BANCHE IN FUGA – LE PRINCIPALI BANCHE, A COMINCIARE DAI COLOSSI USA, SONO PRONTE A SCAPPARE A DUBLINO SE LONDRA ESCE DALL’UNIONE EUROPEA

Arturo Zampaglione per “La Repubblica”

 

il saluto tra david cameron e junckeril saluto tra david cameron e juncker

All’inizio era solo un mugugno. Preoccupati per la “Brexit” (Britain exit), come è chiamata la prospettiva di una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, i banchieri della City, e in particolare gli “ambasciatori” dei colossi di Wall Street, avevano cominciato a lamentarsi tra di loro e con l’entourage di George Osborne, cancelliere dello Scacchiere di Sua Maestà.

 

DAVID CAMERON CON KERMIT LA RANA DAVID CAMERON CON KERMIT LA RANA

«Vogliamo che Londra resti nell’Europa», ripetevano in ogni incontro nei club o nelle sale del Tesoro. «Se ve ne andate, il nostro business verrà frammentato e la City ne subirà le conseguenze ». Ma l’ondata euroscettica che negli ultimi mesi ha cambiato la geografia politica britannica, suggerendo al premier David Cameron di lanciare per la fine del 2017 un referendum pro o contro la Ue, ha convinto le banche americane a passare dagli avvertimenti generici ai preparativi concreti per la fuga.

 

In caso di divorzio inglese, fanno sapere, sono già pronte a trasferirsi all’estero. Dove? A Parigi, a Francoforte o, con maggior probabilità, a Dublino, per i vantaggi che offre loro l’Irlanda in termini di lingua, di facilitazioni fiscali e di somiglianza delle legislazioni.

LONDRA LONDRA

Londra rischia grosso. Negli ultimi 15 anni circa 250 banche internazionali, attratte da un mercato unico europeo da 16mila mila miliardi di dollari, hanno consolidato nella City le loro operazioni finanziarie nel vecchio continente. Gli effetti si sono visti non solo nello skyline londinese, con la costruzione di nuovi grattacieli avveniristici e la ristrutturazione di palazzi storici, come quello della Goldman Sachs lungo Fleet street, ma soprattutto in termini economici e occupazionali.

 

Si calcola che in Gran Bretagna due milioni di persone lavorino nella finanza o in attività collegate, contribuendo al 12,6% del Pil e al 12% degli introiti fiscali. Il surplus commerciale prodotto dal settore finanziario è di 71 miliardi di dollari.

LONDRA LONDRA

 

La “Brexit” farebbe però venir meno quella sorta di “passaporto europeo” di cui hanno goduto finora i banchieri internazionali della City. La Ue imporrebbe limiti all’attività da paesi terzi: per poter continuare a operare negli altri paesi del vecchio continente, gli istituti americani e esteri sarebbero costretti a spostarsi altrove, trasformando Londra in

una sorta di centro “off-shore”.

 

«Certo, traslocare è complicato e costoso, ma non impossibile», dice al Financial Times, Barney Reynolds, un partner dello studio legale Shearman & Sterling. E secondo voci raccolte dal quotidiano economico britannico, tre giganti di Wall Street — Bank of America, Citigroup e Morgan Stanley — avrebbero già individuato nell’Irlanda la loro nuova, ipotetica sede europea. Paradossalmente è il percorso inverso di quello compiuto negli ultimi anni, in cui — su pressione delle autorità bancarie britanniche, ma anche per ragioni fiscali — le banche americane tendevano a spostare tutto da Dublino a Londra. Ad esempio la BofA (Bank of America) ha appena trasferito in Gran Bretagna il suo business da 600 miliardi di dollari di reddito fisso e prodotti derivati.

dublinodublino

 

Per ora la Goldman Sachs, che ha sempre avuto una importante presenza in Europa tramite il quartiere generale di Fleet street (Peterborough Court era la vecchia sede del Telegraph), non ha piani precisi per la fuga. «Ma sia chiaro», tuona Michael Sherwood, vice-presidente del gruppo: «Ogni minaccia alla permanenza della Gran Bretagna nella Ue, è una minaccia al mondo britannico del business».

 

GOLDMAN SACHS GOLDMAN SACHS

Il dirigente della Goldman Sachs non è il solo a pensarla così: secondo un sondaggio condotto pochi mesi fa da TheCityUK, una lobby bancaria, l’84% dei dirigenti finanziari sono contrari al “Brexit”. Il problema? Che non lo possono dire a voce troppo alta perché, in un momento in cui i banchieri non godono di buona fama, una presa di posizione esplicita rischia di avere un effetto contrario alimentando il partito degli euroscettici.

 

Ultimi Dagoreport

cecilia sala donald trump elon musk ursula von der leyen giorgia meloni

DAVVERO “I AM GIORGIA” SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENA A MAR-A-LAGO, QUALCHE SMORFIA CON TRUMP, E UN VAGO IMPEGNO SU UN MEGA CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO CON LA “SPACE-X” DEL CARO AMICO ELON MUSK (ASSENTE)? NON SARÀ CHE L’INDISCREZIONE LANCIATA DA “BLOOMBERG” È STATA RESA PUBBLICA SOLO COME PIETOSA COPERTURA PER IL FALLIMENTO DELLA MELONI SULLA QUESTIONE PRINCIPALE DELLA TRASVOLATA, IL CASO ABEDINI-SALA? CHE FINE FARÀ LA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE DELLA “SPIA” IRANIANA, A CUI È LEGATA LA LIBERAZIONE DELLA GIORNALISTA ITALIANA, OSTAGGIO DI TEHERAN? QUEL TIPINO MUSCOLARE DI TRUMP ACCETTERÀ IL RINCULO? COSA CHIEDERÀ IN CAMBIO ALL’ITALIA, FANALINO DI CODA NELLE SPESE PER LA DIFESA? – DI SICURO LA FRAGILE E CAGIONEVOLE URSULA VON DER LEYEN NON AVRÀ GRADITO LE PAROLE DI TRUMP: “GIORGIA HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA”)

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…

trump musk xi

DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO L’INAUGURAZIONE: IL PRIMO INAUGURERÀ LA DEPORTAZIONE DI 9,5 MILIONI DI IMMIGRATI. MA IL SECONDO È ANCORA PIÙ BOMBASTICO: L’IMPOSIZIONE DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI - UN CLASSICO TRUMPIANO: DARE UNA RANDELLATA E POI COSTRINGERE L’INTERLOCUTORE A TRATTARE DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA. MA COME REAGIRÀ XI JINPING? CHISSÀ CHE AL DRAGONE NON VENGA IN MENTE DI CHIUDERE, PER LA GIOIA DI ELON MUSK, LE MEGAFABBRICHE DI TESLA A SHANGHAI…

salvini romeo

DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI FINE 2024 - EX FEDELISSIMO DEL “CAPITONE”, È STATO L’UNICO A ESPORSI CONTRO IL SEGRETARIO, E OTTENERE LA LEADERSHIP IN LOMBARDIA – DOPO LA SUA SFIDA VINTA, ANCHE FEDRIGA È USCITO ALLO SCOPERTO CANNONEGGIANDO CONTRO L’EVENTUALE RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE - CHE SUCCEDERÀ AL CONGRESSO? NIENTE: SALVINI HA IN MANO LA MAGGIORANZA DEI DELEGATI, E L’ASSEMBLEA AVRÀ CARATTERE PROGRAMMATICO. MA LA DISSIDENZA CRESCE…