ASSAD PARTE ALLA RICONQUISTA DELLA SIRIA, MENTRE OBAMA TRACCHEGGIA E LEGA ARABA E ONU SI ARRENDONO
1. SIRIA: HOMS; FONTI AD ANSA, PARTE OFFENSIVA MILIZIE DI ASSAD
(ANSA) - E' scattata da poche ore una massiccia offensiva delle milizie fedeli al presidente Bashar al Assad contro i quartieri ribelli di Homs, terza città siriana nella zona centrale del Paese. Lo riferiscono testimoni raggiunti via Skype dall'ANSA.
Secondo le fonti, i soldati dell'esercito di Assad sostenuti dalle squadre di ausiliari della regione costiera e della Siria centrale (alawiti in larga parte) si sono addensati da ieri sera ai margini dei quartieri di Khaldiye e Wadi Sayyeh, tra il centro storico di Homs e la parte moderna a nord della città . I due quartieri fanno parte della Homs assediata dove da mesi resiste un numero imprecisato di ribelli, sunniti per lo più.
Le fonti accusano - senza però darne prova tangibile - della presenza di miliziani sciiti del movimento libanese Hezbollah e di ufficiali iraniani. "Vogliono dividere in due la zona di Homs assediata e separare il centro storico dal resto del centro urbano", affermano le fonti, secondo cui "nelle zone assediate ci sono ancora 800 famiglie intrappolate" e "circa 500 feriti" sparsi nei diversi ospedali di fortuna allestiti dalla popolazione solidale con la rivolta anti-Assad.
2. SIRIA: IMMINENTI DIMISSIONI INVIATO ONU E LEGA ARABA BRAHIMI
(ANSA-AFP) - Il mediatore dell'Onu e delle Lega Araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, sta per dimettersi dall'incarico, secondo quanto rivelano fonti diplomatiche. Brahimi - dice una fonte, un diplomatico di un Paese membro del Consiglio di sicurezza - "ha veramente desiderio di dimettersi e si stanno compiendo sforzi per convincerlo a restare ancora qualche giorno".
"Vuole lasciare perché ha l'impressione che la Lega Araba abbia preso una strada differente rispetto alle Nazioni Unite", ha aggiunto la fonte. La scorsa settimana il regime siriano ha annunciato che avrebbe cessato la sua "cooperazione" con Brahimi come inviato della Lega Araba dopo che quest'ultima aveva deciso di assegnare il seggio della Siria a un rappresentante dell'opposizione. Brahimi, 79 anni, ex ministro degli esteri algerino, era stato nominato il 17 agosto 2012 dopo le dimissioni dalla stessa carica dell'ex segretario generale dell'Onu, Kofi Annan.
3. E LA LINEA ROSSA SI SPOSTA PIÃ AVANTI
Massimo Gaggi per "Il Corriere della Sera"
Barack Obama dice alla stampa quello che gli analisti avevano già intuito: gli Stati Uniti non hanno intenzione di farsi trascinare direttamente in un altro conflitto e per ora temporeggiano anche davanti alle prove di impiego di armi chimiche (gas sarin) contro i ribelli. Prove ancora parziali, certo, la responsabilità diretta di Damasco non è ancora provata al cento per cento, ma il problema non è solo questo.
Scartato un intervento con le truppe sul terreno, restano le opzioni della «no fly zone» e quella di armare i ribelli. Ma anche a questo livello le difficoltà non sono poche: le difese antiaeree siriane sono temibili. Israele ha effettuato un attacco contro un obiettivo in Siria alcuni mesi fa, è vero, ma dalle analisi condotte in seguito risulta che l'aereo che ha lanciato l'ordigno l'ha fatto dal cielo del Libano, senza mai entrare in territorio siriano.
Distruggere i missili fissi di Damasco è possibile, ma le batterie antiaeree mobili sono difficilissime da individuare. E questo sistema difensivo, creato grazie all'aiuto di Mosca, pare tuttora gestito col contributo «in loco» di molti tecnici russi che potrebbero essere uccisi negli attacchi. Un incidente diplomatico che Obama vuole evitare, soprattutto ora che ha bisogno di Mosca nelle indagini sui terroristi ceceni che si è trovato in casa.
Armare i ribelli? Anche qui bisogna ragionare con cautela, pensano alla Casa Bianca, ancora scottati come sono dalla scoperta che le armi usate dai terroristi islamici negli attacchi in Mali erano le stesse inviate ai ribelli libici per sostenere la rivolta anti Gheddafi. E, come dimostrato da diverse inchieste sulla Siria pubblicate dalla stampa internazionale, tra i gruppi ribelli che combattono contro Assad ormai prevalgono i gruppi jihadisti vicini a ciò che resta di Al Qaeda.
Mentre le organizzazioni che condividono i valori di libertà dell'Occidente hanno un peso, anche militare, ridottissimo. Per gli Usa, come per il resto della comunità internazionale, quello della Siria è stato fin dall'inizio un rebus pressoché insolubile. Obama ha un sentiero strettissimo davanti a sé, ma si è reso la vita più difficile quando ha lanciato l'avvertimento ad Assad: non superare la linea rossa, l'uso di armi chimiche «innescherebbe conseguenze enormi».
Se Washington ora non reagisce con forza, rischia di mandare un segnale sbagliato, rinunciatario, all'Iran e alla Corea del Nord, anche loro messe sotto pressione da Washington per i loro programmi nucleari.
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