EUROGRILLO PARLANTE - A MILANO BEPPEMAO LANCIA LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE EUROPEE CON UNA MINACCIA AI BUROCRATI PRO AUSTERITY: “VINCO LE ELEZIONI E VADO IO DALLA MERKEL A LA GUARDERÒ NEGLI OCCHI”
Alberto Mattioli per "la Stampa"
«Le elezioni europee? Le vinceremo in modo as-so-lu-to. Poi io andrò dalla Merkel e la guarderò negli occhi». La promessa, che poi per la signora di Berlino sembra più una minaccia, è di Beppe Grillo. D'accordo: ieri era il giorno dell'«Expo Tour», la calata sui cantieri di Milano 2015 di 120 fra parlamentari e altri eletti grillini in magliette bianche con la scritta «Expo invaders».
Però fatalmente l'invasione di Milano è diventata il lancio della campagna per le Europee, «unica, straordinaria occasione di cambiare l'Italia» (ancora Grillo). E anche di dare la carica ai militanti, votando la fiducia alla decimata classe dirigente pentastellata. Sempre Grillo: «Una volta parlavo io e quando toccava a loro la gente se ne andava. Ora quando parlano loro la piazza è piena. E io sto a casa mia».
Segue gesto dell'ombrello. E poi: l'Unione europea deve tornare a essere la Comunità europea, mettendo in comune i debiti («Come fecero gli Stati americani quando diventarono Uniti»), ridiscutendo i vincoli di bilancio, togliendo il fiscal compact». Altrimenti «faremo un referendum sulla sovranità monetaria e saranno gli italiani a decidere se vogliono uscire dall'euro o restarci». Applausi.
L'offensiva sull'Expo, quella, è una e trina. Prima «l'ispezione» ai cantieri, con i giornalisti «venduti» (copyright del pubblico grillino) tenuti accuratamente fuori, ma in diretta streaming. Poi il comizio davanti al parco di periferia dove sarebbero dovute passare le famigerate «vie d'acque», respinte a furor di Comitati. Infine, ma senza Grillo, la relazione del professor Emilio Battisti del Politecnico per spiegare la controproposta di un'Expo a Cinque stelle, ovvero «diffusa e sostenibile».
Perché, ovvio, così com'è l'Expo ai grillini proprio non piace: «Una speculazione drammatica, una commistione di corruzione e mafia», secondo la deputata Laura Castelli. Però, fermo restando che l'occasione di farne un'altra Tav è troppo ghiotta, non è chiaro se i grillini ce l'abbiano di più con l'Expo o con i ritardi dei lavori.
Al comizio, issato su un camion davanti a una folla non oceanica (al netto di giornalisti e poliziotti, duemila persone a essere ottimisti) però calorosa, Grillo forse non è elegante, ma certamente assai chiaro: «Il cantiere? Mi dicevano: "Guardi". Ma che guardo? Non c'è un c..., non c'è niente, solo un campo. E qui devono venire venti milioni di persone? Ma chi ci va, a Rho?».
Il resto è il solito urlo contro tutto e tutti con la voce roca e la giugulare gonfia. «Non voglio gridare», in effetti, è la battuta migliore. Ce n'è per «Rigor Mortis» (sarebbe Monti), per «Letta che è sparito nel nulla dopo un viaggio in Arabia Saudita, segno che ha preso qualche accordo che non piace ai poteri forti», per Renzi «falso e ipocrita che ci prende per il c...» e ovviamente per i media che lo sono anche di più. Poi Grillo confessa finalmente chi si crede di essere: «Abbiamo distrutto la sacralità del Parlamento come il nuovo Papa ha distrutto la sacralità della Chiesa». Però «noi la rivoluzione l'abbiamo già fatta, anzi l'abbiamo già vinta». Buona campagna elettorale.



