IL BANANA: UN NOME, UNA GARANZIA! IL MARCHIO BERLUSCONI IN POLITICA VALE IL 10% DELL’ELETTORATO

Paolo Bracalini per "Il Giornale"

Tre milioni e mezzo di vo¬ti, circa il 10% dell'elettorato. «Parliamo del marchio "Berlu¬sconi", del brand, come la Fer¬rari o il tonno Rio Mare». Il son¬daggista Nicola Piepoli non fa molta differenza, sul piano del marketing politico-elettorale, tra tonni in scatola e leader o simboli politici. E secondo lui il valore del logo «Berlusconi», co¬me marchio di fabbrica, nonostante processi, scandali, pole¬miche e condanne, non ha an¬cora paragoni nel supermarket della politica italiana.

«Berlu¬sconi, piaccia o dispiaccia, è l'unico brand, l'unico marchio individuale che attualmente ha questo valore in Italia». Se si pensa alle estenuanti battaglie, tra carte bollate e ricorsi in tribu¬nale, per la proprietà dello scu¬do crociato, lo storico brand del¬la Democrazia cristiana, che per i sondaggisti non vale più dell'1,5% dei voti, si inquadra meglio la faccenda.

«Il simbolo Dc è un marchio puro, come l'Amaro Averna,mentre il mar¬chio Berlusconi è analogico, cioè è collegato ad una persona. Questo non significa che la forza del brand non si possa tra¬sm¬ettere anche ad un altro Ber¬lusconi in politica, ad esempio la figlia Marina. Il marchio man¬terrebbe la sua forza, almeno per la seconda generazione. An¬che se non credo che Marina scenderà in politica, ma questo è un altro discorso».

Nella classifica dei «cervelli», cioè delle personalità pubbli¬che capaci di creare consenso attorno a sé, l'Istituto Piepoli piazza Berlusconi molto in al¬to, tra i primi dieci («in politica è davanti agli altri»), forza che si riverbera sul marchio secondo il sondaggista. Obiezione: ma è un brand condannato per fro¬de in Cassazione.

«Alla maggio¬ranza degli italiani questo non interessa, pensano che il pro¬cesso di Berlusconi non riguar¬di loro ma lui e che non abbia conseguenze sul Paese ma solo per la persona di Berlusconi. Quelli a cui importa sono eletto¬ri che non lo voterebbero mai. Pensi al brand Ferrari. Se scop¬piasse un guaio giudiziario per l'azienda di Maranello, il mar¬chio Ferrari non perderebbe il suo grande fascino.

Stessa cosa vale per Berlusconi». L'analisi dell'Istituto Piepoli poggia su un «esperimento in vitro», così lo chiama l'immaginifico sondaggista torinese, cioè il diffe-renziale tra il peso elettorale del centrodestra senza Berlusconi a novembre 2012 (circa 15%), e il risultato delle elezioni a febbraio 2013, con il brand (e anche la persona) Berlusconi di nuovo in campo (25%). Ap¬punto dieci punti, che sarebbe il plusvalore del brand berlu¬sconiano.

O il minusvalore di un centrodestra «democratico ed europeo», cioè senza mar¬chio Berlusconi, come quello auspicato da Scalfari su Repub¬blica («Quagliariello, Cicchit¬to, Lupi e altri stanno lavoran¬do a questo progetto, vanno in¬coraggiati »). «Chi vuole espelle-re il brand Berlusconi dalla poli¬tica sa benissimo che, se ci riu¬scisse, eliminerebbe qualcosa di inaffondabile finché c'è. Qualcosa che è legato all'incre¬dibile capacità comunicativa di Berlusconi, che per noi signi¬fica saper leggere la realtà e sa¬perla trasmettere agli altri.

Ber¬lusconi è uno che comunica in maniera assoluta. A tavola con altri colleghi ci raccontavamo alcuni fatti capitati a noi nella comunicazione di Berlusconi. A me per esempio». E qui Piepo¬li si abbandona ad un aneddo¬to: «Una volta sono andato a tro¬varlo a Palazzo Chigi, invitato da Bonaiuti che era il mio clien¬te. Lì Berlusconi mi propone l'ultima cosa che mi sarei mai aspettato a Palazzo Chigi. Mi porta in un salottino e mi fa ve¬dere, fatto nel '700 all'epoca dei principi Chigi, quello che nelle ricerche di mercato è noto co¬me il One-way-mirror, lo spec¬chio dei guardoni, ha presen¬te?» (Piepoli ci coglie imprepa¬rati, ma poi si spiega meglio).

«È uno specchio attraverso cui noi osserviamo, senza essere vi¬sti, il comportamento degli in¬tervistati nei focus group . Nel '700 aveva un'altra funzione, era usato dai voyeur, dai guar¬doni. Berlusconi, in quel modo paradossale, mostrandomi l'antenato di uno strumento che fa parte del mio lavoro quotidiano, ha colpito in modo for¬tissimo la mia fantasia. Quell'episodio me lo ricorderò fin¬ché campo, sono stato anch'io vittima del suo fascino. E que¬sta forza si lega al suo brand. Fa sì che il suo brand sia inaffonda¬bile. Per questo lo vogliono can¬cellare».

 

Silvio berlu SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA lls18 silvio marina berlusconi mau vanadiaBerlusconimarina e silvio berlusconiNicola Piepoli

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel goldman sachs

"DELFIN” CURIOSO – DA DOVE ARRIVA LA NOTIZIA CHE LA HOLDING DEI DEL VECCHIO POTREBBERO LIQUIDARE IL LORO 2,7% DI UNICREDIT? I BENINFORMATI PUNTANO IL DITO SU GOLDMAN SACHS: LA BANCA AMERICANA E' ADVISOR DI COMMERZBANK, CHE TRA DUE GIORNI TERRÀ IL SUO “INVESTOR DAY”, E HA TUTTO L’INTERESSE A VEDER SVALUTARE IL TITOLO DELLA BANCA ITALIANA, CHE VUOLE PAPPARSELA – ORCEL TIRA DRITTO E ANNUNCIA CHE UNICREDIT "HA SUPERATO LA SOGLIA DEL 5% IN GENERALI”. E NON ESCLUDE UN RILANCIO SU BPM"

peter thiel donald trump elon musk

DAGOREPORT – MUSK È IL “DOGE”, MA IL VERO BURATTINO DELLA TECNO-DESTRA USA È PETER THIEL. PER AVERNE LA PROVA BASTA VEDERE LA PARABOLA ASCENDENTE DELLA SUA “PALANTIR” IN BORSA: IN UN MESE, HA GUADAGNATO IL 65% (IL 39 IN UNA SETTIMANA) – COSA POTRÀ FERMARE L’AVANZATA DEI MILIARDARI TECH A STELLE E STRISCE? IL LORO EGO E GLI INTERESSI OPPOSTI. IN QUESTE ORE THIEL HA ASSISTITO AL “TRADIMENTO” DEL SUO EX PUPILLO ZUCKERBERG: È STATA “META” A DIVULGARE IL CASO “PARAGON”. E THIEL HA GROSSI ACCORDI CON L’AZIENDA CHE PRODUCE IL SOFTWARE PER SPIONI GRAPHITE – IL REGALONE A MUSK: CONTROLLANDO I PAGAMENTI DEL PENTAGONO, POTRÀ VEDERE I CONTRATTI DELLE SOCIETÀ CONCORRENTI A SPACEX…