CINQUESTELLE CADENTI - LA BATOSTA IN ABRUZZO APRE LA CRISI NEL M5S: LA CORRENTE DI FICO RUMOREGGIA, C'È CHI PENSA A UN INCIDENTE PER FAR CADERE IL GOVERNO E NEL MIRINO FINISCE ANCHE ALESSANDRO DI BATTISTA, CHE VIENE ACCUSATO DI “NON FUNZIONARE”, “È FACILE ANDARE IN TV E DIRE CHE POI SI RIPARTIRÀ PER L'INDIA: QUI CI RIMANIAMO NOI, PERÒ” - TRABALLA LA LEADERSHIP DI LUIGI DI MAIO…
1 - LA RABBIA DEI CINQUE STELLE E C' È CHI PENSA A UN INCIDENTE PER FAR CADERE IL GOVERNO
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
luigi di maio alessandro di battista roberto fico
Prima lo sconforto per i tanti sforzi fatti in Abruzzo, ripagati da «ignoranza e servilismo», come spiegava ieri una pagina fan di Sara Marcozzi. Poi la rabbia per «Salvini che ci usa e ci getta via», come ha spiegato bene il deputato M5S Giorgio Trizzino.
Nel Movimento l' umore è nerissimo, i nervi a fior di pelle. I peones sono in subbuglio.
L' opposizione che fa capo a Fico rumoreggia. Tutti chiedono, e otterranno, l' alleanza con le liste civiche, nelle prossime elezioni locali. Ma non basta. Nel quartier generale dei 5 Stelle si prova a mantenere la calma. Ma anche la fredda razionalità finisce per far diventare concreta una tentazione che cresce ogni giorno: fare in modo che questo governo imploda, che la strana coalizione si spezzi quanto prima, persino prima delle Europee. E poi tornare a fare opposizione, collocazione naturale dei 5 Stelle. È un ragionamento che corre sul filo, che coinvolge Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, Alessandro Di Battista e Beppe Grillo.
GRILLO FICO DI MAIO DI BATTISTA
La linea ufficiale è: si va avanti. Ma nessuna decisione è presa. Anche perché è la classica situazione «lose-lose»: perdente in tutti i casi. «Se restiamo in coalizione - riflettono nel Movimento - finiamo per farci drenare i voti da Salvini. Alle Europee ci arriviamo esangui, magari sotto il 20 per cento». È quello che esponenti ragionevoli come Emilio Carelli ripetono da tempo, inseguire Salvini snatura il Movimento, disorienta gli elettori: «Riflettiamo sugli errori, cambiamo rotta». Ma è tardi, ormai il danno è fatto.
Rompere a Palazzo Chigi avrebbe un costo pesante. Vorrebbe dire far crollare tutti i progetti identitari dei 5 Stelle, a partire dal reddito di cittadinanza; passare sul banco degli imputati come forza irresponsabile; e dare a Salvini un'arma formidabile per ricostruire il centrodestra.
DI MAIO DI BATTISTA GRILLO FICO
A meno che, ragionano i vertici, non si crei un incidente che impedisca al governo di andare avanti, facendo ricadere la colpa sulla Lega. Le occasioni non mancano. C'è la questione Tav, dove il muro contro muro è a livelli di guardia e dove il coltello dalla parte del manico ce l'hanno i 5 Stelle. E c'è l'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. I no al processo potrebbero cambiare.
Un incidente su questo tema potrebbe far saltare i nervi a Salvini. È un gioco complicato, rischioso, anche perché il leader della Lega è un politico consumato e difficilmente resterà con il cerino in mano. Poi c'è la naturale resistenza di dirigenti e parlamentari a mollare un governo che, cadendo, potrebbe segnare la fine anticipata della legislatura. Ma anche su questo un accordo verbale con Casaleggio e Grillo, già siglato, risolve il problema: nel caso di fine anticipata della legislatura prima dell' inverno prossimo, si concederebbe a tutti la possibilità di ricandidarsi.
sara marcozzi con luigi di maio sulla neve
Non poco, per un Movimento che dovrebbe ricominciare daccapo, con una nuova classe dirigente. Con Di Maio, se si vuole ritentare la strada del governo. O con Di Battista, nel caso si torni a combattere.
