IL BRIATORE CAPO-STRONZISSIMO NEL REALITY “THE APPRENTICE” È DIVENTATO TALMENTE STRACULT DA FAR DIMENTICARE AI PIÙ SNOB IL SUO PASSATO “BILLIONAIRE”, TUTTO BABBUCCE, FESTINI E GNOCCHE - ADESSO CHE IL BANANA LO VUOLE CONDOTTIERO IN UNA LISTA CIVICA, FLAVIO SI SOTTOPONE AL MAQUILLAGE D’IMMAGINE PER ESSERE IL BERLUSCONI DEL 2013: CON QUINDICI ANNI IN MENO, MOLTI CAPELLI IN PIÙ E UN TELE-APPEAL PER LE CASALINGHE DI VOGHERA…

Marianna Rizzini per "il Foglio"

Succedeva questo, prima, con Flavio Briatore, imprenditore noto per la Formula Uno ma anche per le babbucce, le barche, i locali, i cuscini, le vacanze (anche altrui, nel suo resort in Kenya), le fidanzate, la ricchezza mai nascosta e gli inghippi nautico-fiscali: succedeva che, a nominarlo, l'interlocutore quasi sempre rideva o si sdegnava, come a sottolineare la differenza ontologica (lui cafone, io no; lui pacchiano, io no; lui ignorante, io colto).

E se anche qualcuno pensava "beh però Briatore il suo mestiere lo sa fare", l'essere Briatore, nel complesso, evocava scenari da cinepanettone (immediatamente vituperati). Ora però, al netto delle babbucce, tutto passa in secondo piano, e non tanto perché Briatore, ieri, sulla Stampa, figurava per ipotesi alla testa di una lista (altrettanto ipotetica) di imprenditori benedetti dal Cav., ma perché c'è sempre più gente - all'inizio anche un po' schifiltosa, all'inizio anche un po' prevenuta - che il martedì sera guarda Briatore in tv, su Cielo, nel ruolo di "boss" del reality "The apprentice", e lo trova praticamente irresistibile.

Basta vederlo una volta sulla scena del gioco (ma lui dice "non è un gioco") dove i concorrenti, sedicenti squali del business sottoposti a prove (vendere prodotti, piazzare quadri, inventare miscele di caffè), aspirano a emularlo per vincere un contratto di un anno "a sei cifre" nella sua holding: in piedi, al centro della "boardroom", la sala riunioni del grattacielo milanese dove gli aspiranti maghi degli affari vengono silurati, silenti e tremolanti, a suo insindacabile giudizio, Briatore si sistema la giacca e, nascosto dietro alle lenti azzurre fumé, alza il braccio a indicare la porta ("sei fuori").

Poi, senza acrimonia, ma come fosse la conseguenza ineluttabile dell'altrui dabbenaggine, picchia in testa agli imbambolati, tronca giustificazioni, azzera farneticazioni, inchioda i furbi, smaschera i pigri, minaccia i titubanti, fissa sconsolato gli allocchi ("vi licenzierei tutti, per lavorare con me ci vogliono le palle") e sorride amaro come lo sceriffo nel saloon mentre dispensa i consigli del suo decalogo: "Preparati a ingoiare filo spinato"; "non arrenderti, sarai un grande solo quando dimostrerai di saper volgere a tuo favore una situazione avversa"; "guarda me che sono partito da zero e ancora alla mia età sono ambizioso, affamato, arrabbiato"; "non sopravvalutarti, non sottovalutarmi, il libro delle scuse con me ha poche pagine: se sei un cretino sei fuori, se sei arrogante sei fuori, se fai troppa teoria sei fuori".

E insomma accade che il Briatore "boss", puntata dopo puntata, sdogani in società il Briatore da Billionaire, e proprio grazie all'allure spaccona (il passaparola corre, ci si raggruppa davanti alla tv come un tempo per il primo avveniristico Grande Fratello). Intanto lui, Briatore, non si sa quanto ispirato da Donald Trump nel "The apprentice" americano, si fa per un giorno zio magnanimo e bussa alla porta del loft dove i superstiti, al colmo dello svago, discutono la prossima sfida bevendo caffè: deve far capire "senza sconti" che "sul lavoro non ci si diverte" e se ti stai divertendo "vuol dire che non stai lavorando bene".

 

 

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