A BEPPE VA DI TRAVERSO L’ “INSALATISSIMA RODOTA’” – DIETRO L’ATTACCO ALL’OTTUAGENARIO SBRINATO LA PAURA CHE GLI SCIPPANO IL GIOCATTOLO M5S

Da Corriere.it

Gli scippano il partito. Il gioiello. La creatura. Il giorno dopo Beppe Grillo confessa quello che si sapeva già. Spiega la rabbia volgare scaricata sul Professor Stefano Rodotà. Lo fa sul suo blog con la solita foga da palco, dove si porta negli occhi quello strano miscuglio di disprezzo, seduzione e nostalgia. L'inquietudine che si fa politica. Dice, contraddice, ribalta. Senza grande coerenza, ma in genere con calore.

«Non credo di avere offeso il Professor Rodotà, ma non posso assistere impassibile a un polo di sinistra che ha come obiettivo la divisione del M5S in cui lui si è posto, volente o nolente, come punto di riferimento». Ottuagenario miracolato dalla rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato congelato. Così l'ha descritto. Ma senza offesa, certo. È che aveva in testa un problema più grosso.

Che cosa succede se ci pensa lui, il Professore, a mettersi alla guida del gigantesco popolo dei progressisti scontenti? Gli frega la scena. Il giochino. Il senso. Il punto è che il Suo Progetto, la corsa verso la Gaia Terra Promessa, comincia a perdere colpi. e non basta che, da Milano, Rodotà lo rassicuri: «Grillo fa valutazioni politiche, la sua è un'interpretazione assolutamente legittima ma io non mi sono mai posto il problema di spaccare il Movimento Cinque Stelle. Ho fatto un'apertura al rinnovamento culturale che il Movimento ha portato nel mondo morto della politica italiana».

È sufficiente per tranquillizzare il Caro Leader Cinque Stelle? Ovviamente no. Perché il suo esercito di fedeli non è così fedele. I suoi parlamentari (più di quaranta) si fanno affascinare da questo progetto di intergruppo parlamentare che metterebbe assieme la sensibilità condivisa di Pd, Sel e dell'ala sinistra del Movimento. Un esperimento già iniziato sugli F35, con una commissione, interparlamentare appunto, alla quale dovrebbero partecipare trenta grillini. E proseguito con il voto compatto sulla mozione Giachetti (Pd) sulla riforma elettorale. Dove si arriva di questo passo?

Qual è la distanza tra la collaborazione, l'inciucio e la frattura interna? Ecco che cosa terrorizza Grillo. Una forza più sofisticata della sua - Rodotà appunto (che domenica a Bologna incontrerà il piddino Pippo Civati all'iniziativa promossa da Libertà e Giustizia), Settis, ma anche Barca, Cofferati, gli OccupyPd, un po' di pentastellati - che lo renda irrilevante. Un incubo che non se ne vuole andare, mentre i suoi parlamentari continuano a discutere sul trattamento che proprio lui - come se lo si potesse discutere - ha riservato al Professore. Tommaso Currò, il primo dissenziente, in Transatlantico si defila.

«No voglio dire niente». Ma quello che aveva in testa lo ha già scritto su Facebook. «In Assemblea ho proposto che si discutesse del voto delle amministrative e la sortita di Grillo su Rodotà». La maggioranza gli ha detto di no. Ma trenta colleghi (su poco più di sessanta presenti) erano al suo fianco. La divisone forse più evidente di questi mesi complicati.

«Grillo su Rodotà è indifendibile. E adesso basta con la minaccia di espulsione per chi esprime un'opinione diversa», sottolinea il senatore Battista. Diversità nette. E allora forse aveva ragione Nietzsche: «bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante». Figurarsi per partorirne cinque senza vederle brillare in un altro cielo.

 

 

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