2 - RIVOLTA M5S: LA LEGA CI USA ED È PROCESSO A DI BATTISTA
Simone Canettieri per “il Messaggero”
La tempesta perfetta. Con tutti i personaggi chiave del M5S sott'accusa che a loro a volta si rinfacciano mancanze a vicenda. E se allora Luigi Di Maio si dice in diverse telefonate con i fedelissimi «prigioniero di questa situazione», stretto tra l' incudine (della responsabilità del contratto di governo con la Lega) e il martello (del Movimento che perde consensi specularmente all' avanzata della Lega); il gemello diverso ritornato dalle Americhe, Alessandro Di Battista, in diversi colloqui si sfoga e gli rimprovera la «linea morbida con Salvini che ci sta fagocitando e poi è inutile che io vada in tv». Ma allo stesso tempo sono in molti, vicini al capo politico, ad accusare Dibba di «non funzionare», «di essere male utilizzato» anche perché «è facile andare in tv e dire che poi si ripartirà per l' India: qui ci rimaniamo noi, però».
I RAPPORTI
«Noi» e «lui», Matteo Salvini, che dopo aver strapazzato alle urne abruzzesi gli alleati li rincuora facendo sapere loro, quasi carezzandoli sulla nuca, che «tanto non cambia nulla per il governo, tranquilli amici».
Una frase che potrebbe essere ripetuta tra due settimane per le regionali in Sardegna, e magari anche per le Europee. Ecco perché, come nei momenti più duri del M5S, è pronto a dare una mano Beppe Grillo. Il Garante già nei giorni scorsi ha ospitato sul suo blog un intervento molto politico sulla Ue e ieri ha assicurato che, visto il momento duro e delicato, ci sarà anche lui in campagna elettorale. Il problema di queste ore però è chiaro: trovare una linea comune.
roberto fico alessandro di battista
E, meglio sarebbe, anche un capro espiatorio. Non è un caso che ieri Di Maio, iper social, non abbia battuto un post per tutta la giornata. Scomparso. «La sua leadership non è in discussione», assicura il senatore Primo Di Nicola, l' unico volto grillino andato in tv domenica notte a commentare la disfatta abruzzese. Mancano le contromosse, però. E risultano pannicelli caldi anche le indiscrezioni - intercettate dall' Adnkronos - che vedrebbero i vertici dei pentastellati pronti a rivedere un' altra regola d' oro: l' unicità della lista. Che, d' ora in poi, potrebbe essere accompagnata anche da altre formazioni civiche, per evitare così l' effetto tutti contro i grillini.
alessandro di battista e luigi di maio
Ma il problema è la gestione dei gruppi e della base. In una giornata da psicodramma - degna delle migliori analisi del voto della sinistra - è toccato al premier Giuseppe Conte assicurare ai naviganti che «dureremo 4 anni». Una mossa anche questa che lascia il tempo che trova. Perché è proprio Di Maio, che una senatrice accusa di essere afflitto «dalla sindrome di Stoccolma» nei confronti di Salvini, a dover uscire dall' angolo.
E dunque all' esterno da oggi la linea sarà quella di «minimizzare» il test abruzzese, equiparandolo con quello di cinque anni fa che andò allo stesso modo, percentuali alla mano. Il capo politico è «deluso» per l' esito certo, ma in un certo senso lo aveva messo in conto perché questi test con il turno unico hanno quasi sempre lo stesso canovaccio. «Andate avanti tranquilli, il governo è solido.
Ora nuova agenda». Alessio Villarosa, sottosegretario all' Economia, dice rigirando il punto di vista che il «problema non è nostro: le regionali sono sempre così». Allo stesso tempo, Di Maio assicura che non ci saranno ripercussioni sul caso Diciotti: nessuna rappresaglia sull' autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. «Scaricare il M5s avrebbe ripercussioni molto forti anche sull' elettorato leghista», è il messaggio del capogruppo petastellato Stefano Patuanelli.
alessandro di battista a porta a porta 17
La linea è quella del «no» al processo. Il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni ammette: «La Lega grazie a noi vive di luce riflessa. La gente ci ha mandato al governo per cambiare le cose, quindi dobbiamo darci da fare il triplo. Stiamo continuando a lavorare, fino alle Europee ci sono tante cose da risolvere».
Se Roberto Fico preferisce non commentare, la senatrice Paola Nugnes dice che di Di Battista «è stato fatto un uso pessimo: o si è sottovalutata la gente o si è sovrastimata la capacità comunicativa di un messaggio privo di contenuto». E la collega Elena Fattori parla «di ideali traditi» e anche lei se la prende con Dibba: «Non è mica un reality o Amici». La crisi così rischia di annodarsi su stessa. E intanto sono in molti, tra deputati e senatori, a chiedere a Di Maio una riflessione collettiva. Un' assemblea. «Minimizzare non basta: oggi è l' Abruzzo, domani la Sardegna, Matteo ci usa».