AMATO SILENZIO - ASCOLTATO DALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA SULLA “TRATTATIVA”, L’EX GAROFANO GIULIANO OFFRE POCHI E SBIADITI RICORDI - GIANNI DE GENNARO HA PAROLE DI STIMA PER IL GENERALE MARIO MORI, ACCUSATO DI ESSERE UNO DEI MEDIATORI TRA STATO E COSA NOSTRA - LA VERSIONE DI MARTELLI SULLA FORMAZIONE DEL GOVERNO AMATO NEL GIUGNO 1992, CON LA SOSTITUZIONE AGLI INTERNI DEL MINISTRO DC SCOTTI CON MANCINO, INDEBOLITA DA MOLTI “NON RICORDO”…

Marco Lillo per il "Fatto quotidiano"

Non abbiamo mai sentito parlare di trattativa. È questo il refrain comune alle due audizioni dell'ex premier Giuliano Amato e dell'ex capo della Dia e poi della Polizia Gianni De Gennaro, che si sono tenute ieri davanti alla Commissione parlamentare antimafia. Era la prima volta che Gianni De Gennaro, attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, veniva sentito sul punto.

Ma, almeno nella parte pubblica della sua audizione, andata avanti fino a tarda sera e poi segretata, ha deluso le attese. De Gennaro si è limitato a spiegare il senso delle relazioni che il suo ufficio di allora, la Direzione Investigativa Antimafia, aveva steso a ridosso delle stragi del 1992. In quelle relazioni non si parlava di trattativa, ma si delineava un tentativo di Cosa Nostra di creare le condizioni per influire sul quadro politico con il tritolo.

Quelle relazioni, ha spiegato De Gennaro, mettevano in relazione l'omicidio Lima e la strage di Capaci e sottolineavano i collegamenti con la condanna definitiva in Cassazione per il maxi-processo. Sul generale Mario Mori, De Gennaro ha avuto parole positive. Il sottosegretario ha definito "proficuo" il rapporto con lui quando Mori era il capo del Sisde e lui era il capo della Polizia.

C'è stato anche un accenno a Massimo Ciancimino: "Non lo conosco e non capisco perché mi abbia accusato falsamente" ha detto De Gennaro. Nel pomeriggio c'era stata l'audizione dal sapore retrò di Giuliano Amato. La lotta tra i due più stretti collaboratori di Bettino Craxi ha avuto un'appendice a venti anni di distanza. Amato ha smentito quanto affermato da Claudio Martelli riguardo a un passaggio fondamentale del canovaccio sul quale sta lavorando la Commissione: la formazione del governo Amato nel giugno 1992 con la sostituzione (riuscita) agli Interni del ministro Dc Vincenzo Scotti con Nicola Mancino e il cambio, solo tentato, di Martelli alla Giustizia.

"Giuliano Amato mi disse che Craxi non voleva che restassi alla Giustizia", è la versione di Martelli ai magistrati. Un tentativo poi sventato da Martelli, poi costretto alle dimissioni dalle sue grane giudiziarie. "Non ricordo la conversazione con Martelli", è stata la replica di Amato.

Anche sul movente della sostituzione dell'allora capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, socialista come lui, Amato se l'è cavata così: "Non vedevo spesso Amato anche se era socialista e delle sue vicende non mi investì. Peraltro la sua sostituzione maturò quando il mio governo aveva già cessato di esistere".

Il passaggio più teso dell'audizione di Amato ha riguardato la conoscenza della trattativa tra Mario Mori, vicecapo allora del Ros dei Carabinieri, e i corleonesi tramite Vito Ciancimino. "Non ho mai saputo nulla. Se c'era una trattativa, il che ha una certa plausibilità", ha spiegato Amato, "si è svolta lontano da me. E questo lo ritengo plausibile perché ero in condizione di fermarla essendo il premier. E lo avrei fatto".

Luigi Li Gotti dell'Idv lo ha incalzato partendo dalle precedenti dichiarazioni ai pm di Palermo nelle quali Amato aveva ammesso di aver ricevuto la notizia delle intenzioni del Ros di avvicinare Ciancimino da Fernanda Contri, magistrato e allora segretario generale della Presidenza del Consiglio. Il match Li Gotti-Amato è stato teso ma si è chiuso con un pareggio. Dopo aver paragonato Li Gotti al protagonista delle purghe staliniane, Mikhail Suslov, Amato ha risposto: "Non ricordo di avere chiesto io alla Contri di chiamare il colonnello Mori. Lo chiamò di sua iniziativa".

Il duello tra Amato e Li Gotti, però riguardava un altro particolare: nella precedente deposizione con i pm Amato aveva definito il magistrato Contri: "Un ponte" tra lui stesso e il colonnello Mori. Sul punto l'ex premier ieri ha precisato: "Se posso dare la mia interpretazione autentica del ‘ponte' è la seguente: la Contri chiamò Mori per decisione sua chiedendo cosa sapevano e quali indagini stavano facendo. Su questo è possibile che ci sia stato un ponte.

Nel senso che io sentivo il bisogno di sapere qualcosa delle indagini e la Contri chiede a Mori, il quale dirà che - ai fini delle indagini - riteneva utile avere il rapporto con Vito Ciancimino".

La Commissione con Amato ieri ha affrontato anche il tema dell'esistenza di mani straniere nelle stragi o della presenza di soggetti non mafiosi come schegge dei servizi deviati. L'ex premier ha tenuto a sottolineare che non aveva una visibilità sulle indagini e ha aggiunto: "Ritengo di avere parlato di stragi con l'allora capo della polizia Vincenzo Parisi. Aveva la propensione a vedere mani straniere, ma si riferiva di più a quelle sui treni degli anni precedenti".

Quanto ai mandanti non mafiosi: "Non sono in grado di escludere che sia successo. Le tecniche sono tipiche del terrorismo internazionale, la mafia uccide in un modo diverso da quello di Capaci". Solo dietro le stragi del 1993, quelle in continente a Firenze e Milano e Roma, Amato già allora aveva intravisto un movente diverso dalla semplice mafia: "Per la strage dei Georgofili a Firenze", ha detto Amato, "sostenni già allora la tesi che si trattava di una strategia per far ritirare l'inasprimento del 41 bis e lo scrissi in un articolo".

 

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