DONALD, HILLARY E LE DONNE DI BILL - TRA LE ARMI DI PROPAGANDA CHE TRUMP VUOLE UTILIZZARE IN QUESTE ULTIME SETTIMANE DI CAMPAGNA CI SONO LE SCAPPATELLE DI BILL CLINTON. HILLARY TEME LE ANNUNCIATE RIVELAZIONI DI WIKILEAKS E VOLEVA FAR COLPIRE ASSANGE DA UN DRONE
1.L’ INCUBO DELLE (TANTE) INFEDELTÀ DI BILL: L' ULTIMA ARMA DI TRUMP CONTRO HILLARY
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Molti ricorderanno la drammatica intervista televisiva, quasi una seduta d' autocoscienza, di Bill e Hillary Clinton nel 1992, in piena campagna per le presidenziali. Il governatore dell' Arkansas era partito bene, poi sbucarono le registrazioni di alcune sue telefonate compromettenti con una ragazza, Gennifer Flowers. Davanti alle telecamere Bill, rosso come una carota, biascicò qualche scusa. Hillary, invece, quasi investì il pubblico a casa, più o meno con queste parole: mio marito è un uomo onesto. Io che sono sua moglie gli credo.
Non vi basta? «Non votatelo». Bill tornò rinfrancato ai comizi. Vinse e diventò presidente degli Stati Uniti. Ma quel ricordo è come una scia velenosa che non si è mai dispersa in ventiquattro anni di storia, piccola e grande, dei «Clintons».
Adesso sembra arrivato il momento di farci i conti in modo definitivo. Domenica 9 ottobre, nel secondo confronto diretto a St.Louis, Donald Trump, lo ha già annunciato, riaprirà quello che potremmo definire «il libro nero» di Casa Clinton: le infedeltà di Bill.
Certo, sarebbe stato meglio uno scontro sui temi chiave degli Stati Uniti. Ma tant' è, questo è il quadro dell' America 2016: la creativa elusione fiscale di «Donald» contro i tradimenti sofferti da Hillary.
Lo staff della candidata dei democratici sta studiando le possibili contromosse per contenere i danni. Trump, con sottile perfidia, non dovrebbe indugiare, almeno così si spera, sui particolari pecorecci. Attaccherà senza scrupoli, invece, l' atteggiamento che Hillary ha tenuto nei confronti delle amanti attribuite al marito. Il New York Times di ieri ricostruisce il passaggio chiave di un lungo repertorio: il caso Gennifer Flowers appunto, la donna che Trump a un certo punto aveva anche pensato di invitare ad assistere al primo dibattito presidenziale, lo scorso 26 settembre.
In quel 1992 Hillary arrivò a ingaggiare Jack Palladino, un detective privato senza troppe bardature etiche: doveva scavare nel passato della giovane donna, fino a distruggerne la reputazione. Anche in altre occasioni, racconta il giornale americano, l' ex First Lady aveva dato disposizioni ai suoi collaboratori di indagare e, se il caso, intimidire con la minaccia di rivelazioni sgradevoli, le ragazze che, a torto o a ragione, sostenevano di aver avuto un flirt con il marito.
Era accaduto nel 1991, per esempio, con Connie Hamzy, un' appassionata di rock che rivelò a «Penthouse» di aver avuto delle avances dall' allora governatore dell' Arkansas. Bill si limitò a negare; Hillary si spinse oltre: «Dobbiamo distruggere la sua storia», riferisce ora Stanley Greenberg, un esperto di sondaggi che lavorò per Clinton nel 1991.
Quando esplose lo «scandalo Flowers» Hillary era già carica di rabbia. Subito dopo aver salvato la carriera di Bill con quelle parole in tv, tornando a casa sull' aereo, la futura First Lady era furiosa, come racconta Gail Sheely, una giornalista che era al seguito: «Se questa signora Flowers si trovasse davanti a una giuria e il verdetto dipendesse da me, non avrei dubbi, la farei crocifiggere».
