BUTTAFUOCO E FIAMME SU BERLUSCONI: “PRENDERSI OGGI BERTOLASO CHE NON È DI DESTRA, E SBARRARE LA STRADA A MARCHINI CHE SCEGLIE DI SFIDARE LA SINISTRA (E RENZI IN PERSONA) LA DICE LUNGA SULLA DESTRA. DICE DELLO STUPIDO POTERE DI VETO PROPRIO DI UNA BANDA DI FURBASTRI LEGATI AL POTERE E AI GETTONI”
Pierangelo Buttafuoco su “Il Fatto Quotidiano”
Il Partito della Nazione ha un servo sciocco. È il Partito dell’Inazione: la carretta di naufraghi su cui si radunano i rimasugli del dopo Berlusconi in forma di leghisti, ex An e quel che resta di Forza Italia.
L’abulia politica della destra para il sacco a Matteo Renzi se le mosse sullo scacchiere elettorale delle prossime amministrative prenotano la Caporetto più che certa a Milano, a Torino e anche a Roma dove – dopo il disastro di Ignazio Marino, pur con la pessima prova di Gianni Alemanno – poteva perfino vincere.
La destra che si conferma nell’Inazione recluta dalle rovine del passato Guido Bertolaso - già capo della Protezione Civile, pieno di guai tutti suoi - e va a confermare, proprio a Roma, con la catastrofe di un progetto politico, il tradimento.
SILVIO BERLUSCONI E GUIDO BERTOLASO FOTO LAPRESSE
Quello da sempre perpetrato nei confronti di un'opinione pubblica maggioritaria - l'altra metà d'Italia non di sinistra - da sempre orba di una rappresentanza sociale e culturale.
Fallire a Roma è ben più che il mancato appuntamento di Silvio Berlusconi con la "rivoluzione liberale". Nella città eterna non c'erano i magistrati a bloccare l'azione di governo, era l'improvvisata classe dirigente della destra al campidoglio a fabbricare da se il monumento all'inettitudine. E al ridicolo.
Tutto in tema di destra ruota su Roma. Magari è una maledizione. Ma fu a Casalecchio di Reno che Silvio Berlusconi, guardando alle elezioni per il Campidoglio, disse: "se votassi a Roma sceglierei Gianfranco Fini".
Non lo conosceva neppure. C'era in circolazione uno stratega di fine testa come Pinuccio Tatarella e si aprì così la stagione della destra di governo. La stessa destra oggi, malgrado i fallimenti - quelli propri, tutti d'incapacità, ancora più gravi di quelli berlusconiani - rifiuta di sostenere chi ha determinato la caduta della giunta Marino, cioè Alfio Marchini.
Prendersi oggi Bertolaso che non è di destra, e sbarrare la strada a Marchini che sceglie di sfidare la sinistra (e Matteo Renzi in persona) la dice lunga e la spiega bene, la destra. Dice dello stupido potere di veto proprio di una banda di furbastri legati al potere e ai gettoni. Spiega infine la giostra di veti incrociati - giusto per garantire famiglie e familiari - nel rantolo di una ridotta: uno scranno al consiglio comunale.
Una rendita a uso di clientes tutto qua. Si inseguono stravaganti candidature, come quella dell'incolpevole Rita dalla Chiesa, giusto a conferma del format - reality piu che realtà - Giorgia Meloni e Matteo Salvini nel ruolo di giudici di gara, un Fabrizio Bracconieri interviene come ospite osservatore nel game e Silvio Berlusconi capo dell'X Factor, mette ordine allo show. Una deriva di vanità nell'inazione.
Certo, c'è un usato sicuro, ed è Francesco Storace. L'ex presidente della regione Lazio - a differenza di Gianni Alemanno - il governatore della regione l'ha fatto meglio dei suoi successori, uscendo anche pulito dalle indagini, ma sarebbe ed è tutta una candidatura di bandiera se la stupidità della destra è tale da non sapere costruire un sindaco credibile maggioritario oltre il proprio orto.
La destra che batte la sinistra è quella che va incontro alla maggioranza degli italiani senza rappresentanza politica e culturale, da sempre tradito dai professionisti della destra. C'è più Giovannino Guareschi nella vena viva d'Italia che Pier Paolo Pasolini e pure quest'ultimo, a pensarci bene, è più affine a Don Camillo che a Peppone. Fuor di letteratura, è quella maggioranza con cui l'Italia di Indro Montanelli a Bologna riuscì a vincere le elezioni - giusto una sola volta - portando al Municipio Giorgio Guazzaloca.
La destra che vince quando la sinistra non perde,è invece quella del partito dell'Inazione, servo sciocco del partito della Nazione. È quella che a Milano oppone a Sala uno uguale, un certo stefano Parisi; quella che a Torino - con Osvaldo Napoli, candidato di bandiera - già vede Enzo Ghigo, uno dei Fondatori di Forza Italia, schierato con Pierò Fassino; quella che a Napoli - quando già non vota per Bassolino - candida quello che fu già sconfitto cinque anni fa, ovvero Gianni Lettieri; quella che a Roma, infine, dopo aver colto al balzo nel 1993 l'opportunità di saltare sul treno di Silvio Berlusconi (e così sopravvivere, spolpandone ogni lardello), oggi dice no ad un altro treno - quello di Alfio Marchini, l'unico Guazzaloca possibile - andando incontro all'unico risultato meritorio e meritato: quello di spa- ri - re. Finalmente.