BEPPE MANDA A SBATTERE GIGGINO – GRILLO PRONTO A MOLLARE DI MAIO. DIETRO LE QUINTE, E SU CONSIGLIO DEL COMICO, SCALDANO I MUSCOLI DI BATTISTA E LA LOMBARDI – DALL’INCORONAZIONE A “PRESCELTO”, I PENTASTELLATI IN CALO NEI SONDAGGI – UN FLOP GLI APPROCCI CON IMPRENTIRI ED ESTABLISHMENT
Pasquale Napolitano per il Giornale
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Beppe Grillo lavora già al dopo Di Maio per mettere in sicurezza il M5s e non sfaldare la comunità di attivisti che porta voti ma anche incassi pubblicitari al blog. Le munizioni dell'artiglieria grillina non sono illimitate. Il piano del fondatore del M5s è di non sprecare tutte le cartucce nella prossima battaglia elettorale ma di conservarne due o tre per garantire al Movimento la sopravvivenza.
Se fallisce l'operazione Di Maio, è pronto Alessandro Di Battista per il ruolo di capo politico. In seconda fila scalpitano Roberto Fico e Roberta Lombardi. Grillo, da padre nobile del Movimento, pensa soprattutto al futuro dei cinquestelle. Alla strada da imboccare, all'indomani del voto di marzo, per non disperdere un patrimonio di consensi destinato a sgretolarsi dopo una probabile sconfitta di Luigi Di Maio.
L'idea del comico genovese è di rottamare un leader ad elezione. Ora è il turno di Di Maio. Se le elezioni vanno male, c'è sempre la carta di riserva, Di Battista, da giocare per dare al Movimento una prospettiva politica. La forzatura su di Maio non ha dato i risultati attesi: i sondaggi, dal giorno dell'investitura di Rimini, in occasione dell'evento Italia a 5 Stelle, sono in costante calo. Lo sfondamento nel mondo imprenditoriale non c'è stato: la missione Palazzo Chigi è destinata a fallire. E ora per scongiurare anche il fallimento del progetto M5s che Beppe Grillo pare abbia chiesto a Di Battista, Fico, Lombardi e gli altri veterani del Movimento di fare un passo di lato. Lasciare «solo» Di Maio.
Ma nella strategia di Grillo non c'è autolesionismo allo stato puro ma un ragionamento che punta a tutelare il M5s all'indomani del voto. È un'arma a doppio taglio: oggi Di Maio ha carta bianca su tutto. Dall'organizzazione dello staff per la campagna elettorale, in cui non figurano parlamentari e volti storici del M5s ma solo persone fidate di Di Maio (Vincenzo Spadafora, Dario De Falco, Rocco Casalino), alla selezione dei candidati per le politiche.
Grillo si è smarcato completamente; Di Battista, Fico e Lombardi faranno fugaci apparizioni in campagna elettorale. Nel suo rally, Di Maio è accompagnato da attivisti sconosciuti ai media nazionali. C'è un motivo nella strategia elettorale e comunicativa del Movimento: se va male, sarà la sconfitta di Luigi di Maio. La responsabilità della disfatta ricadrà solo sulle spalle del giovane candidato premier di Pomigliano D'Arco, che avendo maturato il secondo mandato, in base alle regole grillini sarà costretto a farsi da parte. Di Battista e Fico, che non avranno prestato il loro volto in una sconfitta, potranno ripresentarsi come i «salvatori» delle idee grilline.
Riassumendo le redini del Movimento. E riportarlo sulla vecchia strada. Quella del no all'euro e dell'uno vale uno. La strada che Di Maio nei primi 100 giorni del rally ha già cambiato e ricambiato 100 volte.