFANO’S” È DI NON USCIRE DAL PDL, “PER NON FARE LA FINE DI FLI E DI FINI”. MA PRENDERSELO. SE POI NON CE LA FARANNO PENSERANNO A UN NUOVO PARTITO 4. ECCO, LA NUOVA DC, OVVERO LA SEZIONE ITALIANA DEL PPE, AL QUALE PRIMA DELLE ELEZIONI EUROPEE DEL PROSSIMO MAGGIO POTREBBERO AGGIUNGERSI CASINI E MARIO MONTI

Alberto D'Argenio per "la Repubblica"

«Lo volete morto! Lo volete morto! Volete uccidere Berlusconi! ». L'ascensore di Palazzo Madama non trattiene le urla di Sandro Bondi. Quando si aprono le porte si capisce con chi ce l'ha, con alcuni alfaniani che hanno avuto la ventura di imbarcarsi con lui per raggiungere l'aula del Senato. Uno dei mille episodi capaci di spiegare la guerra aperta, lo choc, le lacrime e lo psicodramma collettivo di questo 25 luglio berlusconiano.

Alfano, forte del successo sulla fiducia, lancia l'opa ostile al partito. Se gli riuscirà bene. Sennò sarà scissione. Ad ogni buon conto è già divorzio, dai falchi. Ed emancipazione, da Berlusconi. Al quale in serata, nell'ultima, ennesima, riunione a Palazzo Grazioli, dice: «In Forza Italia voglio l'azzeramento di tutte le cariche, la delega totale su tutte le decisioni e sulle candidature e l'emarginazione dei falchi. Altrimenti mi prendo il Pdl».

È il giorno delle lacrime e dell'impensabile. Alfano e i ministri pronti a votarsi la fiducia, i 23 senatori che firmano il documento in favore del governo che costringono Berlusconi alla più clamorosa delle retromarce. Storie politiche, affetti, amicizie ventennali che vengono divise dalla cortina che spacca il Pdl.

E il dilemma di lasciare il Cavaliere per chi gli deve tutto. Le lacrime del ministro Nunzia De Girolamo, che entra ed esce dall'aula di Palazzo Madama per poi crollare in un pianto disperato in corridoio. La abbraccia e piange con lei un berlusconiano della prima ora, uno che col Cavaliere ci sta da Mediaset e che non lo abbandona. Il dramma di chi sta da sempre con Berlusconi ma non ne può più di subire la leadership dei falchi alla Santanchè o alla Verdini.

Berlusconi li ha contattati tutti l'altra notte, ha giocato la carta dell'affetto. Poi toccava a Verdini spronarli a non abbandonare «la guerra per Silvio». Ma loro rispondevano di no. «Ma come - diceva ad esempio il Cavaliere dopo aver chiamato Colucci e Viceconte - uno lo conosco da 40 anni, l'altro è con me dall'inizio e ora sono nella lista dei traditori...». Resteranno berlusconiani, garantisce Cicchitto, continueranno a difendere il Cavaliere. Ma, spiegava in serata Sacconi a un collega rimasto dall'altra parte del muro, «con i falchi possiamo stare nella stessa coalizione, non nello stesso partito.

L'esito finale potrebbe essere che noi restiamo nel Pdl e loro vanno in Forza Italia. Berlusconi potrà essere il padre nobile della coalizione. L'affetto per lui resta, però ci siamo affrancati. Abbiamo avuto il coraggio di dirgli quello che pensiamo per il suo bene. E da oggi decideremo noi». Giovanardi aggiungeva: «Io resto nel Pdl, sono i falchi che hanno deciso di tornare a Fi». In molti azzardano un paragone tra il Berlusconi di oggi e l'ultimo Bossi: «È finito dentro a una sorta di cerchio magico comandato dai falchi che gli filtrano la realtà e lo portano a farsi del male».

E ora? Alla Camera Cicchitto nel pomeriggio prova la fuga in avanti. Alla capigruppo annuncia l'imminente creazione di un gruppo autonomo per poter parlare prima della fiducia a nome dei dissidenti.

Dice che si chiamerà "Popolo della Libertà per Alfano Segretario", ma i funzionari di Montecitorio glielo cassano, troppo simile a "Pdl per Berlusconi presidente". Nel documento che deposita ci sono 26 nomi tra cui quelli dei ministri Alfano, Lupi, Lorenzin
e De Girolamo. Loro restano cauti, dicono di non saperne nulla, ma con Quagliariello ormai sono a capo delle truppe ribelli. In serata si tiene una lunga riunione al MoMeC, di fronte a Montecitorio, per decidere se lanciare davvero i gruppi autonomi per mar-care la scissione o se aspettare.

Ci sono i big come Formigoni, Giovanardi, Costa, Castiglione, Calderisi e Augello. All'arrivo Alfano viene accolto da una standing ovation. Si decide di «congelare» i gruppi, di non renderli operativi subito, così preferiscono Lupi e Alfano per evitare l'accusa di tradimento. Li lanceranno in un secondo momento.

Tanto più che al Senato, assicurava in serata un big, «siamo praticamente in maggioranza e dunque non creiamo un nuovo gruppo, controlliamo quello attuale». Già, perché se in mattina in 23 avevano avuto il coraggio di firmare il documento per la fiducia, altri 15 erano pronti a scendere in campo e una decina hanno bussato alla loro porta nel pomeriggio. La maggioranza in un gruppo da 91 senatori.

Dunque l'idea è di non uscire dal Pdl, «per non fare la fine di Fli e di Fini», ragionavano gli alfaniani. Ma prenderselo. Se poi non ce la faranno penseranno a un nuovo partito. «Intanto diamo forza al governo - ragionava in serata un fedelissimo di Alfano - da oggi i falchi sanno che se mandano in fibrillazione Letta noi li neutralizziamo perché abbiamo i numeri per tenerlo in piedi anche da soli».

Con la prospettiva di creare «il nuovo partito maggioritario del centrodestra italiano, popolare, europeo, postdemocristiano». Ecco, la nuova Dc, ovvero la sezione italiana del Ppe, al quale prima delle elezioni europee del prossimo maggio potrebbero aggiungersi l'Udc di Casini e i cattolici di Mario Monti, maggioranza in Scelta Civica.

 

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