BERGOGLIO “DIMEZZA” BERTONE E MANDA I SUOI 007 ALLO IOR - PELL: “INUTILE CHIUDERLO, NELLA CURIA VANNO CAMBIATI GLI UOMINI”

1 - IL PAPA INDAGA SUI SOLDI DELLO IOR
Fabio Marchese Ragona per "il Giornale"

Lo Ior sotto la lente d'ingrandimento di Papa Francesco. Dopo aver nominato alcuni giorni fa un suo uomo di fiducia, monsignor Battista Ricca, nuovo prelato dell'Istituto per le Opere di Religione, il Pontefice torna a occuparsi della Banca Vaticana: prima di dare il via alla riforma della Curia Romana che coinvolgerà anche lo Ior, il Papa vuol conoscere alla perfezione i meccanismi che riguardano l'istituto, vuole leggere tutta la documentazione e acquisire informazioni fondamentali in vista della riunione che avrà i primi di ottobre con il gruppo di otto cardinali che lo aiuteranno a compiere la tanto attesa «rivoluzione vaticana».

Per questo motivo Papa Francesco ha istituito una commissione speciale con ampi poteri che riferirà direttamente a lui e che dovrà compiere un'inchiesta sull'Istituto per le Opere di Religione con acquisizione di materiale da consegnare (in corso d'opera e a fine lavori) direttamente al Santo Padre.

La commissione sarà presieduta dal cardinale Raffaele Farina, salesiano, 80 anni a settembre, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, conosciuto in Curia per la sua precisione e la sua discrezione, che sarà coadiuvato dal cardinale francese Jean Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, porporato che in veste di protodiacono, lo scorso 13 marzo, pronunciò il fatidico «Habemus Papam».

Insieme ai due cardinali ci sarà anche il vescovo spagnolo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, membro dell'Opus Dei e segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, che avrà il ruolo di coordinatore e che fisicamente si recherà allo Ior per l'acquisizione di documenti.

Della commissione faranno parte anche due statunitensi: monsignor Peter Brian Wells, assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato Vaticana che avrà funzioni di segretario per la custodia degli atti e la professoressa Mary AnnGlendon, insigne giurista ed ex ambasciatore degli Stati Uniti d'America presso la Santa Sede.

Con questo clamoroso gesto, che non ha precedenti nella storia della banca vaticana, il Papa di fatto avvia un'indagine approfondita sull' istituto finanziario per conoscerne meglio la posizione giuridica e le attività, «per consentire, qualora fosse necessario, una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa universale e della Sede Apostolica» si legge in un comunicato diffuso dalla Segreteria di Stato Vaticana.

La commissione (che potrà avvalersi anche di collaboratori e consulenti esterni oltre che del supporto dei membri della Curia Romana) avrà ampio accesso a tutto il materiale dello Ior, senza limitazioni di alcun tipo: nel suo documento Bergoglio ha voluto chiarire anche questo punto specificando che «il segreto d'ufficio e le altre eventuali restrizioni stabiliti dall'ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l'accesso della commissione ai documenti, dati e informazioni».

Non si tratta comunque di un commissariamento fanno sapere dalle sacre stanze: la commissione di referenti indagherà per conto del Papa, che ha chiesto una fotografia della situazione, e non intralcerà il lavoro della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior presieduta da un altro salesiano, il cardinale Tarcisio Bertone. Anzi, dal Vaticano fanno sapere che potrebbe esserci una stretta collaborazione tra le due commissioni e «ufficiale di collegamento » potrebbe essere il cardinale Tauran, membro di entrambe.

2 - PELL: "INUTILE CHIUDERLO, MA ORA TRASPARENZA E NELLA CURIA VANNO CAMBIATI GLI UOMINI"
Paolo Rodari per "La Repubblica"

«Lo Ior? Non va chiuso, ma senz'altro va riformato. La linea è una: trasparenza. Già Papa Francesco ha fatto molto in questo senso. Adesso occorre continuare sulla medesima strada senza paura».

George Pell, cardinale arcivescovo di Sydney, rappresentante del continente australiano all'interno del "Consiglio degli otto cardinali" istituito di recente dal Papa per supportarlo nell'azione di governo della Chiesa e per studiare una riforma della curia romana, parla della «grandissima riforma» che deve investire il Vaticano affrontando tuttavia «un problema alla volta». E lo Ior, dice, «non è che uno dei problemi».

