IN-CULATELLO A MONTI - DOPO LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO, BERSANI LANCIA L’ALLARME SUI CONTI PUBBLICI (“I TECNICI CI LASCIANO UN BUCO”) E IL PD NON ESCLUDE UNA MANOVRA CORRETTIVA IN PRIMAVERA - SCELTA CINICA DETTA LE CONDIZIONI: “SE PRENDIAMO PIÙ DEL 15% E PD+SEL RESTANO AL 35%, IL MINISTRO DELL’ECONOMIA LO SCEGLIE MONTI” - “FINIRE QUARTI DIETRO GRILLO SAREBBE LA FINE, SAREMMO TUTTI MORTI”…

Francesco Bei per "La Repubblica"

«Se continua così è molto probabile una manovra correttiva in primavera. Questi ci lasciano un buco di miliardi di euro da coprire». Per chi tra un mese si aspetta di sedere a palazzo Chigi la preoccupazione è alta. La revisione al ribasso della crescita italiana a -1 per cento per tutto il 2013, resa pubblica ieri dal Fondo monetario, ha provocato infatti un brivido freddo in Bersani e in tutta la squadra economica che lo supporta. Confermando i dubbi dello stato maggiore del Pd sulla reale tenuta dei conti pubblici.

È da giorni che il segretario è angosciato per questo problema. Tanto da aver deciso di sollevare la questione, due settimane fa, alludendo alla «polvere sotto al tappeto» che potrebbe essere stata lasciata dal governo tecnico. All'attacco era seguito un chiarimento telefonico tra Bersani e Monti, ma il nuovo clima di scontro tra il Pd e Scelta Civica potrebbe rinfocolare la polemica sul presunto «buco» nel bilancio 2013.

Una voragine da almeno una decina di miliardi di euro, prodotta dalla recessione e dalla necessità di rifinanziare con otto miliardi di euro la cassa integrazione che scadrà a maggio. Non a caso Bersani ha in particolare citato «gli ammortizzatori sociali» come il settore dove esercitare la maggiore vigilanza una volta arrivati al governo: «Lì bisognerà fare un punto della situazione».

Ma nel Pd imputano il probabile scostamento tra i dati reali e le previsioni anche ad errori di Monti e Grilli. Un esempio tra tanti: la task force economica di Bersani tiene sott'occhio l'andamento delle entrate derivanti dalla Tobin tax; per Francesco Boccia, esperto di finanza pubblica del Pd, sarà «un fallimento », visto che «non ci hanno ascoltato e l'hanno scritta malissimo», di conseguenza «invece del miliardo di gettito atteso dal governo, ne arriveranno soltanto 200 milioni». Un rigagnolo al posto di un fiume.

Il terrore di Bersani è ora quello di dover segnare i primi cento giorni di governo con un'altra stangata. «La preoccupazione c'è - ammette Stefano Fassina - ma siamo in una spirale recessiva e la risposta non può essere una manovra correttiva.

Si aggraverebbero le condizioni dell'economia reale, e aumenterebbe alla fine anche il debito pubblico». Dunque che fare? Purtroppo le soluzioni non sono a portata di mano. L'unica speranza è che basti appellarsi alla flessibilità delle regole europee, che prevedono un pareggio di bilancio strutturale per il 2013. Ovvero corretto con l'andamento negativo del ciclo economico. Ma si tratta comunque di un trucco contabile, il problema è destinato ad aggravarsi se il segno meno del Pil dovesse prolungarsi per tutto il 2013. Ed è proprio quello che temono nel Pd.

«Non è vero - sostiene ancora Fassina - quello che va dicendo Monti, non ci sarà crescita nella seconda metà del 2013, sta solo facendo campagna elettorale». Anche nel Pdl la pensano in fondo allo stesso modo. Non a caso ieri Renato Brunetta ha stimato in «almeno 10-16 miliardi di euro la correzione dei conti pubblici necessaria a mantenere gli impegni presi con l'Europa».

Ma gli uomini di Monti respingono al mittente i sospetti di aver incipriato i conti ricordando che il premier, a Ballarò, ha di nuovo escluso manovre correttive. «Monti è stato chiarissimo - attacca Mario Sechi - e non ci saranno aggiustamenti. Brunetta faccia un'altra infornata di slide e stia tranquillo». Anche il portavoce di Scelta Civica, Lelio Alfonso, se la prende con Brunetta: «Sa contare soltanto gli impiegati ai tornelli dei ministeri».

Ma le battute sull'economista del Cavaliere non possono mascherare il nervo scoperto del rapporto con il Pd. Ieri l'attacco di Bersani a Monti è stato particolarmente intenso e non ha avuto repliche da parte del Professore. Una scelta precisa, raccontano dallo staff del premier: «Sarebbe stato facile dire qualcosa, da Davos, magari sulla vicenda del Monte dei Paschi, ma nessuno ha voluto infierire».

E tuttavia la tensione tra i due possibili futuri alleati resta alta. «Se noi andiamo sopra il 15% e il Pd con Sel resta al 35%, il ministro dell'Economia lo sceglie Monti», intimano da Scelta Civica. L'unica vera paura dei montiani è in realtà il confronto con Beppe Grillo. «Finire quarti dietro i 5 Stelle - confida un politico centrista - sarebbe la fine, saremmo tutti morti».

 

 

Bersani Monti MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegFRANCESCO BOCCIA A PIAZZA PULITA NELLA PUNTATA SU BEPPE GRILLO STEFANO FASSINARENATO BRUNETTA DOCET grillo beppe

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