BANANA RETARD - B. CERCA DI RINVIARE IL VOTO DELLA GIUNTA CHE LO CACCERÀ DAL SENATO, SPERANDO NEL MIRACOLO

Ugo Magri per "La Stampa"

L'unica certezza su Berlusconi è che cambia opinione (e strategia) numerose volte al giorno, spesso in ragione dei propri interlocutori.

Falchissimo con i falchi, realista con le colombe. Per effetto di questi continui sbalzi di giudizio, i più accorti dei suoi hanno pensato bene di cucirsi la bocca, onde evitare di suscitarne le ire. Alfano, per esempio, è l'unico esponente di primo piano la cui voce non si è ancora udita. E la stessa Santanché si è chiusa in un silenzio stampa da cui traspare, sebbene inespresso, un profondo disagio rispetto alla piega presa dagli eventi. Nel mezzo di tanta incertezza si trovano gli avvocati del Cavaliere, i quali vorrebbero regolarsi sulle intenzioni del loro cliente: vorrà chiedere o no la grazia a Napolitano?

L'altra sera, non risultavano dubbi in proposito, tanto che Longo e lo stesso Coppi ne avevano fatto cenno in alcune pubbliche interviste. Però poi, con il trascorrere delle ore, anche quello che sembrava un punto fermo, quasi una spada nella roccia, si è andato sfaldando: sì, forse, chissà, boh, vedremo...

Le ultime da Arcore riferiscono che in questo momento Berlusconi sta meditando con grande interiore tormento se non gli convenga rinunciare all'atto di clemenza e chiedere direttamente l'affido ai servizi sociali; oppure, addirittura, non sia meglio lasciarsi chiudere per nove mesi agli arresti domiciliari, in modo da presentarsi quale vittima del sistema, una provocazione vivente, una sfida all'establishment... «Sono scelte che spettano a lui, e a nessun altro», allargano le braccia nello staff legale berlusconiano, che resterà operativo perfino il giorno di Ferragosto (niente vacanze per Ghedini, rimasto a Padova).

A scatenare ubbie e ripensamenti è stata, secondo certe ricostruzioni, una lettura più attenta della nota quirinalizia, Berlusconi vi ha trovato molto meno di quanto Gianni Letta gli aveva fatto pregustare alla vigilia (lo stesso zio del premier pare ne sia contrito e deluso). Chiedere la grazia comporterebbe un'ammissione di colpa e, soprattutto, l'impegno a tenere in piedi il governo: su questo Napolitano è stato chiarissimo.

Ma i vantaggi sul piano giudiziario, nonché in termini di «agibilità politica», risultano a Silvio assai meno chiari, avvolti da una nube d'incertezza. Dunque hanno facile gioco quanti, specie tra le «amazzoni», lo mettono in guardia rispetto alle «trappole quirinalizie»: «Attento, Silvio, che Napolitano vuole soltanto accompagnarti alla porta, altro che lanciarti un salvagente...» (invano qualcuno dalla memoria lunga gli ha ricordato che Scalfaro si comportò molto peggio con Craxi, il quale ebbe solo il tempo di prendere un aereo e darsela a gambe).

Oltre al sospetto sulle intenzioni del Colle, divora il Cavaliere l'ansia per quanto potrà accadere a settembre, quando verrà al pettine il nodo della sua decadenza da senatore. «Ma vi pare che noi possiamo restare al governo con chi voterà per cacciarmi dal Parlamento?», ha girato la domanda a tutti i fedelissimi, spesso con voce alterata. Questo sembra, al momento, lo scoglio politico più serio. Di dare le dimissioni sua sponte, onde evitare una crisi, Berlusconi non ci pensa nemmeno.

Ancora si illude che per effetto di un braccio di ferro possa essere il Pd a cedere, rinunciando a cacciarlo. Nelle ultime ore, con Roma soffocata dalla calura, si fa strada un'ipotesi che il ministro Quagliariello e il relatore nella Giunta delle elezioni, senatore Augello, stanno approfondendo: un rinvio di qualche settimana del voto sul Cavaliere, nella speranza che maturino fatti o circostanze capaci di scongiurare l'ineluttabile. Ma che il Pd sia disponibile, è tutto da dimostrare.

 

 

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