Qual è allora la riforma più urgente dentro le sacre mura?
«Quella degli uomini. Nel senso che il punto determinante è la capacità e la competenza dei capi dei vari "ministeri" della curia. Il vero nodo è questo. Poi viene la riforma della struttura, gli eventuali accorpamenti e quant'altro. Ma prima servono gli uomini, perché il lavoro di curia è delicato. È un lavoro da svolgere spesso in solitudine, in isolamento. Non è semplice».

Recentemente durante un'udienza privata il Papa ha parlato dell'esistenza di una "lobby gay" in Vaticano. È anche questo uno dei tanti problemi?
«Non so nulla in merito, e dunque non posso dire nulla. Ne ha parlato il Papa che certamente è consapevole, come lo sono io, che la curia romana è composta in gran parte da gente onesta, che lavora bene e per il bene. È da queste persone che si può ripartire».

Si dice che al conclave abbia perso il "partito romano". È così?
«Dire così è troppo. Credo però che ciò su cui, anche dentro la stessa curia, sono consapevoli tutti (italiani compresi), è che occorre più universalità. Tutta la Chiesa deve essere rappresentata in Vaticano».

Serve un "moderator curiae", una figura che coordini tutta la curia e nello stesso tempo interagisca col Papa?
«Di per sé servirebbe. Ma la domanda che mi faccio e che intendo fare in questi mesi di lavoro è: che differenza c'è fra il "moderator curiae" e il sostituto della segreteria di Stato? Occorre rispondere bene perché la riforma della curia non deve significare più burocrazia».

Sul "Consiglio degli otto" cardinali si sentono voci discordanti. C'è chi lo vede come un organo di potere vero, una novità dirompente per Roma, e chi invece ne minimizza l'importanza. Cos'è esattamente questo Consiglio?
«Per me è un "kitchen cabinet", un gruppo interno di consiglieri che supporta il Papa nel governo. Come si rapporterà questo gruppo alla curia? La risposta è ancora tutta da scoprire. Senz'altro è una scelta di maggiore collegialità, una collegialità che ovviamente non può esercitarsi senza il primato di Pietro.

I vescovi del resto sono, secondo il Concilio Vaticano II, i successori degli apostoli e non dei delegati papali. Nella Chiesa non esistono precedenti recenti in merito. Paragonabile è soltanto il Consiglio generale dei gesuiti, dove i consiglieri parlano, consigliano e poi lasciano che l'ultima decisione sia del superiore. Così faremo noi. Parleremo, cercheremo soluzioni per il governo e per la riforma, ben sapendo che l'ultima parola è del Papa».

La novità del "Consiglio degli otto" porterà altre novità nell'esercizio del ministero dei vescovi?
«È ancora presto per dirlo. Di certo a cambiare in futuro sarà il Sinodo dei vescovi. Ma non sappiamo precisamente come questo cambiamento avverrà».

Di quale novità principale è fino a oggi portatore Papa Francesco?
«Anzitutto una novità di stile. Il suo modo semplice di parlare cattura la gente, è indubitabile. Il messaggio però è quello di sempre, il messaggio del Dio unico di Abramo, Isacco e Giacobbe».

Benedetto XVI aveva tanti teologi di riferimento e ai quali s'ispirava. Al di là di Hans Urs Von Balthasar e il mondo che gli ruotava attorno, i padri della Chiesa, Agostino, san Bonaventura. Papa Bergoglio quali riferimenti ha?
«Anzitutto sant'Ignazio di Loyola e i suoi esercizi spirituali. E prima ancora san Francesco di Assisi. Papa Bergoglio capisce l'importanza dei simboli e delle parole di Francesco che disse: "Predicate il Vangelo e se proprio necessario usate anche le parole".

Bene e male, fede e paura, sono aspetti sempre presenti e in tensione nella teologia ignaziana che il Papa riporta fedelmente. Il suo approccio è più pastorale che teologico. È poi sempre presente in lui il tema molto sentito in Argentina delle disparità sociali».

 

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