BAZOLI, LO SMEMORATO DI VIA SOLFERINO - DOV’ERA ABRAMO QUANDO FU DECISO DUE ANNI FA DI SPOSTARE TUTTA L’AREA QUOTIDIANI (CORRIERE E GAZZETTA) DA SEDE STORICA ALLA PERIFERIA DI CRESCENZAGO? - LE PAROLE DEL BANCHIERE SUONANO A MO’ DI BEFFA PER I GIORNALISTI: ABRAMO PUNTA A TRASFORMARE IL VECCHIO PALAZZO NELLA SEDE DELLA FONDAZIONE - I TORINESI VORREBBERO UNIRE STAMPA E CORSERA MA BAZOLI NON CI STA - I NEMICI DEI TORINESI SI CHIAMANO DIEGO DELLA VALLE E GIUSEPPE ROTELLI….

Andrea Montanari per MF/Milano Finanza

Inizia a diventare un fronte solido e compatto quello di coloro che sono nettamente contrari alla vendita del palazzo di via Solferino 28 a Milano, dove ha sede la redazione del Corriere della Sera. Dopo la presa di posizione dei giorni scorsi da parte dei tre principali candidati alla Regione Lombardia, ossia Roberto Maroni, Umberto Ambrosoli (già nel cda di Rcs Mediagroup fino alla vittoria alle primarie del Pd) e l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, assieme ad alcuni esponenti della politica cittadina come l'assessore alla Cultura Stefano Boeri, ora scende in campo anche un pezzo da novanta come Giovanni Bazoli.

Il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo condivide queste idee, ovvero che lo storico palazzo non debba essere messo sul mercato dal gruppo editoriale di via Rizzoli, schiacciato da un debito di 938 milioni e alle prese con un aumento di capitale da 400 milioni e con il riscadenzamento di gran parte della linea di credito da 1 miliardo che scade quest'anno.

«Non vengano alienati da Rcs quei luoghi che hanno un significato storico e culturale che non deve essere superato dai tempi», ha dichiarato ieri Bazoli a Class Cnbc.

Il banchiere ha quindi precisato che non va dismessa «quella parte di via Solferino dove si raccolgono le memorie storiche del Corriere». E ancora: «Attribuisco a Via Solferino un significato di grande importanza dal punto di vista storico e civico che non ritengo superato», ha specificato. Mi auguro che, se ci sono degli inevitabili mutamenti decisi anche da determinate situazioni economiche, queste non vengano a intaccare quella parte di via Solferino che rappresenta uno scrigno dei tesori della città».

Valutazioni che si sono immediatamente trasformate in un assist formidabile per la redazione del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, anch'egli contrario alla vendita e al trasferimento dei giornalisti nel quartiere generale di via Rizzoli, come invece prospettato dall'azienda nel business plan illustrato a inizio settimanali ai comitati aziendali e al cda. «Le parole di Bazoli rappresentano la pietra tombale sull'eventuale trasloco della redazione del Corriere della Sera», dice una fonte a conoscenza del dossier.

«Anche perché l'azienda aveva prospettato questa ipotesi solo in termini negoziali con i sindacati». Lo stesso de Bortoli lo aveva messo nero su bianco in un documento ufficiale. Se perciò si dovesse davvero concretizzare la vendita del palazzo, la presenza del direttore non sarebbe stata più certa. Da qui la trattativa e la mediazione che de Bortoli sta seguendo in prima persona.

Va aggiunto poi che in queste ore da più parti si sta invocando il coinvolgimento della società civile per una presa di posizione netta a favore della permanenza della redazione in via Solferino. Non sarebbe infatti stato difficile trovare un centinaio di artisti, intellettuali o figure di spicco di Milano e della Lombardia pronti a firmare un manifesto da mandare magari direttamente al Colle.

2. I TORINESI VORREBBERO UNIRE STAMPA E CORSERA MA BAZOLI NON CI STA
DOPO IL VOTO BISOGNA RICAPITALIZZARE LA RCS IN CRISI. DELLA VALLE E ROTELLI SCALPITANTI E LIQUIDI. GERONZI OSSERVA SULLO SFONDO ELEZIONI E MONTI
Salvatore Merlo per "il Foglio"

A novembre Giovanni Bazoli, il banchiere di sistema, capo di Intesa Sanpaolo, fa visita a un amico, gli chiede un consiglio e gli racconta una storia: la Fiat e John Elkann, assieme a Mediobanca - dice Bazoli - hanno pronto un piano di ristrutturazione per il gruppo Rcs, vogliono fondere societariamente il Corriere della Sera con la Stampa di Torino.

