renzi di maio

E’ GIA’ INIZIATO IL DOPO-RENZI? SE LE RIFORME FOSSERO BOCCIATE, I PIU’ PENALIZZATI SAREBBERO I 5 STELLE: SI ANDREBBE AL VOTO CON DUE SISTEMI DIVERSI PER CAMERA E SENATO, INGOVERNABILITA’ GARANTITA. A MENO CHE, FATTO FUORI RENZI, NON TORNASSERO LE LARGHE INTESE

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera

 

FICO E DI MAIO SERVONO LE PIZZEFICO E DI MAIO SERVONO LE PIZZE

Il primo a rendersene conto è Di Maio: vincesse il «no» al referendum, sarebbe una iattura per le ambizioni di governo dei Cinquestelle e per quelle di chi è candidato a candidarsi per Palazzo Chigi. Perché è vero che la bocciatura delle riforme costituzionali rappresenterebbe un successo delle forze anti-sistema, sarebbero anzitutto loro a beneficiarne politicamente.

 

LUIGI DI MAIO CON I VERTICI  ISPILUIGI DI MAIO CON I VERTICI ISPI

Tuttavia, per quanto possa apparire paradossale, il voto popolare che condannerebbe Renzi alla rottamazione renderebbe (quasi) impraticabile la strada verso il potere ai grillini. L' ha spiegato sul Sole il professor D' Alimonte con «la logica dei numeri»: siccome l' Italicum è lo strumento che dà a M5S «la migliore possibilità di vincere facendo un governo senza alleanze», solo una vittoria del «sì» salverebbe quel meccanismo elettorale.

 

DI MAIO DI BATTISTADI MAIO DI BATTISTA

I dirigenti del movimento sono consapevoli che l' Italicum è «una risorsa», sebbene non possano dirlo né abbiano spazi di manovra al referendum, dato che sono schierati contro la riforma. Ma una vittoria del «no» cambierebbe verso anche alle loro prospettive, rischiando di comprometterle.

 

Perché a quel punto il sistema si troverebbe dinnanzi a un bivio, se Renzi mettesse in pratica ciò che ripete da mesi: in caso di sconfitta ha annunciato infatti che lascerebbe Palazzo Chigi, e «per ragioni di dignità smetterei anche di fare politica». Intanto c' è capire quando rassegnerebbe le dimissioni da premier: dato che il referendum si terrà in ottobre - mentre il Parlamento è in sessione di bilancio - attenderebbe l' approvazione della legge di Stabilità prima di congedarsi?

 

fabrizio cicchittofabrizio cicchitto

Il timing è fondamentale. Se Renzi abdicasse prima, servirebbe un esecutivo per assicurare il varo della Finanziaria al cospetto dell' Europa e dei mercati. Se passasse la mano dopo, lascerebbe tempo ai giochi di Palazzo, dove «l' istinto di sopravvivenza» alligna in tutti i gruppi. Ma non c' è dubbio che al bivio spetterebbe a Mattarella stabilire quale sentiero imboccare, dopo le consultazioni.

 

E se si arrivasse allo scioglimento anticipato, il Paese sarebbe chiamato a eleggere la Camera con il sistema iper-maggioritario dell' Italicum, e il Senato - sopravvissuto alla riforme - con il Consultellum, che è un meccanismo proporzionale con soglie di sbarramento su base regionale.

 

RENZI TOCCA LA SCHIENA DELLA BOSCHIRENZI TOCCA LA SCHIENA DELLA BOSCHI

L' ingovernabilità sarebbe garantita: perché con due rami del Parlamento eletti con modelli diversi e da corpi elettorali diversi, non esiste una formula magica. Lo sostengono gli esperti e lo raccontano le simulazioni che vennero fatte dopo le Europee, quando il Pd superò il 40%: nonostante quel risultato, al Senato non aveva maggioranza.

 

STEFANO CECCANTISTEFANO CECCANTI

Perciò, qualora riuscissero nello stesso exploit, «anche i grillini - secondo il costituzionalista democrat Ceccanti - avrebbero bisogno di un Verdini per governare». Sono calcoli che Di Maio conosce, e che sono stati analizzati dai dirigenti a Cinquestelle.

 

Così il fallimento della contestata «rivoluzione renziana», rischierebbe di trasformare l' eventuale successo di M5S in una vittoria dimezzata, e di risucchiare il Movimento nella «palude» della restaurazione. Questo processo potrebbe verificarsi dopo le elezioni, o anche prima se riuscisse un gioco di Palazzo che al momento appare immaginifico. È l' altra strada che si parerebbe davanti al bivio, se il «no» vincesse al referendum.

 

stefania craxi silvio berlusconi deborah bergamini renato brunettastefania craxi silvio berlusconi deborah bergamini renato brunetta

Ed è incredibile constatare come l' altro ieri Berlusconi abbia detto in pubblico le stesse cose che ieri autorevoli esponenti della minoranza del Pd hanno spiegato in privato: «Bocciata la riforma, Renzi va a casa e nasce un governo di unità nazionale prima di tornare al voto».

 

Sarà pure contradditorio l' atteggiamento della «ditta», che addita il premier per il suo rapporto con Verdini. E sarà altrettanto contraddittorio Berlusconi, che - come ha scritto il centrista Cicchitto sull' Huffington - «chiama traditori quelli che fanno le larghe intese, a meno che non le faccia lui».

 

Ma non c' è dubbio che qualcosa si muove nel fronte ostile a Renzi, se è vero che nel Pd si allude a un prossimo «governo Giuda», se in nome delle garanzie da offrire ai mercati si ipotizza un esecutivo a guida Padoan, e in nome della riforma elettorale si fa riferimento al presidente del Senato Grasso.

 

Gianni Cuperloe bersani article Gianni Cuperloe bersani article

È una ridda di voci che dà l' idea di una fase magmatica, tutta centrata sul «dopo Renzi» e su un radicale mutamento di sistema: con il ritorno al Mattarellum o una riedizione del proporzionale, si vedrà. In ogni caso, l' obiettivo è depotenziare l' onda d' urto a Cinquestelle e sterilizzare anche l' avanzata lepenista, sacrificando per questi scopi il referendum. D' altronde la vittoria del «no» avrebbe l' effetto di decapitare il vertice democrat: quello presente e quello pronosticato per il futuro, cioè la Boschi, al cui nome è legata la riforma costituzionale.

 

padoan mps titoli di statopadoan mps titoli di stato

Resta da capire, in caso di sconfitta, se Renzi abdicherà davvero e senza provare una reazione. E resta da verificare se il Pd solidarizzerà con lui, dato che oggi si mostra schierato con lui. A meno che non abbia ragione il forzista Brunetta, suo fiero avversario: «In quel partito sono diventati tutti renziani in corso d' opera. Diventeranno anti-renziani in corso d' opera». Più o meno quel che sussurrano quelli della «ditta ».

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO