BISI & RISI – I “TENGO FAMIGLIA” DI SINISTRA MOLLANO IL DUCETTO ED EMIGRANO VERSO FRANCESCHINI – SALTA IL FOSSO PURE BASSANINI, PUR DI CONSERVARE LA POLTRONA: GIOCA TRA I FRANCESI E LA GUERRA DELLA BANDA LARGA TIM/ENEL – GENTILONI SI E' PENTITO DELLA SCELTA DI PROFUMO A LEONARDO
Lettera di Luigi Bisignani a ‘Libero Quotidiano’
Caro direttore, quando si annusa un cambio di rotta le porte dei palazzi del potere tornano a girare vorticose. Quasi tutti coloro che si erano precipitati alla corte di Renzi si stanno già riposizionando: primatista assoluta della specialità è Federica Mogherini la quale, dimenticato il suo santo in Paradiso che l' ha inventata come ministro degli Esteri prima e come «Alto Rappresentante dell' Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza» poi, con nonchalance prosegue per la sua via. Un merito però ce l' ha e non è la precedente esperienza di assistente di Walter Veltroni: parla un buon inglese e almeno in quello non si rischiano figuracce.
Sempre nella politica, due che oggi sgomitano parecchio, sono Ettore Rosato, padre illegittimo del cosiddetto "Rosatellum" elettorale, e Lorenzo Guerini; entrambi stanno aspettando il momento giusto per correre tra le braccia di Franceschini al quale nessuno, conoscendolo, chiede prova di lealtà. Altri invece consultano spasmodicamente il GPS per affrontare le paraboliche che portano ad Arcore. Così sta avvenendo tra i generali e quei mandarini che davano il Cavaliere per spacciato.
Un caso che fa scuola è Franco Bassanini. È stato di tutto e di più: ministro, manager, parlamentare e forse tanto altro ancora. L' apprendistato politico lo consumò nelle stanze di via Lombardia, a Roma, in uso a Claudio Signorile, da dove difendeva a spada tratta il presidente dell' Eni, Giorgio Mazzanti, finito nei gangli dell' inchiesta Eni Petromin per un giro di tangenti nei Paesi arabi sul quale non si fece mai luce e che divenne un punto di svolta per lo stesso Bassanini, che fu bravissimo a difendere il compagno Mazzanti ma che da lì a poco venne preso a schiaffi, in pieno Transatlantico, da Giorgio Gangi, il segretario amministrativo del suo partito, dopo aver tradito i suoi compagni socialisti trasmigrando nelle più calme acque degli ex comunisti.
franco bassanini pier carlo padoan
I nuovi compagni lo collocarono subito su poltrone dorate, a cominciare da quella di senatore, in quel di Siena, dove ovviamente seguì le burrascose vicende del Monte dei Paschi. Ministro della Funzione Pubblica con la "fissa" del progetto della carta d' identità elettronica che tuttavia ancora oggi non decolla e langue in qualche cassetto. È arrivato fino alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti, la cassaforte delle società partecipate dallo Stato nonché "bancomat" degli enti locali. Renzi l' ha voluto accanto a lui a Palazzo Chigi, in qualità di advisor, come si dice in inglese.
Ma, non essendo un ruolo sufficientemente gratificante, viene chiamato, sempre con l' entusiastico appoggio dell' ex premier, a fondare Open Fiber, la società di Enel e Cdp nata con l' ammirevole missione di cablare l' Italia, in aggiunta a quello che da sempre fa Telecom Tim, controllata oggi dai francesi di Vivendi del corsaro bretone Vincent Bolloré.
I francesi, si sa, sono in guerra con Mediaset ma con il Cavaliere in ascesa, le potenti lobby d' oltralpe sanno che occorre trovare al più presto una soluzione che potrebbe essere, appunto, la fine della guerra delle reti.
Matteo Renzi è stato il più convinto sostenitore di una rete per Enel perché, per una volta giustamente, pensava di cablare l' intero Paese e portarlo ad essere una nazione a 5G. Bassanini, che in Francia ha da sempre agganci particolari, sa che con un po' di lungimiranza potrebbe tornare veramente in auge e di guerra delle reti ora non parla più anche perché non vuole essere proprio lui a rischiare il testacoda sulle paraboliche che portano ad Arcore.
Anche se con l' annessione delle reti c' è il rischio concreto, purtroppo, di una nuova Ilva su scala nazionale, con migliaia di esuberi tra i dipendenti Tim in una situazione di caos che potrebbe andare avanti per due anni almeno. Su questa linea si muove pure Carlo Calenda, un' altra invenzione di Renzi. Il ministro dello Sviluppo economico, non avendo ancora chiaro il suo futuro, si accoda a Bassanini sperando di restare in scia. Ma Paolo Gentiloni, che fiuta come pochi le grane, li lascia parlare e per ora non si pronuncia.
Con coerenza prosegue la sua "mission" Francesco Starace, ad di Enel, il quale ha capito che questi scontri di potere finiranno solo per ritardare la cablatura dell' Italia. Chi invece con i francesi è rimasto con la schiena dritta, è Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, che è riuscito a chiudere un grande accordo per la cantieristica continuando a ottenere commesse prestigiose in giro per il mondo.
E a proposito di commesse, visto che invece a Leonardo arrivano con il contagocce e i primi conti sono deludenti, a Palazzo Chigi si stanno ancora interrogando se è stata una forzatura piazzare il pacifista Alessandro Profumo dopo lo "sceriffo" Mauro Moretti, allontanato con una buonuscita milionaria, a seguito della condanna per la strage di Viareggio.
A Piazza Monte Grappa il clima è meno "poliziesco" e, in ossequio alle quote rosa, più che gli ingegneri il bello e il cattivo tempo lo fanno due potenti ma inesperte zarine: Raffaella Luglini, a capo dei Rapporti con le Istituzioni e Simonetta Iarlori con il pomposo titolo di "Chief People". Ma almeno su Profumo Renzi non è il colpevole, così come per adesso non si deve pentire di aver piazzato Matteo Del Fante a Poste, che guarda i conti e va dritto per la sua strada. Nei Palazzi si chiedono chi sarà il prossimo che tradirà Renzi. Mettersi in coda, la lista è lunga.