In pratica il mondo torinese, lo stesso accusato di voler mollare l'Italia e di favorire i rapporti americani di Sergio Marchionne, punta al contrario - così pare - e intende acquisire un maggior peso all'interno del quotidiano di Milano, cioè all'interno di un giornale da sempre oggetto della massima e cupida attenzione da parte di chi in Italia vuole contare ed esercitare il potere.

L'operazione di cui si discute (e che preoccupa Bazoli), è dunque anche una manovra politica che prefigura un'alleanza di carattere "montiano", come credono alcuni nel patto di sindacato Rcs e nelle alte sfere bancarie e politiche, cioè negli ambienti che hanno potuto dare uno sguardo (tra questi l'ad di Rcs Pietro Scott Jovane) al prospetto di fusione tra le due compagnie editoriali.

"Quando si parla del Corriere e dei suoi assetti societari, dietro ci sono sempre la politica e il potere. Altrimenti questa storia potrebbe sembrare solo un modo per scaricare i debiti di un giornale sulle spalle di un altro", dice per esempio Cesare Geronzi, il presidente della Fondazione Generali, ex dominus del sistema finanziario italiano, che il patto di sindacato Rcs lo conosce benissimo.

Il mondo Fiat e la famiglia Agnelli guardano con attenzione al futuro politico di Mario Monti, il quale ha cominciato la sua campagna elettorale proprio nello stabilimento Fiat di Melfi accanto al presidente John Elkann e all'amministratore delegato Sergio Marchionne. E dunque contare di più dentro il Corriere, immergendo la Stampa dentro Rcs, in quest'ottica, ha un senso.

Ma l'interesse alla fusione è variegato, esteso, sfumato: la mossa di Elkann, e dei suoi consiglieri, serve anche a rintuzzare, tra gli azionisti Rcs, le ambizioni di potere di due imprenditori forti come azionisti dentro la Rizzoli e molto liquidi, due protagonisti (e rivali) della futura ricapitalizzazione dell'azienda editoriale che possiede il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport: Diego Della Valle, il padrone delle scarpe Tod's, e Giuseppe Rotelli, imprenditore nella Sanità.

La storia prefigura il rischio che si riapra una battaglia durissima per il controllo di Rcs (il patto di sindacato è in scadenza, e la ricapitalizzazione è prevista a marzo). Una battaglia dalle evidenti implicazioni politiche.

LA SOMMA DI DUE DEBOLEZZE
Da quando ne è stato informato, Bazoli è contrarissimo all'idea di una fusione del Corriere con la Stampa e non ne fa mistero con nessuno.

La ritiene un'operazione sbagliata, soprattutto dal punto di vista industriale (la somma di due debolezze non fa una forza), la considera una "furbata" di Elkann e Mediobanca, cioè un modo per partecipare alla ricapitalizzazione senza metterci denaro, oltre che, inevitabilmente, anche un errore politico. D'altra parte le amicizie di Bazoli stanno altrove: il "suo" Massimo Mucchetti, ex vicedirettore ad personam del Corriere e brillante giornalista economico, è capolista del Pd in Lombardia. Dunque, che fare? Da mesi il banchiere cerca alleati, dentro e fuori l'azionariato, per fermare i torinesi.

Il capo di Intesa si è rivolto a Tronchetti Provera, ma ha scoperto il signor Pirelli al contrario favorevole al piano di casa Fiat. E non ha trovato alleati nemmeno dalle parti di Luca Cordero di Montezemolo. Il presidente della Ferrari (amico e socio pure di Della Valle) appare fuori dai giochi, interessato più che altro alla sua riconferma in Ferrari e con un piede già saldo nel "montismo" politico.

Così il banchiere Bazoli adesso si è rivolto ai piccoli investitori, agli azionisti minori (ma non meno importanti) di Rcs: Merloni, Lucchini, Bertazzoni, Pesenti... Ed è lì che - sembra - ha finalmente trovato ascolto, anche se pare che il banchiere, uomo di spiccata intelligenza politica, abbia percepito il rischio che gli equilibri possano cambiare all'improvviso, e che tutti, ma proprio tutti, tra gli azionisti (e non solo), attendano l'esito delle elezioni per decidere ogni aspetto della questione, dalla ristrutturazione al piano di fusione. Detta semplice, a rischio di banalizzare: se Monti si affermasse come personalità che designa l'inizio di un nuovo ciclo, allora tutto sarebbe possibile: anche una dura battaglia per Rcs.