Su questo potrebbe battere e ribattere Trump, chiamando in soccorso testimonianze come quella di Gloria Allred, una nota avvocatessa impegnata nella difesa dei diritti delle donne: «Scavare nel passato delle rivali è una strategia vergognosa. La maggior parte delle donne non sono suore e neanche "Girl Scouts". Questo non significa che non possano dire la verità». Gloria Allred, giusto sottolinearlo, alla Convention democratica era una delegata dello schieramento di Hillary: «L' episodio Flowers non cambia la mia opinione.
Diciamo che fu un "meno", ma lei ha tanti "più"». Dovrà dimostrarlo ancora una volta.
2.LA MINACCIA DI WIKILEAKS
Paolo Mastrolilli per “La Stampa”
«Ma non potremmo "dronarlo"?». Così, secondo Wikileaks, la Clinton aveva proposto di liberarsi di Julian Assange, alla vigilia della pubblicazione dei dispacci diplomatici americani nel 2010: «Non potremmo colpirlo con un drone?». Non ci sono fonti attendibili né carte che confermano questa rivelazione, ma di sicuro dimostra come la campagna presidenziale stia scivolando sempre più verso la macchina del fango.
Il fondatore di Wikileaks sostiene da mesi di avere documenti imbarazzanti su Clinton, e aveva promesso di rivelarli domani a Londra. L' appuntamento è stato prima cancellato, per «motivi di sicurezza», e poi spostato a Berlino, dove Assange farà un intervento via video. Nel frattempo, per provare l' odio di Hillary, Wikileaks ha rivelato questo episodio che sarebbe avvenuto il 23 novembre 2010.
L' allora segretario di Stato discuteva con i colleghi come gestire l' imminente pubblicazione dei rapporti diplomatici ottenuti dall' organizzazione del suo rivale australiano, e secondo una fonte chiese se era possibile eliminarlo con un drone.
I colleghi risero, pensando fosse una battuta, ma lei aveva proseguito: «In fondo è un soft target, che si muove libero di fare quello che vuole».
Stavolta non ci sono documenti per dimostrare l' autenticità di questa dichiarazione, e domani a Berlino si vedrà cosa possiede Wikileaks. Nel frattempo il dibattito sta scivolando così in basso, che il Daily Mail ha riciclato la storia di Danney Williams, il figlio naturale ventenne che Bill Clinton avrebbe avuto con una prostituta nera. A questo Trump ha aggiunto che a suo giudizio, «Hillary non è stata fedele con Bill», senza fornire prove o contesto.
Nel frattempo continuano anche le rivelazioni imbarazzanti su Donald, come quella del New York Times secondo cui nel 1995 aveva riportato al fisco una perdita da un miliardo di dollari, grazie a cui non avrebbe pagato tasse per quasi due decenni. Ieri a questo si è aggiunto che dal 1998 al 2003 Trump aveva affittato alla Bank Melli uffici sulla Fifth Avenue. Questa banca, però, era nella lista nera del governo americano, perché era controllata dall' Iran e aveva finanziato il reparto delle Guardie Rivoluzionarie che sponsorizzavano attacchi terroristici all' estero.
Sarebbe non solo una potenziale violazione della legge, ma una scelta politica che contraddice le posizioni prese da Donald, severo critico dell' accordo sul programma nucleare di Teheran siglato dagli Usa. Il ministro della Giustizia dello Stato di New York, Eric Schneiderman, ha intanto ordinato alla Trump Foundation di interrompere le sue attività, perché non ha la licenza per sollecitare donazioni.
Su questo sfondo sempre più confuso, stasera i candidati alla vice presidenza Tim Kaine e Mike Pence si scontreranno in Virginia per il loro dibattito. L' obiettivo è difendere i propri capi, e possibilmente riportare il dibattito sui temi politici di sostanza che dovrebbero decidere le elezioni.