BRUNETTA HA QUALCHE RAGIONE NELLO SMONTARE IL DECRETO SULL’ILVA: “DUBBI DI COSTITUZIONALITÀ SU QUESTO COMMISSARIAMENTO”

Antonella Baccaro per il "Corriere della Sera"

Renato Brunetta, capogruppo pdl alla Camera, è categorico: «Il commissariamento dell'Ilva, così come delineato dal decreto del governo, presenta forti dubbi di costituzionalità in quanto rischia di portare all'espropriazione dell'impresa. Si tratta di un precedente grave che può produrre effetti non voluti. Per quanto a fin di bene, la normativa va corretta in Parlamento».

Quali sarebbero i profili di incostituzionalità del decreto?
«Il meccanismo ha per presupposto violazioni dell'Aia (autorizzazione ambientale, ndr) che, allo stato, sono solo ipotesi di reato, addirittura non formalizzate come tali nemmeno dagli organi di controllo.

In questo modo si crea un precedente grave in base al quale la sola osservazione di ritenuta inadempienza alle prescrizioni Aia o di altre norme ambientali, da parte di autorità competenti, è sufficiente a far scattare la facoltà di totale commissariamento da parte del Consiglio dei ministri. Le auto inquinano e uccidono? Un giudice ne potrà vietare la messa in circolazione».

Almeno nel merito il provvedimento funziona?
«Prima di scendere del merito c'è un'altra conseguenza grave di tipo economico che vorrei segnalare: la norma è di carattere generale dunque si applica a tutti gli stabilimenti che abbiano prodotto interventi dell'autorità competente. Quindi a centinaia di situazioni. Chi mai verrà a investire con una spada di Damocle come questa sulla testa?».

Ma i poteri di gestione assegnati al commissario la convincono?
«Con tutta la stima per Bondi, non condivido l'onnipotenza del commissario. Prima di tutto la durata del suo incarico, 36 mesi, sia pure illusoriamente spezzettata in tranches da 12 mesi, è sicuramente eccessiva e ingiustificata. Meglio sarebbe una durata secca di dodici mesi, rinnovabili per una sola volta, verificata l'efficacia dell'azione realizzata dal commissario».

Nel decreto non si parla di verifiche.
«Infatti. Il provvedimento non prevede, per un periodo così esteso, alcuna forma di controllo della condotta del commissario, né la possibilità, ove la vicenda giudiziaria avesse sviluppi favorevoli alla proprietà, di modifica del regime. Infine, il commissario non ha responsabilità nei confronti degli azionisti, se si esclude il dolo o la colpa grave».

Il decreto aveva come scopo quello di sbloccare le risorse messe sotto sequestro e evitare la discontinuità. Sarà il giudice competente a «svincolare» le somme congelate. Ritiene che il provvedimento servirà almeno a centrare questo obiettivo?
«A parte la atecnicità del concetto di "svincolo", non è dato conoscere come tale operazione possa avvenire, né come tali risorse debbano essere impegnate in concreto in linea con l'Aia già prevista per legge. In ogni caso sarebbe opportuno prevedere che le somme impiegate dal commissario per l'attuazione dell'Aia non fossero più recuperabili dalla società, qualunque fosse l'esito della vicenda giudiziaria».

Lei ha parlato di «esproprio». Ritiene che alla proprietà siano stati garantiti diritti minimi nella nuova situazione in cui viene a trovarsi?
«Credo che alla proprietà non possa negarsi l'esercizio dei diritti del socio e non solo l'informazione, peraltro solo genericamente indicata: anche qui l'ablazione dei diritti potrebbe, ingiustificata com'è, dare origine a rilievi di matrice costituzionale».

Chiarito che questo decreto proprio non le piace, cosa avrebbe fatto al posto del governo?
«Un decreto limitato, i tempi di realizzazione del programma potevano ridursi a non oltre i trenta giorni, in linea con l'urgenza dell'intervento. Ma soprattutto un provvedimento più rispettoso del mercato, della proprietà, delle responsabilità di ciascuno. E non estensibile a altre aziende».

Cosa farà il Pdl ora?
«Spero che nel dibattito parlamentare possano essere apportati i correttivi opportuni. A volte la fretta è una cattiva consigliera».

 

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