Se insomma il professore della Bocconi dovesse superare le percentuali che gli attribuiscono per adesso i sondaggi, allora, in quel caso, malgrado per molti sia altamente improbabile (se non impossibile), l'operazione del mondo torinese diventerebbe fattibile, anzi praticamente certa, e sarebbero in molti tra gli azionisti di Rcs e dentro il patto di sindacato - almeno così teme Bazoli - a spostarsi sulle posizioni della Fiat e diventare a loro volta "montiani". Dice Cesare Geronzi, che osserva con distacco, da una distanza olimpica: "Non succederà mai, ma se succede...".

I nemici dei torinesi si chiamano, come abbiamo già ricordato, Diego Della Valle e Giuseppe Rotelli, i due uomini più danarosi e liquidi all'interno dell'azionariato di Rcs, due figure molto diverse tra loro ma che pure coltivano un'ambizione simile: accrescere la propria influenza nel giornale più importante d'Italia. Della Valle, oltre ad aver nutrito sin dall'inizio forti dubbi sull'impegno di Monti in politica e oltre ad imputare al professore l'insucesso e il ritiro di fatto dal proscenio politico del suo socio Montezemolo, è anche il più spinto sostenitore della ricapitalizzazione di Rcs.

Attraverso le sue considerevoli disponibilità di denaro liquido (potrebbero essere necessari, in totale, 400 milioni di euro, ma si vedrà ai primi di marzo) Della Valle dice di voler sfidare il "peso" torinese nel salotto migliore d'Italia. Assieme a Rotelli, anche lui dotato di notevoli disponibilità economiche immediate, e assieme a Bazoli (nel ruolo di regista e tessitore), Della Valle pensa che gli Agnelli cerchino sostanzialmente di partecipare alla ricapitalizzazione di Rcs gratuitamente, senza metterci un'euro, cioè semplicemente cedendo la Stampa.

E' stato infatti Della Valle, ancora una volta assieme a Rotelli e Bazoli, a impedire già alcuni mesi fa la cessione a Rcs, da parte degli Agnelli, della concessionaria di pubblicità della Stampa di Torino, la Publikompass. Il senso è: "Devono metterci i soldi, se li hanno. Altrimenti devono mollare". Ma il mondo Fiat non ha alcuna intenzione di mollare la presa, anzi rilancia con l'ipotesi della fusione tra le due storiche testate. Non solo, i torinesi conservano ancora delle concrete speranze di potercela fare: c'è infatti Monti, cardine di una nuova ipotesi di sistema di potere, che deve misurarsi con le urne (e un successo del professore cambierebbe gli equilibri).

Inoltre - pensano a Torino - l'alleanza tra Della Valle e Rotelli è semplicemente "episodica": i due sanno di essere destinati a scontrarsi al momento della ricapitalizzazione di Rcs. Entrambi vogliono la stessa cosa, inseguono il medesimo obiettivo, e i consigli del saggio Bazoli potrebbero non essere sufficienti a tenerli uniti.

D'altra parte il banchiere è prossimo alla scadenza dentro Intesa San Paolo, ed è in definitiva un po' più fragile, un po' più distaccato che in passato dalle campagne e manovre sul campo. La ricapitalizzazione di Rcs è già slittata più volte, ed è stata adesso fissata dagli azionisti tra l'1 e l'11 di marzo. La data, com'è ovvio, non è casuale. Si vota il 24 e il 25 febbraio, a marzo sarà già tutto chiaro. O almeno così si spera, in mezzo alle turbolenze, sindacali comprese.

 

Giovanni Bazoli Bazoli Roberto Maroni Roberto Maroni UMBERTO AMBROSOLIUMBERTO AMBROSOLISEDE CORRIERE DELLA SERA Sede del Corriere della Sera in via SolferinoFERRUCCIO DE BORTOLI JOHN ELKANN JOHN ELKANN ALL ALLEN CONFERENCE MARCHIONNE EZIO MAURO big sergio marchionne ezio mauro SERGIO MARCHIONNE PIETRO SCOTT JOVANECesare Geronzi MARIO MONTI CON IL SIMBOLO Diego della valle

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